Foto: Riccardo FABI ©
(di Christian Diociaiuti) Don Vito Piccinonna, 45 anni, pugliese, è ufficialmente vescovo di Rieti. Dopo aver ricevuto anello, mitra e pastorale, da ora è la nuova guida della Chiesa di Rieti. Succede a Domenico Pompili che ha concelebrato la messa di ordinazione a Santa Maria ed è stato il primo ad abbracciare Don Vito subito dopo l’ordinazione.
Cerimonia in Cattedrale, davanti ad autorità religiose, civili e militari: chiesa gremita e blindata con l’accesso riservato ai soli invitati. Fedeli reatini e di Bari-Bitonto ospitati a San Domenico e Sant’Agostino, hanno seguito la cerimonia sui maxischermi. Don Vito è arrivato a Rieti alle 9.10 circa a San Michele, poi il trasferimento in Comune per salutare le autorità e lo spostamento, a piedi, in Cattedrale, prima di entrare in chiesa per la cerimonia solenne. Immediatamente dopo l’ordinazione, sull’altare anche i genitori del vescovo Piccinonna, per un gesto liturgico importante oltre che emozionante per la famiglia pugliese, sostenuta da tanti conterranei, arrivati perlopiù in pullman a Rieti. Poi il discorso ai reatini, un’omelia piena di ringraziamenti e commozione.
Cattedrale Santa Maria
DISCORSO DI S. E. MONS. VITO PICCINONNA
AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE
È assieme alla Santissima Trinità, a te, Popolo Santo di Dio che sei in Rieti, a tutti e a ciascuno di voi qui convenuti anche dalla mia terra, che desidero elevare il mio grazie come prolungamento di questa Eucaristia.
Mai come in questi due mesi, in maniera prepotente, ho fatto esperienza della mia radicale povertà dinanzi al Signore che mi ha chiamato al servizio episcopale. Ancora una volta mi hanno accompagnato, come agli inizi del mio cammino vocazionale, le parole del Salmo 8: “Che cosa è l’uomo perché di lui Tu, o Dio, te ne ricordi e te ne curi?”. Lo stupore e la meraviglia per un amore eccedente mi attraversa e sorregge la mia povertà. Mi sono sentito come Mosè chiamato a togliere i sandali dai piedi perché santa è quella terra in cui Dio non ha smesso di rivelarsi, chiamandomi ad un amore più grande, senza avanzare la pretesa di possedere e comprendere tutto. E ho visto anch’io il Roveto ardere senza consumarsi, segno della Presenza che – misteriosamente – mai viene meno.
A quel Dio che è senz’altro più grande del mio cuore e conosce ogni cosa, molto meglio di quanto sappia fare io, lego ancora e più forte la mia vita, stringendo ancora di più il grembiule del servizio. È una necessità d’amore farlo.
Come pellegrino…
Vengo in mezzo a te, cara Chiesa di Rieti, accompagnato dalla mia Chiesa-Madre di Bari-Bitonto con l’Arcivescovo Giuseppe che ringrazio per l’attenzione paterna colma di stima che non mi ha fatto mai mancare; ringrazio i presbiteri e i diaconi, i religiosi e tanti fratelli e sorelle laici con cui ho condiviso i miei vent’anni di ministero presbiterale, assieme ai miei amati parenti e ai miei cari amici. Penso ai tanti che per diversi motivi sono stati impossibilitati ad essere fisicamente qui e che sento comunque compartecipi di questo momento di Grazia.
Ringrazio il buon Dio per la prima esperienza di Chiesa vissuta nella mia famiglia. Grazie a mia madre Maria e mio padre Giuseppe, ai miei fratelli Savio con Nicla e Benedetto con Anna e i miei adorati nipoti Giuseppe, Enzo, Giuseppe e Federico. Il mio pensiero corre anche ai miei nonni che dal Cielo vegliano sul mio cammino, particolarmente mia nonna Angela dal cui esempio ho ricevuto tra le narrazioni più autentiche della bellezza del volto di Dio, Provvidenza infinita.
Ringrazio i miei zii e i miei amati cugini e cugine, con un ricordo speciale per mio zio Michele venuto a mancare qualche mese fa. Cari familiari, mi avete trasmesso un grande amore per la vita, l’attenzione alle piccole cose, ai legami, alle relazioni e lo sguardo attento per chi è in difficoltà. Grazie!
Saluto e ringrazio i miei compaesani di Palombaio dove sono nato e cresciuto fino al mio ingresso in Seminario. Grazie per la vostra laboriosità e per avermi trasmesso il senso di una famiglia allargata. Grazie alla mia comunità parrocchiale dell’Immacolata in cui ho ricevuto i primi sacramenti come pure l’ordinazione presbiterale 20 anni fa. Sono stato generato alla fede e mi avete trasmesso il gusto gioioso e convinto della sequela di Gesù grazie ai presbiteri (dal compianto don Vito Frascella, a don Michele, don Antonio e ora P. Fulvio e la comunità stimmatina); grazie alle mie catechiste, particolarmente a Concetta recentemente scomparsa. Assieme a tanti umili e semplici testimoni di fede siete un richiamo essenziale a ciò che non passa, lontano da un cristianesimo “coreografico” e borghese. Grazie!
Porto con me, cara Chiesa di Rieti, nella mia sacca di pellegrino, il cammino vocazionale iniziato con don Vito Diana, mio primo padre spirituale, prolungato nel gruppo vocazionale diocesano e maturato poi con l’ingresso nel Seminario regionale pugliese, per cui con fierezza porto anch’io il “made in Molfetta”, ringraziando per il dono dei formatori e dei docenti e degli amici di corso che onorano la celebrazione con la loro presenza, a cominciare dal rettore del tempo mons. Ricchiuti, mons. Renna, fino all’attuale rettore mons. Caliandro. Ringrazio i tanti presbiteri, ora davanti al Volto di Dio, che mi hanno edificato e sollecitato nel cammino vocazionale e ministeriale. Tra i tanti voglio ricordare don Ignazio Fraccalvieri e don Tonino Ladisa.
Porto con me l’esperienza ministeriale vissuta nella comunità parrocchiale della Matrice di Modugno (qui presente con il parroco don Nicola e diversi parrocchiani, come pure il vicesindaco e tanti amici); l’esperienza dell’Azione cattolica diocesana e nazionale nel servizio al settore Giovani (sono presenti i Presidenti e i responsabili diocesani e nazionali di ieri e di oggi con i cari assistenti); porto l’esperienza vissuta con altri confratelli nel servizio educativo ai ragazzi nel Seminario minore di Bari; ringrazio ancora per l’esperienza vissuta nella Caritas diocesana in raccordo con quella regionale e nazionale, nel servizio ecclesiale verso i più poveri assieme a tanti presbiteri e operatori che mi hanno sempre edificato; come pure ringrazio per l’esperienza vissuta fino a domenica scorsa come Parroco-Rettore del Santuario dei Santi Medici a Bitonto e come Presidente dell’omonima Fondazione, vera palestra ministeriale assieme a confratelli presbiteri e a tanti laici in cui abbiamo tentato di essere al servizio di tanti cercatori di Dio, di fare comunità e di avere uno sguardo preferenziale per i più poveri. Desidero salutare ciascuno di loro assieme al mio predecessore mons. Savino e al nuovo parroco don Gaetano. Grazie!
I vent’anni di ministero presbiterale mi hanno dato la chiara consapevolezza di essere inserito in una Chiesa-Corpo vivo del Signore, presente e operante nella Parola, nella Celebrazione e nella vita. È la stessa presenza reale che viene a cercarci e ci rende tutti ministri, servi, sentinelle di un popolo al quale, pur avendo legato il cuore nel tempo in cui ci è chiesto di servirlo, sappiamo non essere mai “nostro” ma solo e unicamente di Dio.
Pur essendo chiamato ora ad una particolare nuzialità con te, amata Chiesa di Rieti, per custodirti e pascerti con amore, ho la chiara consapevolezza che è Cristo il Pastore Unico e Bello, è Lui lo Sposo fedele e pazzamente innamorato. Da parte mia vorrei sentirmi come Giovanni il Precursore, l’amico dello Sposo, colui che sta e gioisce alla voce dello Sposo.
In questa mia bisaccia porto il volto e la storia di tanti che mi hanno insegnato, a volte a loro insaputa, ad amare di più. Ringrazio il buon Dio per tanti amici consacrati, vescovi (mi sia consentito fra tutti di nominare il caro don Mimmo Battaglia, a me più che fratello, l’Arcivescovo emerito mons. Cacucci, che mi ha ordinato diacono e Presbitero e mi ha accompagnato con amore di Padre, e il compianto Padre Magrassi che ha incoraggiato i miei primi passi vocazionali, don Gianni Checchinato), i tanti confratelli presbiteri, diaconi, religiosi, laici, uomini e donne, piccoli e grandi. Sono per me fratelli e sorelle maggiori che mi edificano mostrandomi con i fatti e nella verità la via migliore di tutte che è la carità. Saluto con affetto tutti i confratelli Vescovi, quelli della Conferenza episcopale pugliese come di quella laziale che mi hanno già accolto con affetto qualche giorno fa. Saluto e ringrazio il Card. Semeraro mio conterraneo e i Vescovi che sono arrivati da lontano (dalla Sicilia, dall’Albania, dalla Slovacchia), quelli delle diocesi limitrofe, come pure un grato ricordo ai Pastori che mi hanno preceduto su questa Cattedra di Rieti.
Grazie al Dio della vita per la presenza dei poveri nella mia vita. So per davvero di aver ricevuto molto più di quanto ho pensato di dare loro. Da loro è arrivato a me uno dei più grandi doni: mi hanno restituito spesso alla verità di me stesso, riconsegnandomi le mie personali povertà (e sono tante!), mi hanno insegnato a saper gioire di ciò che sono e di ciò che ho, chiamandomi ad una maggiore condivisione; mi hanno spesso rallegrato il cuore facendomi anche avvertire la chiamata di Dio a svuotarmi di me e a far abitare sempre di più Dio e tutti i suoi figli, con uno sguardo preferenziale per chi resta sempre indietro, per chi è tagliato fuori, relegato ai margini, per i lontani e gli allontanati dai nostri circuiti sociali e talvolta ecclesiali… Essi mi hanno ricordato che il nostro Dio da sempre è un Dio di parte, mai neutro o neutrale. È il Dio di chi sa che, grazie al Pane dei figli, persino una briciola potrebbe sollevarlo e renderlo partecipe di una comunione insperata. I più poveri mi hanno confermato nel Vangelo della passione e della compassione e mi hanno annunciato, spesso senza saperlo, che la Chiesa o ha il volto di Madre e di buona samaritana oppure non è.
Vengo a te, amata Chiesa di Rieti, ricco soltanto del Vangelo di Gesù, il Crocifisso Risorto. Prega per me perché ti possa testimoniare una vita che sta sempre sotto il Vangelo e che possa annunciarlo sempre con franchezza, anche con le parole.
Nei giorni scorsi, sulla tomba del poverello di Assisi, come su quella di don Tonino Bello, pregando per te, e per tutti quanti voi, ho chiesto la grazia di vivere questo tempo che mi si apre dinanzi come una nuova e più forte esperienza di conversione al Signore della storia.
È nota a tutti noi la bella espressione di Tommaso da Celano che annota l’atteggiamento del serafico padre Francesco che proprio qui, nella Valle santa, allestendo 800 anni fa il primo presepio, annota che “si leccava le labbra quando pronunciava il nome del Bambino Gesù, tanto gli era dolce quel nome”. Pregate tutti per me cari fratelli e sorelle, perché io possa “perdere la testa” per Gesù e non risparmiarmi mai per amor suo.
Sono certo che il Vangelo di Gesù, e solo Lui, è capace di far brillare la vita, di rimettere in piedi, di dare significato all’esistenza di tutti e di ciascuno. L’ho visto con i miei occhi tante volte, anche laddove umanamente avresti detto “impossibile”. Avverto di vivere il mio Battesimo e il ministero episcopale dentro una Chiesa tutta pellegrina e missionaria che sa condividere le gioie, le speranze come pure le tristezze e le angosce di quanti incontra, pure di questo tempo, dei poveri soprattutto e di quanti soffrono, includendo, insegnando a condividere e mai a dividere, facendo “sinodo” realmente, non a parole, studiando creativamente i modi più autentici ed evangelici di fare coro, credendo che il buon Dio non ci chiede di arrivare primi ma di arrivare insieme.
Penso con grande riconoscenza ora al Santo Padre Francesco che ha voluto posare il suo sguardo benevolo sulla mia povera persona. Prometto di vivere con tutta la mia Chiesa reatina, e in fraterna comunione con i Vescovi, sincera fedeltà al Suo Magistero, desidero adoperarmi con tutte le mie forze per vivere quel progetto missionario stupendo delineato nella Evangelii Gaudium, riconsegnato a Firenze a tutta le Chiese che sono in Italia. Sì, una Chiesa in uscita che non si bea guardando se stessa o girandosi nostalgicamente indietro (giacché, come amava ripetere don Primo Mazzolari, la nostalgia e la diplomazia sono la tomba della profezia); una Chiesa in uscita che sa prendere l’iniziativa, che si coinvolge, che accompagna, che fruttifica e che festeggia. Una Chiesa che non teme di sbilanciarsi verso il Regno e coloro che ne sono i primi cittadini ed eredi nello spirito delle Beatitudini. Un pensiero particolarmente grato desidero rivolgere anche al Nunzio Apostolico in Italia.
Sono appena nato Vescovo qui, oggi, in questa Chiesa e in questa terra. Pellegrino ma chiamato a servirvi perciò da oggi come con-cittadino reatino. Vorrei che mi sentiste come uno di casa, uno di famiglia, con-cittadino di Rieti come pure dei 40 Comuni di cui si compone la nostra Diocesi, con uno sguardo attento e paterno che vorrò avere anche per la più piccola delle frazioni della nostra terra, una terra sconvolta dal sisma. Vengo in mezzo a voi, mi metto accanto, con la mia responsabilità, per aiutarci in questo compito di ricostruzione, meglio di “rigenerazione”.
Non demordiamo e non facciamoci rubare la Speranza, perciò condividiamola! Desidero vivere il tempo iniziale soprattutto mettendomi in ascolto della realtà. Approfitto per salutare tutti gli ammalati e gli anziani presenti in famiglia, negli ospedali e nelle case di cura come pure i loro famigliari e il personale sanitario.
Chiedo al buon Dio che mai la preoccupazione per i problemi pastorali o la mole delle cose da fare, offuschi l’attenzione ai volti e alle storie di tutti e di ciascuno.
Desidero dire il mio più grande grazie al caro Vescovo Domenico per il tanto bene seminato in questi anni, per la sua operosità, per aver creduto e aperto vari fronti di crescita e di rigenerazione. Grazie Domenico per la vicinanza e l’amicizia mostrata nei miei riguardi sin da subito. Anche perché resti il Delegato Cei per l’8° Centenario del Presepe, la nostra casa è sempre aperta. Ti assicuriamo una grande preghiera per il tuo ministero nella Chiesa sorella di Verona.
Permettetemi ancora un saluto tutto particolare ai presbiteri e diaconi della mia nuova Chiesa diocesana. Pur essendo quasi il più piccolo in mezzo a voi, accoglietemi nel nome del Signore, come padre e fratello nella fede. Vi chiedo da subito di vivere tra noi con autenticità la comunione fraterna che resta la prova del nove della nostra comune missione a servizio di questa Chiesa. Siamo chiamati a dare fecondità al nostro vivere anche pregando maggiormente perché ci siano vocazioni al sacerdozio (desidero simbolicamente affidare una lampada che ogni settimana passerà di parrocchia in parrocchia a cominciare dalla Cattedrale). Il tempo che viviamo non ha bisogno né di solisti né di solitari. Siamo chiamati non a fare scintille ma a far luce (T. Bello). Questo facciamolo con e tra tutte le comunità parrocchiali perché siano presìdi di speranza sempre e comunque.
Saluto con affetto anche alcuni rappresentanti della Chiesa ortodossa qui presenti come pure con amicizia saluto il fratello Imam della moschea reatina.
Un saluto speciale anche a tutti i religiosi e le religiose con i loro Superiori generali e provinciali, particolarmente a quanti vivono la loro presenza e il loro carisma nella terra reatina. Non smettete di ricordarci con la vostra vita l’assoluto di Dio e del suo Regno.
Ringrazio e benedico tutti i fratelli e sorelle laici, quanti vivono la loro appartenenza nelle associazioni, nei movimenti, come anche nelle forme più ordinarie. Grazie perché ci ricordate il primato e la grazia del Battesimo quale sacramento fontale che tutti ci accomuna e ci affratella. È dal grembo della Chiesa Vergine e Madre che il Signore continua a generare il popolo sacerdotale, regale e profetico. Ricordate anzitutto a me, vostro Vescovo, la bellezza di essere una Chiesa di popolo, popolo pellegrino nel tempo e nella storia, operoso nella Carità, ardente nella lode, testardo nella Speranza.
Benedico di cuore le famiglie e le ringrazio per quel diuturno impegno a favore della Vita anche quando si mostra fragile. Aiutate anche la Chiesa a realizzare quella dimensione domestica propria di una famiglia.
Saluto i giovani e i ragazzi. Vengo per incontrarvi e incoraggiarvi per osare insieme il futuro anche in vista della prossima GMG di Lisbona che vivremo insieme.
Forza! Diventiamo grandi insieme!
Saluto e ringrazio le realtà caritative, associative, di volontariato di ispirazione cristiana e non. Non ci sia nulla di genuinamente umano che ci trovi refrattari, quasi dei muri di gomma.
Giunga il mio saluto anche a quanti si sentono lontani dalla Speranza cristiana. Sentiamo pure voi nostri fratelli e amici.
Un pensiero speciale consentitemelo anche per le diverse aziende del nostro territorio in un momento difficile per l’economia italiana e mondiale. Rivolgo una parola solidale e speranzosa ai disoccupati che faticano a trovare una risposta concreta per un lavoro serio e sicuro.
Ringrazio e saluto con deferenza gli uomini e le donne delle Istituzioni (Il Ministro Tajani, il Prefetto, il Questore, i Primi cittadini dei 41 comuni della nostra Diocesi, a cui aggiungo il saluto affettuoso anche per il Sindaco del Comune di Bitonto e del Vice Sindaco del Comune di Modugno come pure alle diverse autorità militari). Non smettete di credere nel valore della Politica (con la P maiuscola) come mistica arte perché anche i giovani, sedotti dal vostro stile, possano tornare a crederci.
In questa grande impresa del bene comune, la comunità ecclesiale si sente corresponsabile soprattutto nella dimensione della formazione delle coscienze, senza la quale non esiste autentica cittadinanza.
Un compito formativo ed educativo che vogliamo svolgere dialogando con le famiglie, con la scuola, con il mondo dell’università e con tutti gli attori della vita culturale del territorio.
Mentre viviamo questo giorno di festa non dimentichiamo i popoli travagliati dalla guerra, particolarmente il popolo ucraino in quest’ora terribile in cui si fatica a scorgere spiragli di pace.
Concludo (per davvero), non prima di aver ringraziato di gran cuore quanti si sono adoperati in queste settimane per preparare al meglio questo giorno. Davvero grazie!
A Maria, venerata nella nostra Cattedrale-Cantiere col bel titolo di Madonna del popolo, affido me, ciascuno di voi, e questi nostri inizi. Ci alleni Maria ad “organizzare la speranza”, a non disertare la storia.
Assieme ai Santi patroni permettetemi di affidare questi miei inizi al venerabile don Tonino Bello, Vescovo e profeta della mia terra. Sostenga il mio ministero e la nostra comune sequela dietro a Cristo.
A Gloria di Dio.
Grazie.
+ don Vito, vescovo