(di Valerio Pasquetti) La scomparsa di Giggi Cerasa ci colpisce la domenica sera, durante il match in corso tra Real Sebastiani ed Avellino. È un evento triste, inatteso che crea profonda sofferenza, purtroppo consono all’esistenza di noi, comuni mortali. Non vi sono annate sfortunate da dimenticare. Non giova e non protegge asserire – ove ne ricorrano i presupposti – che “è proprio un anno bisestile” o, ancora, che “non vedo l’ora che questo anno tremendo volga al termine”.
È la storia di noi, esseri umani, con l’esistenza sempre legata ad un filo. Nessuno se ne capacita, nessuno ha contezza fin tanto che gli accadimenti di un evento – ammesso che la persona colpita possa “risorgere” – fanno capire che, volenti o nolenti, siamo legati ad un destino ineludibile. Giggi per gli amici – Luigi in realtà – ne era ben consapevole. Ma affrontava la propria esistenza con una gaiezza ed una serenità interiore senza eguali.
“La mia gioia è vivere a Maglianello – ripeteva Giggi – nel mio orto, tra le mie piante e con quegli animaletti che hanno allietato la mia esistenza”. Giggi aveva una passione: lo sport, più in generale, ma il basket in specie. Che amava come pochi. Sostituì Luigi Berton – un altro fisioterapista eccelso ai tempi di Renato Milardi – e non ne fece rimpiangere la professionalità. Anzi, probabilmente si affermò più del suo maestro. Perché l’abilità di Giggi, la capacità di lavorare un qualsivoglia infortunio muscolare, dalla comune scavigliata ad accidenti di maggiore entità, ben presto fece il giro dello stivale.
“Negli anni mi hanno contattato dalle piazze cestistiche più famose in Italia – ripeteva Giggi – Ma io sono legato alla Rieti dei canestri e sempre e soltanto qui sono voluto rimanere”. Giggi avrebbe potuto lavorare a Pesaro, a Treviso, a Milano, a Varese, anche a Bologna, ma non ha mai ceduto alle lusinghe come al denaro. Uomo tutto d’un pezzo, reatino doc (maglianellese, per dire il vero), Giggi è rimasto alla sua Sebastiani per 20 anni, fino al 2008. Nel proprio studio, sito al centro di Rieti, vicinissimo a piazza San Rufo, ci sono le foto che ne rammentano la carriera professionale e sportiva, cestistica. “Quella con Gaetano (Papalia, ndr) e la Sebastiani è la storia più bella e simboleggia i tanti anni di devozione al mondo dei giganti – ricordava Giggi soltanto lo scorso mese di giugno – a Gaetano sono legato, è una brava persona e con lui ho vissuto momenti esaltanti, gare incredibili”. I ricordi di Giggi erano anche per i “propri” cestisti.
Specialmente i giocatori americani giunti a Rieti proprio ai tempi della Nsb. “Massaggiare i tessuti di Russell, di Hurd e di Pape Sow era un’impresa anche per me – narrava Giggi – Avevano muscoli talmente possenti che, per ottenere un risultato, dovevo appoggiarmi sui loro arti con tutto il peso del corpo, usando i gomiti”. Giggi aveva bene a mente anche gli amici cari che lo hanno preceduto in cielo e non mancava di ricordarli. “La scomparsa di Attilio (Pasquetti, ndr) è stata per me un grande dolore – diceva con un velo di tristezza – e così pure quella di Umberto (Papalia, ndr) che era un tutt’uno con Gaetano”. Ora Luigi ha raggiunto i propri amici. Anch’egli lo ha fatto prima del tempo perché, morire a 72 anni di età, oggi, è quasi incomprensibile. Però, tant’è, nulla quaestio. Betto – in realtà Benedetto – perde il proprio papà, ma anche colui che gli ha insegnato l’arte della fisioterapia e che, poi, ha superato perché, oggi, Betto è un medico ed un osteopata tra i più affermati. La città smarrisce per sempre un proprio figlio e la Rieti dei canestri un professionista eccelso, un uomo buono, una persona senza eguali. Ciao carissimo Giggi! Ci mancherai tanto.
Foto: (archivio) Grillotti ©