La causa dei crolli delle due palazzine ex Iacp di piazza Augusto Sagnotti ad Amatrice (Rieti), in seguito al terremoto del 24 agosto 2016, non va ricercata nel sisma, che non fu un evento “eccezionale” né ebbe “effetti eccezionali”, ma nelle concause umane. E’ quanto scrive il giudice, Carlo Sabatini, nelle oltre 500 pagine delle motivazioni della sentenza con cui l’8 settembre scorso ha condannato i 5 imputati del processo per i due crolli a complessivi 36 anni di carcere. Lo riporta Ansa.
La scossa delle 3.36, aggiunge il giudice del tribunale di Rieti, “certamente non può definirsi ‘eccezionale’ in base ai precedenti storici dell’area, né “eccezionale per energia liberata, per sua durata e per entità della sua fase piu’ distruttiva, per profondità dell’epicentro”. Il sisma, inoltre, non ebbe profili “di eccezionalità degli effetti, in ragione di direttività delle scosse, fenomeni di amplificazione locale” e “anche in riferimento agli studi di microzonazione intervenuti ex post”. Dunque quelle palazzine erano stato costruite male, come avevano già svelato le indagini e le perizie e, quindi, come ha sostenuto l’accusa. “I miei assistiti – commenta l’avvocato Wania Della Vigna, legale dei familiari delle vittime dei due crolli -, le 40 vittime (parti civili) che rappresento ora sanno perché il loro più stretti congiunti sono morti o hanno riportano lesioni, sotto il crollo delle due palazzine ex IACP a piazza Sagnotti in Amatrice, alle 3, 36, del 24 agosto 2016, in occasione del sisma. Hanno trovato la risposta allo sterminio delle loro famiglie nelle oltre 500 pagine di motivazioni della Sentenza. Ora sanno che ci furono concause umane, precisi profili di responsabilità nelle persone degli imputati, condannati per i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, crollo di edificio , disastro colposo”.
Nelle motivazioni, si legge ancora sull’Ansa, della sentenza sui crolli di piazza Sagnotti ad Amatrice (Rieti), il giudice indica, inoltre, che la causa dei crolli è da imputare anche “a difetti di esecuzione”, che riguardavano: la carente piegatura dei ferri, necessaria secondo le buone tecniche costruttive, la mancanza di uno dei ferri posizionati sul lato trasversale l’utilizzo di un cemento scadente, o comunque di qualità inferiore a quello di progetto”. E ancora: “l’istruttoria ha fatto emergere alcuni profili di risparmio diretto all’utilizzo di cemento di minore pregio e in quantità minore; l’impiego di ferri con caratteristiche non da progetto (da 10 e non da 16) e in misura minore (assenza del terzo ferro)”. Oltre alle responsabilità colpose del progettista, dell’esecutore lavori e della ditta esecutrice, il Giudice Sabatini rinviene che “ulteriori concause dell’evento sono state le reiterate omissioni nelle procedure di verifica delle opere, da parte dei pubblici funzionari” che, nell’ambito dei loro poteri, avevano il cosiddetto “potere impeditivo” quindi, avrebbero potuto e dovuto rilevare i difetti, quindi negare le autorizzazioni di loro competenza o finanche solo disporre degli approfondimenti”. C’è poi una frase che il giudice ripete “mettere a posto le carte”. Frase pronunciata in aula da alcuni imputati. Un’azione che doveva servire a “riavviare la procedura, con le citate palesi discrasie di date e normativa, soprattutto avallando l’idea ‘folle’ di una variante di edificio terminato e abitato da anni”. E ancora, scrive Sabatini nelle motivazioni: “il desiderio di ‘mettere a posto le carte’ per non esporre gli Enti stessi”, il Comune di Amatrice, l’Ater, ora condannati in solido con gli imputati a risarcire le vittime, “alle conseguenze delle pregresse anomalie che avevano accompagnato l’approvazione ed esecuzione delle opere, dunque per ottenere un adempimento solo apparente alle norme, a discapito della sicurezza pubblica”.
“Si tratta di una pronuncia che merita di essere riformata. Il Tribunale non ha valutato, infatti, molti dei dati scientifici che questa, e altre difese, avevano puntualmente sottoposto alla sua attenzione e che se adeguatamente apprezzati avrebbero sicuramente condotto all’assoluzione di tutti gli imputati”. E’ quanto afferma all’Ansa l’avvocato Mario Cicchetti, legale del Comune di Amatrice (Rieti), commentando le motivazioni del sentenza del processo per i crolli delle palazzine ex Iacp di piazza Augusto Sagnotti ad Amatrice in seguito al sisma del 2016 che vede tra i condannati a risarcire le vittime anche lo stesso ente. “Uno per tutti – aggiunge il legale -: il tema sull’eccezionalità del sisma avvenuto ad Amatrice il 24 agosto 2016 in relazione al quale, il Tribunale di prime cure, ha ritenuto di condividere le tanto ferme, quanto fragili e contraddittorie, conclusioni alle quali erano giunti i Consulenti della Procura che lo avevano definito come semplicemente forte ma non eccezionale. Fragilita’, queste, che erano state reiteratamente evidenziate da tutte le difese nel corso del dibattimento, anche attraverso la produzione del noto elaborato a firma del prof. Carlo Doglioni, Presidente dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) -ente terzo e imparziale, oltre che unico soggetto deputato a esprimersi sui fenomeni sismici- che, esaminando quanto avvenuto in quella piazza di Amatrice, ove sono crollate, tra le altre, le due palazzine ex iacp, aveva definito il sisma come eccezionale non solo per gli effetti c.d. “near source” che hanno sensibilmente influenzato i valori di scuotimento al sito e per l’ulteriore amplificazione addebitabile al terrazzo ove poggiava Amatrice ma, anche, per l’accelerazione del suolo che era stata registrata con una componente orizzontale fino a quattro volte maggiore rispetto a quella prevista dalla norma”. Contraddittorietà dei Consulenti della pubblica accusa, aggiunge l’avvocato Cicchetti, “emersa anche successivamente, allorquando, uno di questi, escusso in altro processo penale (c.d. del crollo del campanile di Accumoli) e chiamato a esprimersi sempre in merito al fenomeno tellurico e sugli effetti di amplificazione locale, lo ha letteralmente definito “una devastazione” in località Saletta (Amatrice) per poi, sostenere che ad Accumoli (ipocentro del sisma del 2016) non ha raggiunto un valore di eccezionalità e, quindi, concludere affermando che: “Forse su Amatrice si può anche discutere…”. Così mettendo nuovamente in discussione la tesi dai medesimi energicamente sostenuta e posta alla base della sentenza di condanna”. Dichiarazioni che secondo il legale “evidenziano la contraddittorietà delle tesi tecniche della pubblica accusa e, conseguentemente, come tale decisione possa e, anzi, meriti di essere riformata”.
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