Nei primi sei mesi di quest’anno nel settore privato non agricolo sono stati 1.759 i contratti di lavoro attivati a Rieti a favore di lavoratori sotto i trenta 30 anni, numero in contrazione del 5,3% rispetto al semestre 2022 quando la cifra aveva raggiunto le 1.857 unità. Sono alcuni tra i dati che emergono dall’osservatorio sul precariato che Uil del Lazio e l’istituto di ricerca Eures hanno attivato per monitorare il mercato del lavoro regionale. A preoccupare non c’è soltanto la flessione, spia di una tendenza ormai radicata da decenni in questa provincia. Ad allarmare il sindacato è anche la continua tendenza alla precarizzazione.
“Dai numeri dell’osservatorio – scrive Uil – emerge chiaramente che l’ingresso nel mondo del lavoro per le ragazze e i ragazzi reatini sotto i trent’anni si caratterizza per gli altissimi livelli di precarietà. Se da gennaio a giugno del 2022 i contratti a tempo indeterminato erano stati 272, nel primo semestre 2023 sono scesi a 161. In discesa anche le attivazioni di contratti di apprendistato che dalle 341 del primo semestre 2022 passano a 281 nel primo semestre 2023. Crescono (5,9 per cento), al contrario, le forme contrattuali atipiche: 1.317 attivazioni nei primi sei mesi del 2023, contro le 1.244 del primo semestre dello scorso anno, che in termini assoluti significa 73 attivazioni in più”.
“L’altra faccia della discontinuità lavorativa – dice Alberto Paolucci, Segretario generale della Uil di Rieti e della Sabina romana – è la bassa retribuzione. Non è un caso che gli under 30 percepiscono mediamente in un anno poco più di 12mila euro, mentre la media di tutte le lavoratrici e i lavoratori del territorio si attesta a 17.690 euro”. Tutto torna tragicamente, perché la discontinuità lavorativa ha spinto i ragazzi e le ragazze di questo territorio ad avere soltanto 190 giornate retribuite, valore che invece complessivamente sale a 230 giornate retribuite.
Per valutare compiutamente gli effetti della precarietà sui giovani, l’Osservatorio Uil Eures prende in considerazione il quinquennio dal 2018 al 2022. E da questa prospettiva la folle predilezione per l’attivazione dei contratti atipici tra i giovani è spiccata: dal 68,9 per cento (2.960 contratti) del totale nel 2018 al 72,6 per cento delle attivazioni (3.004 unità) nel 2022. Ma non è tutto. Nel quinquennio i contratti complessivamente attivati sono aumentati dell’11,4% (+1.354 unità in valori assoluti), ma tra i giovani abbiamo osservato invece una flessione del 3,6% (meno 156 in termini assoluti), con i tempi indeterminati in diminuzione del 36,1 per cento, cui corrispondo meno 266 in valori assoluti, flessione cui non riesce a supplire l’incremento né delle attivazioni di apprendistato (+11,1%; +66 unità in valori assoluti) né di quelle atipiche (+1,5%; +24 contratti in termini assoluti).
“Tutto ciò sotto il profilo sociale si traduce in una crescente pressione sulle fasce più giovani che restano le più vulnerabili con orizzonti e aspettative tarpate da un sistema perverso – conclude Paolucci – mentre sotto il profilo della competitività comporta una preventiva rinuncia alla valorizzazione e al contributo di innovazione e competenze che le nuove generazioni sono in grado di fornire”.
Foto: RietiLife ©