All’Abbazia di Farfa la proiezione del docufilm “Gregorio da Catino”, sabato 18 marzo

Si terrà sabato 18 marzo, dalle 9:30 alle 13:00, presso la sala Multimediale dell’Abbazia di Farfa l’evento “Gregorio da Catino. L’Abbazia di Farfa nel XII secolo”. Sostenuta dall’Associazione culturale “Amici del Museo”, la giornata prenderà il via con la proiezione del docufilm “Gregorio da Catino” realizzato dal regista Guerrino Filippini insieme ad una straordinaria equipe di attori e collaboratori locali. Un lungo lavoro che li ha visti impegnati nei rari siti di epoca medievale ancor oggi presenti nel territorio sabino. Tra questi l’Abbazia di Farfa dove Gregorio (Poggio Catino, 1060 circa – Farfa, 1133 circa) ha dimorato non solo come monaco e copista ma soprattutto come acuto testimone e interprete del suo tempo. Le sue quattro opere (Regestum farfense, Liber largitorius, Chronicon farfense e Liber floriger) sono state e continuano ad essere oggetto di studio per la comprensione del ruolo, all’epoca imponente e importante, dell’Abbazia farfense e dei suoi rapporti con un tessuto sociale e politico-economico che passava per l’intera Sabina e arrivava in vaste aree dell’Italia centrale. I relatori che presenzieranno l’appuntamento del 18 marzo (subito dopo la proiezione del docufilm) – Tersilio Leggio, storico del medioevo; Umberto Longo, professore di storia medievale e storia delle istituzioni ecclesiastiche Università “Sapienza” di Roma e Francesco D’Angelo, assegnista di ricerca in Storia Medioevale Università “Sapienza” di Roma – ci porteranno, rispettivamente, tra le maglie della Farfa del XII secolo, tra le opere di Gregorio e in ciò che va oltre Gregorio nel tentativo di capire cosa sia successo dopo.

“La presentazione che verrà fatta il 18 marzo presso l’Abbazia di Farfa con la proiezione del docufilm su Gregorio da Catino focalizza l’attenzione su un personaggio di grande rilevanza per la storia della Sabina intera – spiega lo storico Tersilio Leggio -. Perché l’opera di Gregorio fu complessa e articolata e già allora aveva al suo interno diversi scopi. Non fu semplicemente una copiatura di documenti ma una lettura, un’interpretazione di questi documenti lasciati a memoria di quello che era stato un periodo d’oro per l’Abbazia. E’ chiaro che nel momento in cui Gregorio scrive i suoi volumi è un momento di crisi dell’Abbazia stessa.

E Gregorio è colui che ne percepisce l’intensità, che riesce a cogliere gli elementi molto forti di crisi, derivati dal sistema al quale faceva riferimento l’abbazia stessa che viene definita schematicamente imperiale dalla storiografia meno avvertita. In effetti non è proprio così perché Farfa ha rivendicato da tempo, già dall’età longobarda, a partire da re Liutprando, un’autonomia rispetto ai poteri sia religiosi sia civili. È su questa antiqua libertas che Farfa ha incardinato il suo rapporto diretto con l’imperatore. Un rapporto non di stretta subordinazione, ma di una dignità molto elevata, attraverso il quale l’Abbazia ribadiva la sua fedeltà all’imperatore stesso, ma in cambio riceveva una sorta di libertà decisionale molto estesa.

Ma tutta la Sabina, in quanto terra di abbazie e monasteri benedettini, era legata all’idea di autonomia dal potere papale romano e di legame con gli imperatori germanici. Tra tutte ricordo l’Abbazia di San Salvatore Maggiore, che si trova sul monte Letenano, nell’odierna frazione di Pratoianni del comune di Concerviano, anch’essa molto importante. Quindi Gregorio sottolinea spesso il ruolo di potere rivestito dall’Abbazia farfense in tutto il territorio attraverso la sua opera di costruzione di un sistema complesso e integrato di controllo dello spazio legata anche alle modalità dettate dal periodo. Come, ad esempio, il potere di gestire, controllare e difendere i territori attraverso la costruzione di una rete di castelli che, rispetto alle antiche “prepositure”, rappresentarono un cambiamento epocale che lo stesso Gregorio percepisce fin quando si arriva agli scontri del 1122, dopo il Concordato di Worms. Il passaggio – che non fu immediato né immune da aspri contrasti – di Farfa dal campo filoimperiale a quello papale fu traumatico e segnò anche il territorio della Sabina perché spezzò il sistema di comando e di controllo, che faceva capo all’Abbazia. Da qui, iniziò un periodo di trasformazione complessa che ebbe una nuova accelerazione sotto Federico Barbarossa che cercò di riportare Farfa sotto il perduto patrocinio imperiale, ma fu una fiammata che non durò a lungo. Questo sintetico scenario lo possiamo leggere e capire grazie a Gregorio da Catino! Per cui si può ben dire che il suo ruolo è stato quello del testimone, di colui che ha in mano una fiaccola che ci illumina su quei secoli. Se non ci fosse stato lui, oggi sapremmo poco o nulla dell’Abbazia di Farfa ma non solo. Prendo un esempio calzante: l’Abbazia sopra menzionata, quella di San Salvatore Maggiore, non ha avuto un Gregorio da Catino, che ha raccolto e riordinato le carte monastiche. E, infatti, la sua documentazione è andata distrutta per cui sappiamo poco della sua storia se non quella che si riverbera nei documenti di Farfa. Dunque è evidente quanto questi documenti di Gregorio siano preziosi per tutto il territorio sabino ma anche per una vasta area dell’area centrale dell’Italia. Ricordo un altro grande nucleo intorno al quale si articolavano i possessi farfensi: nel piceno legati a Santa Vittoria in Matenano, una fondazione farfense risalente all’inizio del X secolo quando i monaci dovettero fuggire da Farfa sotto l’incalzare delle incursioni dei saraceni.

Quindi credo che focalizzare finalmente l’attenzione su Gregorio, sulla sua persona, sul suo pensiero, su quello che ha fatto e sulle sue ambizioni sia molto importante per ridare luce a un personaggio che veramente ha consentito di conoscere molti aspetti della storia medievale non soltanto della Sabina, ma anche italiana ed europea. Un cartolario quello di Gregorio preziosissimo che merita di essere rivisitato, riapprofondito, ristudiato perché da sempre offre nuovi spunti per la ricerca. Una ricerca che peraltro non finirà mai grazie alla capacità di Gregorio di testimoniare la sua epoca nei suoi momenti di gloria, di crisi e decadimento. E lo fa non attraverso una semplice opera di trascrizione ma di interpretazione. Gregorio, infatti, non utilizza tutte le fonti presenti a Farfa ma seleziona ciò che doveva lasciare ai posteri. Nel Chronicon e anche nella prefazione della sua ultima opera, il Liber floriger, emergono le sue idee. L’interpretazione che lo descrive come un copista è erronea. Rispetto ad altri cartulari coevi, Gregorio ha interpretato la documentazione da lui stesso trascritta. Aspetto quest’ultimo che lo rende quasi sicuramente un’eccezione sulla quale si stanno concentrando una serie di studi e di ricerche”.

“Il progetto nasce dalla ricerca di Guerrino Filippini, dalla sua volontà di costruire un docufilm su questa figura – spiega la dott.ssa Liliana Cultrera dell’Associazione Culturale “Amici del museo” di Poggio Mirteto -.  E’ stata anche un’avventura divertente ed entusiasmante perché gli attori sono tutti locali. L’obiettivo della nostra Associazione Culturale “Amici del Museo” è quello di far conoscere un personaggio, Gregorio da Catino, il cui nome è presente nelle nostre vite da sempre perché a lui sono state intitolate scuole o strade ma che in realtà non conosciamo. Dunque c’è la volontà di spingere su un più assiduo lavoro di ricerca su questa figura di amanuense ma anche di ricercatore che ha avuto il coraggio di affrontare e tramandare verità scomode. Per molto tempo è rimasto nel silenzio ed oggi grazie a studiosi come Umberto Longo, Francesco D’Angelo e Tersilio Leggio possiamo avere una maggiore conoscenza del lavoro di Gregorio e quindi delle nostre radici”.

Foto: Abbazia ©

 

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