(ch.di.) Va avanti lo sciopero di Reset, coi 70 lavoratori reatini, che operano nelle rinnovabili, in presidio davanti alla sede dell’azienda in via Maestri del Lavoro. “Dalla riunione di ieri in Confindustria – spiega Luigi D’Antonio della Cgil – non sono venute fuori le notizie che ci aspettavamo, come il pagamento degli stipendi. L’azienda era presente. Da giorni c’era un accordo per un piano di rientro dei 4 mesi di stipendi mancanti, ma oltre alla disponibilità nulla è stato fatto. Nell’incontro abbiamo parlato di tante cose, ma quando si tocca il tema degli stipendi non ci sono date. Reset è un’azienda che fa prodotti importanti, ma che non si capisce quale sia la sua difficoltà. Dalla parte della proprietà si dice che il lavoro c’è. Ma dai lavoratori si apprende che c’è uno scarico produttivo. Probabilmente alcune commesse non sono state ancora pagate. Ma i lavoratori hanno dato la loro prestazione. E allora serve far entrare in azione gli strumenti per la tutela dei lavoratori, non quattro mesi senza stipendio”.
“Terzo giorno di sciopero per i lavoratori della Reset. Terzo giorno di mobilitazione per i sindacati. Con il nostro Federico Ostili, segretario organizzativo della Uilm, stiamo seguendo attentamente gli sviluppi della vertenza. Questa mattina davanti ai cancelli dell’azienda c’era anche il segretario generale della camera sindacale di viale Matteucci, Alberto Paolucci”. Lo scrive la Uil di Rieti e della Sabina Romana sulla sua pagina Facebook.
“Quattro mesi senza stipendio – commentano Paolucci e Ostili – equivale a tutti gli effetti a uno sciopero della fame, uno sciopero della fame forzato. I settanta lavoratori e le rispettive famiglie stanno vivendo un periodo difficile, se poi aggiungiamo l’inflazione che si sta abbattendo sul nostro Paese, non ci vuole molto a capire che queste famiglie sono allo stremo. Ciò che preoccupa di più in questo momento non è soltanto l’atteggiamento ostile della società, che pur avendo enormi potenzialità per superare il momento negativo, considera i suoi dipendenti non una risorsa ma un peso, non persone ma cose. Sconforta anche il silenzio delle istituzioni, che ad oggi sembrano rassegnate all’ennesima chiusura di un sito produttivo reatino e al licenziamento dei suoi dipendenti. Lavoro dignitoso e di qualità, lavoro stabile e retribuito – concludono i due sindacalisti – dovrebbero essere le parole d’ordine dell’azione politica delle istituzioni a tutti i livelli, da quelle comunali a quelle regionali, senza dimenticare il governo da poco insediato. Usiamo il condizionale perché ad oggi da costoro abbiamo ascoltato soltanto silenzio. Occorre un sussulto, uno scatto d’orgoglio, un’azione incisiva che imprima una sterzata a questa fase di stallo e che assicuri lavoro e futuro ai dipendenti della Reset”.
Foto: Riccardo FABI ©