(di Federico Ducco – da RietiLife Free Press) La fila davanti alla Caritas è sempre più lunga. Infatti, sono 600 le famiglie reatine che si rivolgono regolarmente alla Caritas. Un numero, schizzato in alto subito dopo Natale, dentro il quale ci sono bisogni provenienti da categorie insospettabili, che mai avremmo immaginato di annoverare tra i nuovi poveri. Secondo la Caritas diocesana con la seconda ondata pandemica, hanno bussato alla porta nuclei familiari che si sono ritrovati, a seguito delle chiusure forzate delle attività, senza più mezzi per pagare le bollette o l’affitto di casa, come commercianti e titolari di esercizi, soprattutto di piccole dimensioni e a gestione familiare. Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di reatini, perché gli stranieri, almeno nel capoluogo, sono pochi e inseriti all’interno di cooperative che provvedono ai loro bisogni. Il coronavirus oltre che cambiare la vita di molti reatini, ha fatto da autentico spartiacque sociale: i poveri diventati ancora più poveri a causa della crisi economica e poi della pandemia, e un dopo di nuovi bisognosi che chiedono soprattutto un sostegno economico per pagare i conti di casa.
Bisogni, come detto, facenti capo a categorie insospettabili e che provocano conseguenze anche sulla dimensione psicologica. Nessuno si aspettava che dopo la prima ondata ce ne sarebbero state altre di tale intensità e tanto prolungate nel tempo. I disagi, naturalmente, riguardano anche la provincia dove coinvolgono soprattutto famiglie numerose, mentre in città, secondo l’osservatorio fornito dalla Caritas, il problema riguarda nuclei di tre, massimo quattro persone, che ora per andare avanti chiedono l’aiuto dei genitori e dei nonni che magari percepiscono la pensione.
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