Ricorre domani il 40° anniversario della morte del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: era il 3 settembre 1982, infatti, quando la mafia decise di sferrare un duro attacco allo Stato. Quel giorno, mentre erano a bordo della loro autovettura, il Prefetto di Palermo Gen. Dalla Chiesa e la moglie, Emanuela Setti Carraro, vennero trucidati da un commando a colpi di kalashnikov. Nell’attentato perse la vita, dopo 13 giorni di agonia, anche l’agente Domenico Russo, che li seguiva a bordo di un’auto di scorta.
Nato a Saluzzo (CN) il 27 settembre 1920 e figlio di un Ufficiale dei Carabinieri, ebbe il primo contatto con la vita militare durante la guerra nel Montenegro, come Sottotenente, nel 1941. Un anno dopo, transitato nei Carabinieri, venne assegnato alla Tenenza di San Benedetto del Tronto, dove restò fino al fatidico 8 settembre 1943.
La guerra si chiude, per lui, con una promozione e due croci al merito di guerra, tre campagne di guerra, una medaglia di benemerenza per i volontari della seconda Guerra Mondiale, il distintivo della guerra di liberazione ed una laurea in giurisprudenza conseguita a Bari. In quella stessa Università prenderà, più tardi, la laurea in Scienze Politiche.
Dalla Chiesa arrivò il Sicilia da giovane Capitano, trovando una terra stretta nella morsa della mafia agraria. Una mafia, non meno spietata, che poi verrà rievocata da nuovi e ferocissimi boss.
Destinato al nuovissimo Comando Forze Repressione Banditismo, che ebbe come missione principale la cattura del bandito Salvatore Giuliano, gli venne affidato il comando del Gruppo Squadriglie di stanza a Corleone. Qui l’Ufficiale piemontese ebbe il primo impatto con questo difficilissimo ambiente, dimostrandosi fin da subito grande ufficiale abile, tenace, perspicace, deciso e determinato.
Da Ufficiale superiore presta servizio alla IV Brigata di Roma e della Legione di Torino, quindi comanda il Nucleo di Polizia Giudiziaria e il Gruppo di Milano.
Negli anni Sessanta torna in Sicilia e, per oltre 7 anni, gli viene affidato, come Colonnello, il Comando della Legione di Palermo (1966-1973) dove “Cosa Nostra” ha nel frattempo affinato metodi e strategie, spostando progressivamente i suoi interessi dall’agricoltura all’ambiente industriale e commerciale, specie nel campo dell’edilizia e dei lavori pubblici. Ma il metodo e la costanza con cui Dalla Chiesa si applica iniziano a dare risultati straordinari.
Ma sarà la lotta al terrorismo a coinvolgere ben presto Dalla Chiesa, promosso Generale. Dall’ottobre 1973 al marzo 1977, comanda la Brigata di Torino. Poi, nel maggio 1977, assume l’incarico di Coordinamento del Servizio di Sicurezza degli Istituti di Prevenzione e Pena. Successivamente, nel settembre 1978, assume anche le funzioni di coordinamento e di cooperazione tra Forze di Polizia nella lotta al terrorismo, contribuendo validamente a debellare il fenomeno in Italia.
Dal dicembre 1979 al dicembre 1981 comanda la prestigiosa Divisione Pastrengo a Milano per, poi, arrivare nel 1982, alla massima carica per un Carabiniere: Vice Comandante Generale dell’Arma.
Nel corso della sua carriera è stato anche insignito di Medaglia d’Argento al Valor Militare, Medaglia di Bronzo al Valor Civile, ben 38 encomi solenni.
Dopo la morte dell’amatissima moglie Dora Fabbo, comapre una seconda moglie giovanissima e decisa, Emanuela Setti-Carraro.
Nominato Prefetto di Palermo dall’allora presidente del Consiglio, Giovanni Spadolini, nel marzo 1982, sembra l’uomo giusto per fermare l’escalation criminale mafiosa e, al suo arrivo in Sicilia, trova una situazione pesante legata alla guerra tra cosche.
Nel giro di pochi mesi vennero sferrati colpi durissimi a Cosa Nostra tanto che decise che di risolvere il problema alla radice. Il 3 settembre 1982, trenta pallottole di Kalashnikov falciarono Dalla Chiesa e la moglie Emanuela Setti-Carraro, mentre un altro killer liquidò l’agente di scorta, Domenico Russo. Lui tentò di proteggere la moglie col suo corpo, ma il killer sparò prima a lei.
Il Generale Dalla Chiesa resta uno degli eroi che l’Arma dei Carabinieri ha donato al Paese ed al Popolo italiano, e resta indelebile la nuda, spartana virtù del dovere, compiuto in nome di una società civile.
Tra i numerosissimi riconoscimenti a lui attribuiti, anche la MEDAGLIA D’ORO AL VALOR CIVILE “ALLA MEMORIA”, con la seguente motivazione:
“Già strenuo combattente, quale altissimo ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, della criminalità organizzata, assumeva anche l’incarico, come Prefetto della Repubblica, di respingere la sfida lanciata allo Stato democratico dalle organizzazioni mafiose, costituenti una gravissima minaccia per il Paese. Barbaramente trucidato in un vile e proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sublimava con il proprio sacrificio una vita dedicata, con eccelso senso del dovere, al servizio delle Istituzioni, vittima dell’odio implacabile e della violenza di quanti voleva combattere.
Palermo, 3 settembre 1982″.
In Italia sono centinaia le strade, le piazze, i plessi scolastici, le caserme dell’Arma dei Carabinieri, le strutture pubbliche e i monumenti dedicati alla memoria del Generale, la cui vita ha ispirato innumerevoli pubblicazioni, libri e opere cinematografiche, che hanno contribuito a rendere indelebile la figura di quest’uomo straordinario, di un Carabiniere e di un servitore dello Stato di eccezionale caratura, che, con il suo esempio, è stato e continua ad essere fonte d’ispirazione per ogni Carabiniere.