In questa notte appena trascorsa, tra il 27 e 28 luglio, di trent’anni fa, mentre a Milano e Roma andava in scena quella che tutti ricordano come la “notte delle bombe” (diversi ordigni esplosi dalla mafia) a Frascati veniva ucciso Mauro Rocchetti, poi soprannominato “l’omicidio dimenticato” e che è stato dichiarato sin da subito “un regolamento di conti”. Ma perché stiamo raccontando questo? Lo spiega Pietro Milone, ex Capo della Mobile di Rieti dal 2001 al 2005 e ora Questore di Siena, in un’intervista a Il Giornale.it. Ma cosa c’entra l’ex Capo Mobile di Rieti con l’omicidio di Frascati?
Facciamo un passo indietro. Milone, nel lontano 1990, era capo di un nucleo di Polizia Giudiziaria costituito appositamente per disarticolare la Banda della Magliana – poi smantellata tre anni dopo con l‘Operazione Colosseo – e “Rocchetti (già pregiudicato e nel momento dell’omicidio ai domiciliari) faceva parte di quell’entourage di persone che erano coinvolte nei traffici di droga della Capitale e che all’occorrenza venivano utilizzati dalla Banda della Magliana” ha spiegato Milone. Ma da spacciatore e complice della banda, come mai Rocchetti è finito ucciso da quattro colpi di pistola da due uomini che gli si sono presentati alla porta di casa? “All’epoca – racconta Milone – qualcuno diceva che Rocchetti fosse in possesso di registrazioni compromettenti che riguardavano Enrico Nicoletti – considerato il cassiere della Banda – e presunti appartenenti alle forze dell’ordine. Registrazioni che avrebbero dimostrato come Nicoletti, di fatto, pagasse qualcuno per essere lasciato in pace. Ma è una pista che non ha mai portato ad alcun riscontro”. A questa pista già ci aveva pensato e cercato di scavare fino in fondo il pm Andrea De Gasperis, recentemente scomparso.
C’è però un’altra pista, racconta Milone. Quella secondo la quale, grazie ad alcune attività su Rocchetti, gli uomini delle Forze dell’Ordine sono riusciti ad arrestare Renatino De Pedis, boss della fazione dei “testaccini” della Banda, poi ucciso da due killer. Ed è proprio l’ex reatino d’adozione ad ammanettare i due colpevoli di De Podis. Quello che la Banda della Magliana, come si evince da questa pista, pensava, era che Rocchetti fosse in qualche modo una talpa – cosa categoricamente smentita dall’attuale questore di Siena – e che possa essere stato lui a favorire l’arresto dei killer di De Pedis ma il dubbio che si fa Milone è: “Quella notte c’era il caos a due passi e chi ha agito era ben consapevole che le indagini sarebbero state fatte in fretta e lacunosamente. E così è stato. Nessuno ha fatto sopralluoghi nell’immediatezza”.
C’è di più: “Rocchetti era molto guardingo. E invece è uscito di casa tranquillamente. Evidentemente il trucco degli aggressori è stato molto ben congegnato”. Oppure, aggiunge Il Giornale.it, Rocchetti conosceva i suoi assassini e si fidava. A distanza di tanti anni difficile dirlo. Si possono fare ipotesi e ci si può porre delle domande. Certo, se l’omicidio è da ricondurre all’arresto degli assassini di De Pedis, sarebbe interessante scoprire chi possa aver indicato di colpire un uomo agli arresti domiciliari e che ad oggi è ancora un perfetto signor nessuno.
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Foto: RietiLife ©