Rimettere il paziente al centro del sistema utilizzando la telemedicina per trasferire il trattamento dall’ospedale al territorio e migliorare, quindi, la qualità e l’efficienza delle cure. Questo lo scopo del progetto “Tessere Smart Share”, promosso in partnership dall’Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus ANMAR, dall’Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus ALMAR, dall’Asl di Rieti, dalla Società Italiana di Reumatologia SIR, dalla Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale FIMMG e dalla Federazione Italiana dei Titolari di Farmacia Italiani FEDERFARMA, con la supervisione del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità.
Dopo l’emergenza sanitaria da Covid-19 il dibattito pubblico e istituzionale si è incentrato sulla necessità di procedere a una riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale. La pandemia, infatti, ha evidenziato i limiti di un modello organizzativo che non ha il paziente come punto di riferimento finale. Un modello che amplifica i divari regionali nell’assistenza sanitaria piuttosto che ridurli.
Le ultime linee programmatiche, recentemente presentate dal Ministro della Salute, mirano a proporre un nuovo SSN in grado sia di fornire soluzioni sempre più personalizzate e snelle, sia di ridurre i costi dei sistemi sanitari regionali, evidenziando il ruolo della telemedicina e della sanità digitale nel migliorare l’accesso alle cure e la qualità delle stesse. Anche a livello internazionale, la salute digitale è considerata la migliore soluzione possibile per rispondere alle esigenze della sanità in termini di efficienza, attenzione alla persona e contenimento dei costi.
“Da qui l’idea di dare vita al progetto Tessere, nato per contribuire alla realizzazione della continuità assistenziale ai pazienti con patologia infiammatoria attraverso l’integrazione dei vari livelli di cura, in particolare tra specialista di riferimento e medici di medicina generale, partendo dall’attivazione di un collegamento, per via informatica, delle diverse strutture assistenziali, ovvero i centri di eccellenza, i presìdi ospedalieri, ambulatoriali e di ricovero ma anche gli specialisti territoriali di medicina generale attraverso sistemi operativi condivisi – spiega Silvia Tonolo, presidente ANMAR Onlus Associazione Nazionale Malati Reumatici, che suggerisce – La telemedicina servirà per dare vita a una nuova cultura della salute, una cultura totale, che dovrà mettere in rete i servizi per difendere e salvaguardare il valore della persona. Si dovrebbe quindi arrivare alla tracciabilità clinica dei pazienti con patologia cronica infiammatoria, con dolore correlato alla patologia di base, a una verifica del percorso diagnostico e terapeutico dei pazienti e a permettere agli stessi, in caso di necessità o di impossibilità di movimento, di interfacciarsi con i medici di medicina generale, e con gli specialisti di riferimento, secondo uno schema procedurale condiviso. Sarebbe poi molto utile anche monitorare i flussi dei pazienti all’interno della rete assistenziale sia all’interno che extra regione”.
“L’idea di partire dall’Asl di Rieti non è nata a caso – aggiunge poi Tonolo – Abbiamo voluto ascoltare la voce di un territorio particolarmente fragile, devastato dalle scosse di terremoto che, nel 2016, hanno colpito il centro Italia. Ripartire da qui, ripartire ora, ha significato per noi unire il sociale alla sanità, un’azione che ci auguriamo sia seguita da altri”.
Pazienti ma anche territori al centro. Su questo il progetto Tessere è nato, su questo intende svilupparsi. L’iniziativa è stata per questo seguita fin da subito con grande attenzione e coinvolgimento dall’Asl di Rieti: “Anche i territori più svantaggiati e in difficoltà per varie ragioni saranno i protagonisti – spiega il direttore generale dell’Asl di Rieti, Marinella D’Innocenzo, che sottolinea – Serve equità di accesso alle cure anche nei territori remoti e, inoltre, è necessaria una migliore continuità della cura attraverso il confronto multidisciplinare, vanno elargite cure adeguate di terapia del dolore e, soprattutto, garantita una migliore qualità di vita dei pazienti con cronicità”.
Alcuni dati forniti, durante la presentazione, dalla dottoressa D’Innocenzo hanno permesso di inquadrare i numeri dell’artrite reumatoide in ambito più locale. Nella sola provincia di Rieti, infatti, sono circa 550 i casi trattati. In Italia i pazienti sono circa 400mile e il costo annuo per le cure è di 1 miliardo e 400 milioni di euro. L’Asl di Rieti copre una superficie di 2.750 Kmq, 73 Comuni, 297 frazioni e serve circa 155mila abitanti. Si tratta di una popolazione piuttosto anziana con il 12,68% di over 65 (Lazio è al 10,9%), un 13,25% di over 75 (Lazio è a 11,12%), classificata al 91esimo posto su 107 provincie per percentuale di residenti con meno di 15 anni. Il 43,6% della popolazione totale è affetta da cronicità, il 15% da fragilità. Complessivamente l’Asl di Rieti eroga 2.292 viste reumatologiche, 272 prestazioni diagnostico terapeutiche e 230 terapie biologiche.
Diversi i progetti già realizzati: nel 2019 l’implementazione del Pdta per l’artrite reumatoide (sono attivi percorsi dedicati alla gastro reumatologia, alla pneumo reumatologia, all’oftalmo reumatologia, all’immuno reumatologia) mentre nel 2020 si è proceduto alla costituzione della Rete reumatologica territoriale della stessa provincia di Rieti, in collaborazione con l’Associazione Laziale Malati Reumatici. L’uso di informazioni così essenziali permetterebbe di creare percorsi di cura sempre più domiciliari volti a migliorare la qualità della vita dei pazienti ma anche ad introdurre nuovi modelli di spesa e ad offrire dati real world a supporto della ricerca e dello sviluppo.
“Il progetto Tessere – spiega l’onorevole Rossana Boldi, vice presidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati – vuole contribuire al ripensamento della governance del nostro Sistema Sanitario Nazionale: dalla visione verticale, per silos e tetti di spesa, si passerebbe a una visione orizzontale dove i dati relativi alle prestazioni erogate non siano confinati al perimetro del Servizio Sanitario stesso ma contribuiscano a valutare gli impatti sul bilancio dello Stato nel suo complesso e, quindi, a ragionare in termini di welfare nel senso più completo del termine. Ciò servirebbe per facilitare l’accesso dell’utente ai servizi pubblici, nei quali l’utente assumerebbe il ruolo di interfaccia tra i flussi di dati autorizzandone o abilitandone la fruizione. La tipologia di problematiche che si vuole superare è quella dell’erogazione di un servizio da parte di un ente pubblico, ma i requisiti di accesso al servizio richiedono informazioni rilasciate da un altro ente. Inoltre si giungerebbe ad efficientare l’erogazione dei servizi. Qui l’esempio più immediato è quello in cui un cittadino che in emergenza ha bisogno di un ricovero ospedaliero, e i cui dati più significativi della sua storia sanitaria sono facilmente disponibili per gli operatori sanitari che possono così programmare interventi “ottimali”. Ma il progetto mira anche a consentire, attraverso elaborazioni da parte degli enti pubblici, di programmare politiche attive socio-sanitarie sia su base regionale che intra-regionale”.
In sintesi si tratterebbe di sfruttare le tecnologie per migliorare i risultati del trattamento del paziente offrendo il trattamento giusto al momento giusto per il paziente stesso.
Per il segretario della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, onorevole Fabiola Bologna, “il progetto Tessere realizza un modello organizzativo che ha il paziente come punto di riferimento centrale. Così si va verso una medicina personalizzata. In ambito sanitario, poi, si avverte la necessità di implementare sistemi sicuri e scalabili in grado di assicurare l’accesso ai dati su larga scala, garantendo il rispetto delle policies di trattamento sui dati sensibili e personali e l’affidabilità. Le tecnologie digitali, inoltre, – prosegue l’onorevole Bologna – permettono una gestione ottimale delle tre dimensioni fondamentali dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali: dimensione clinica, associata ad uno specifico bisogno assistenziale per uno stadio di una specifica patologia o ad una situazione sanitaria; dimensione organizzativa, correlata ad uno specifico assetto attraverso cui erogare prestazioni assistenziali che rispondano in modo sostenibile al bisogno manifestato dal paziente; questa dimensione riguarda principalmente il management; dimensione tecnologica, correlata a infrastrutture di supporto, applicativi, apparecchiature diagnostiche e sensori, che faciliti la collaborazione tra gli attori del sistema e l’esecuzione di attività a distanza, ad esempio la telemedicina, che affiancano e supportano la dimensione clinica classica”.
Il progetto Tessere consentirebbe, peraltro, la realizzazione di un modello sanitario incentrato sull’efficienza e sulla continuità dell’assistenza sanitaria. L’80% della spesa sanitaria riguarda le malattie croniche, all’interno e all’esterno dell’ospedale, pertanto risulta essenziale la scelta di modelli organizzativi efficaci, tenendo in debito conto il contesto territoriale di appartenenza, mediante la creazione di collaborazioni da parte dell’industria, delle imprese impegnate in campo assistenziale, nell’ottica di partnership tra il pubblico e il privato, al fine di sostenere e valorizzare il lavoro delle reti familiari, dell’associazionismo e del volontariato, con un conseguente e rilevante beneficio socio-economico.
L’onorevole Massimiliano De Toma, componente della Commissione Attività produttive, Commercio e Turismo e della Commissione parlamentare per la semplificazione della Camera dei Deputati, affronta i temi legati alla sburocratizzazione normativa ed è fortemente convinto che la digitalizzazione sia il mezzo migliore per realizzare pienamente l’obiettivo di perfezionare il rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini, soprattutto in ambito sanitario. “Sono stato il promotore dell’iniziativa sulla digitalizzazione sanitaria attraverso l’uso la tessera sanitaria come strumento utile per il cittadino. Basti pensare al caso ipotetico di incidente stradale che comporti la perdita di conoscenza di un soggetto. In tal caso sarebbe possibile risalire all’ identità e allo storico del paziente tramite la lettura del microchip direttamente sull’ambulanza giunta in soccorso. Questo comporterebbe un’immediata trasmissione automatica dei dati e della cartella clinica già all’interno dell’ospedale di destinazione, ottimizzando i tempi e le speranze di salvataggio del paziente interessato. Un altro utilizzo potrebbe essere quello di caricare direttamente sulla tessera sanitaria le ricette mediche, le richieste di visite specialistiche, accorciando notevolmente i tempi attraverso un serio scossone alla burocrazia e, non da ultimo, va rimarcato il notevole taglio ai costi relativi alla spesa sanitaria”.
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