“I piccoli richiedenti asilo non possono giocare a calcio: vittime di un’odissea burocratica”

(cr.co.) Il tema dell’inclusione non trova soluzione. E la questione va anche sul lato sportivo: una squadra giovanile reatina, ha perso una partita a tavolino per aver schierato in campo un ragazzo di 15 anni richiedente asilo a causa del tesseramento ritenuto non valido. La Federazione a livello locale applica le regole nazionali e internazionali, dunque quelle Figc, Lnd e Uefa. E non fa notizia il fatto che una squadra giovanile abbia perso un match di un campionato dilettantistico, sia chiaro, quanto che i piccoli calciatori richiedenti asilo – che già vivono una situazione difficile, in un altro Paese e magari da soli sul territorio italiano – non possono regolarmente scendere in campo, travolti da una burocrazia sportiva che si addentra in mille formalismi.

Ma andiamo con ordine. “Dal mese di ottobre che cerchiamo di fare giocare due ragazzi di 15 anni richiedenti asilo – spiega il tecnico di una nota scuola calcio e club di settore giovanile della città, che porta il suo esempio per accendere il faro su mille altri –  ma per tantissimi cavilli burocratici non riusciamo ad avere l’autorizzazione dagli enti preposti”. I due ragazzi sono ospiti di una casa famiglia riconosciuta dallo Stato, vanno regolarmente in una scuola pubblica, ricordano dalla società. “Per il loro tesseramento, dunque, non possiamo rifarci alla prassi in vigore che vale per un italiano, ma bisogna inviare una documentazione infinita, peraltro anche tradotta in inglese, che deve essere poi valutata dalla Uefa a Nyon” ha continuato a spiegare il tecnico a RietiLife.

E non finisce qui: “Ogni settimana esce fuori un nuovo documento da inviare, non si finisce mai”. Il vero problema, come ribadito immediatamente dal tecnico reatino a RietiLife, non è la partita persa a tavolino, ma il tema “dell’inclusione e l’inserimento di giovanissimi calciatori, peraltro richiedenti asilo. Se ne parla tanto, poi cozziamo contro il ridicolo. Possiamo mandarli a scuola, nelle scuole pubbliche, come è giusto che sia, ma non possiamo farli giocare in una squadra giovanile o, peggio ancora, in una scuola calcio per bimbi”. Dopo questa segnalazione, forse, sarebbe l’ora di rivedere qualche regola, perché non si può di certo negare il divertimento e la gioia di giocare a bambini, bambine, ragazze e ragazzi per colpa di carte e faldoni. A nessuno, in qualsiasi condizione.

Foto: RietiLife ©

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