Nel 2023 il numero complessivo dei senza lavoro si attesterà sulle 2.118.000 unità. Ripartiamo dallo studio dei colleghi di Confartigianato Mestre (CGIA) riguardo i dati occupazionali relativi al 2022 e alle previsioni per l’anno in corso per “fotografare” una tendenza che, rispetto al 2022, è purtroppo in aumento. Le situazioni più difficili interessano il centro-sud. Il Lazio non può ritenersi al riparo da questi incrementi con un aumento dei disoccupati, stimato per 2023, pari al 6,2% e, in termini assoluti, secondo solo alla Sicilia. A livello territoriale nessuna delle province laziali si salva da questa tendenza: per Rieti la stima al rialzo dei disoccupati si attesta al 6%, Roma 3,8%, Viterbo 8.9%, Latina 12,5% e per Frosinone si prevede addirittura un aumento del 13,3%.
I comparti più in difficoltà saranno quelli che consumano più energia (manifatturieri), mentre quelli che potrebbero risentire meno dei contraccolpi energetici sono la metalmeccanica, la moda e l’alimentare. Contraccolpi di rilievo anche per i trasporti, il settore automobilistico e l’edilizia. Già nel 2022 nella nostra provincia si sono registrati preoccupanti cedimenti nelle costruzioni, settore colpito duramente dal blocco dei crediti, dalle modifiche legislative relative al superbonus. In prospettiva ci potrebbe essere un’accelerazione nella ricostruzione post-sisma che comunque registra notevoli ritardi.
Nella provincia reatina preoccupa la tenuta del lavoro autonomo e in particolare dell’artigianato che chiude il 2022 con il segno meno. Si evidenzia come la crisi pandemica e quella energetica abbia colpito soprattutto le partite IVA che, a differenza dei lavoratori subordinati, sono sicuramente più fragili. Ricordiamo infatti che hanno pochissime tutele rispetto ai dipendenti, ad esempio non dispongono di malattia, ferie, permessi ecc. Come rileva anche l’ISTAT, il rischio povertà nelle famiglie dove il reddito principale è riconducibile a un autonomo è superiore a quelle dei dipendenti. Un aspetto non di poco conto che coinvolge la sfera sociale. La chiusura di tantissime piccole attività economiche è ancora più evidente su un territorio come il nostro, composto da tantissimi piccoli comuni. Una “passeggiata” in questi microcosmi dà la dimensione di quanto sia imponente il numero di negozi e botteghe con le saracinesche abbassate. Le chiusure gettano nell’isolamento interi sistemi, agglomerati, borghi e quartieri, provocando un senso di vuoto e un pericoloso peggioramento della qualità della vita per chi abita in queste realtà. Realtà che stanno cambiando volto e che stanno mettendo a rischio la coesione sociale dell’intero Paese e rendendo sempre e meno sicure grosse porzioni di territorio.
La moria di attività dei negozi di vicinato si trascina dietro anche i centri commerciali, anch’essi con intere porzioni dell’immobile chiuse al pubblico. Territori senza futuro, da dove i giovani fuggono verso altre mete. Luoghi colpiti da un calo demografico inarrestabile che ormai si protrae da decenni, dove si registra una popolazione sempre più anziana, tanto che ormai la popolazione complessiva della provincia reatina è fatta più di pensionati che di lavoratori.
Una situazione, quella reatina, simile a quella di Viterbo e Frosinone. A Rieti vengono pagate 66.000 pensioni a fronte di 56.000 lavoratori attivi, con uno squilibrio di -10.000 unità. Ancora peggio è la situazione di Viterbo, 125.000 pensionati, 111.000 occupati, -14.000. Un po’ meglio Frosinone, anche se permane il segno meno… 172.000 pensionati a fronte di 168.000 occupati. Salvano la “baracca” Latina con 203.000 pensionati e 206.000 occupati e Roma che registra il pagamento di 1.449.000 pensioni contro 1.724.000 occupati.
Questo dato, +275.000, fa sì che il Lazio possa vantare più occupati che pensionati. Andando verso il Sud Italia, il Lazio è l’ultima regione con gli occupati che superano i pensionati. Dall’Abruzzo alla Sicilia prevalgono i pensionati. Complessivamente nel Mezzogiorno vengono pagate 7.211.000 pensioni, mentre gli occupati sono 5.968.000, con uno sbilanciamento a favore dei primi di 1.244.000 unità. Centro e Nord, invece, ristabiliscono un comunque precario equilibrio: sono infatti 15.134.000 i pensionati, mentre gli occupati arrivano a 16.586.000.
Se mai ce ne fosse stato bisogno, questi dati dimostrano come sia fondamentale una riforma strutturale che generi lavoro, restituisca vita alle terre alte e salvi il Paese da un declino che sembra irreversibile.
“I numeri sono lo specchio di una realtà che non consente più rinvii per una riforma radicale del sistema di gestione del territorio – afferma Maurizio Aluffi, Direttore di Confartigianato Imprese Rieti – Senza una politica che incentivi il ritorno residenziale nelle aree interne, il paese è destinato a una desertificazione abitativa dalle dimensioni stratosferiche. La politica “metropolizzata” ha causato la distruzione di interi sistemi economici e culturali. Spetterà – conclude il Direttore Aluffi – alla nuova classe dirigente della Regione Lazio programmare interventi strutturali, non più rinviabili, per rendere il territorio reatino appetibile e con tante opportunità economiche e attrazioni naturalistiche. Il vicino Abruzzo insegna”.
Foto: Confartigianato ©