Foto: Riccardo FABI ©
(di Christian Diociaiuti) Da poco, alle giacche gialle e verdi col punto esclamativo, si sono aggiunte quelle azzurrino-argento con la faccia del coniglietto. Sono le livree umane di due noti marchi internazionali delle consegne a domicilio. No, non è la grande città, Milano, Roma, Bologna. È Rieti, neanche 50mila abitanti, un’isolamento quasi endemico, eppure per certi versi al passo col mondo: da qualche tempo – soprattutto dall’epoca del lockdown – questa cittadina ha conosciuto le app per comprare il cibo (e non solo) e farselo portare a casa (a prezzi stracciati, poco più del prezzo del cibo stesso) da atletici e solerti giovani di ogni nazionalità, sesso, età. La globalizzazione ha attecchito anche qui, sotto le ciminiere soffocate della Viscosa e dello Zuccherificio. Un giorno arriveranno anche il car sharing e il nolo monopattini. Forse.
Ma lasciando stare i sogni di ‘metropolizzazione’ della città cuore della Valle Santa, torniamo alla nostra missione. Per un motivo che spieghiamo dopo, abbiamo deciso di raccontare le storie dei “nostri rider“. Poche parole, parlano le foto di Riccardo Fabi: ecco la quotidianità di quei ragazzi e ragazze che, per conto di chi aspetta a casa sul divano o torna di fretta a casa, fanno la fila al ristorante o al fast food, certe volte anche al supermercato, caricano tutto sul loro zaino dopo aver cliccato un “accetta” sul cellulare, via, partono come in una crono del Giro. Più veloce ma anche più distante vai, più redditizia è la consegna. Il nuovo cottimo è così, ma giurano i ragazzi con cosce e polpacci degni di un olimpionico, che “se sai lavorare bene e ti organizzi”, porti a casa un bello stipendio. E c’è da crederci. Le garanzie sono aumentate, c’è qualche sicurezza in più, ma non mancano i punti oscuri che si nascondono dietro le app, che disonesti e profittatori sanno portare a loro vantaggio. Nei nostri scatti ci sono facce di ragazzi di ogni provenienza; ci sono storie diverse e un lavoro – come un altro – con rituali e tempi che con la notte assumono un’altra sfumatura.
Ma perché RietiLife è tra i rider? Di fatto ci è tornata dopo il servizio di alcune settimane fa (rivedilo qui), le telecamere di ‘Tu che ne pensi?‘ (trasmissione di Nicolò Lucantoni, immagini e montaggio Luciano Mancini) sono tornate tra i giacconi sgargianti e gli zaini squadrati dei ragazzi e delle ragazze che quotidianamente consegnano a domicilio in città, pizza, panini e pasti a ogni ora, in sella alle bici, ai monopattini, col motorino o in auto. Siamo tornati per fare ad alcuni di loro un regalo: con il supporto di Trony Rieti, abbiamo donato dispositivi per segnalare la propria presenza in strada se si è a bordo di una bici o un monopattino. Luci posteriori a led e anche pettorine luminose con tanto di stop e frecce. Questo perché sono state diverse le segnalazioni arrivate in redazione di questo tenore: “I rider in giro per la città e sulle strade più trafficate, come la Terminillese, non si vedono di notte se si è alla guida di un’auto, soprattutto nelle giornate piovose. Un pericolo per loro stessi in primis e per gli altri utenti della strada“. Vero, e allora ecco lucine e qualche raccomandazione. Hanno accettato tutti di buon grado e hanno già messo in uso i dispositivi: sono ora più visibili e tutti sono più sicuri. Certo, non siamo riusciti a raggiungere tutti i rider. Ma magari aumenterà la sensibilità sul tema. Che si accenda una luce, insomma.
TU CHE NE PENSI? – LUCI AI RIDER