Foto: Gianluca VANNICELLI ©
(di Martina Grillotti) In prossimità della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il vescovo di Rieti, Domenico Pompili, ha incontrato gli operatori della comunicazione del Reatino con un ospite di eccellenza: il direttore di Radio Uno e dei Giornali Radio Rai, Andrea Vianello.
Un’occasione per commentare il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali nel quale ha invitato tutti ad ascoltare con l’orecchio del cuore: “L’uomo tende a fuggire la relazione, a voltare le spalle e ‘chiudere le orecchie’ per non dover ascoltare. Il rifiuto di ascoltare finisce spesso per diventare aggressività verso l’altro. C’è una sordità interiore, peggiore di quella fisica. L’ascolto, infatti, non riguarda solo il senso dell’udito, ma tutta la persona. La vera sede dell’ascolto è il cuore”. Ed è proprio da qui che con l’introduzione di Pompili è partito il discorso di Vianello: “C’è stato un periodo della mia vita in cui pur sapendo quello che volessi dire non riuscivo a comunicarlo al mondo esterno, è da quel momento che ho capito l’importanza dell’ascolto e l’importanza e il peso delle parole”.
“Nelle parole del Papa – ha detto Vianello – c’era quella voglia di far capire che serve mettere luce dove non c’è. Raccontare dei posti nascosti dove ci sono gli umili che devono avere una voce. Noi dobbiamo dare voce agli umili. Ho detto ai miei colleghi ‘diventate gli occhi dei nostri ascoltatori e fatelo con il cuore’ perché senza cuore il racconto è asettico. Le stesse notizie se dentro c’è il cuore possono diventare diverse e passare meglio. Non si può evitare di lasciar andare le emozioni altrimenti il racconto non arriva a nessuno”.
Poi il racconto della sua storia, della malattia, l’ictus e il rischio di morire oltre allo spettro che pur rimanendo in vita avrebbe potuto perdere la parola. Vianello si è così raccontato alla platea, da quel 2 febbraio 2019 fino al periodo della riabilitazione difficile e ora la presidenza di Alice – Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale.
“Che uomo sono dopo l’ictus? Da questa esperienza ho imparato a pesare le parole, a rallentare i tempi per poterle scandire. Ora ho capito – nel momento in cui avrei potuto perderle per sempre – quanto sia importante la parola, so quanto siano difficili da dire, da tenere e da usare. Ho imparato che una parola detta deve essere quella giusta, le parole non devono essere buttate via. E poi ho capito davvero quali siano le priorità della vita, che non è il lavoro o il successo, ma la famiglia, gli amici, l’essere vicini a sé stessi e al proprio cuore. È per tutto questo che cercherò di avere in testa ogni giorno le parole del Santo Padre”.