Omicidio di Campomoro: Corte d’assise d’appello condanna a 21 anni di carcere dopo il rinvio disposto dalla Cassazione

Sk conclude almeno per ora, l’iter giudiziario di una donna brasiliana di 44 anni resasi protagonista , la notte del 25 novembre 2019 – secondo la ricostruzione della Procura – dell’omicidio del marito avvenuto, sempre secondo le ipotesi dell’accusa dopo che la donna avrebbe cosparso di benzina l’abitazione ed a seguito di una vera e propria colluttazione avvenuta con lo stesso e nel quale si è verificato un incendio con il marito della donna morto carbonizzato e la stessa ricoverata con ustioni nel 50% del corpo.

La corte d’assise d’appello di Roma in prima battuta aveva confermando il principale capo di imputazione relativo all’omicidio volontario aggravato del compagno.

Su queste sentenza i difensori della donna avevano subito depositato ricorso in Cassazione nel mentre proprio dopo la vigilia di Ferragosto la Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma ricorreva anche essa ritenendo al pena comminata non congrua rispetto alle condotte contestate alla donna.

La Suprema Corte di Cassazione riunitasi per discutere l’amara vicenda dopo avere sentito le parti interessate ha disposto di annullare la sentenza e rimandare tutto in Corte d’Assise d’Appello le cui attività si sono sviluppate sotto la presidenza della dottoressa Cristina Scipioni la quale dopo due udienze fiume in cui si sono confrontati accusa, difesa e parti civili ha deciso di condannare la donna a 21 anni di carcere riconoscendo la prevalenza dell’attenuante del vizio parziale di mente sulle aggravanti che era uno dei punti su cui si era battuta la difesa della donna.

Per la difesa all’udienza conclusiva è intervenuta l’avv CAROL RICHICHI in sostituzione del difensore titolare.

Riteniamo, afferma l’avvocato Castorina Antonino del Foro di Reggio Calabria, difensore di fiducia della donna brasiliana, che ha discusso i motivi dell’appello, attendere le motivazioni della sentenza e capire come muoverci anche alla luce del fatto che da un lato viene chiarito finalmente e definitivamente che non vi è stata una condotta omicida nei confronti del figlio, dall’altro serve comprendere però rispetto al decesso del marito come viene rappresentata la condotta dolosa della cliente che a nostro avviso ed al netto delle condizioni mentali della donna risulta invece colposa.

 

 

 

 

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