Nota di Nome Officina Politica. La pubblichiamo integralmente.
In una precedente nota, NOME Officina Politica ha posto l’accento sulle responsabilità legate alla gestione idraulica del territorio. Ma il sistema idraulico può rappresentare anche una opportunità, che oggi non viene colta. Spieghiamo il perché.
La Regione Lazio incassa ingenti proventi dalla concessione delle dighe (20 euro per ogni kW di potenza nominale per annualità): già sarebbe interessante conoscere in quale misura tali introiti vengano re-investiti sul territorio, ma facciamo un passo in avanti.
Una norma contenuta nell’ultima manovra del governo Conte-I vuole che le concessioni sulle grandi derivazioni passino alle Regioni, le quali verificano l’eventuale sussistenza ad un diverso interesse pubblico all’uso delle acque, e provvedano, eventualmente, a rimetterle in gara almeno cinque anni prima dello scadere (per quanto ci riguarda, entro il 2024, data la scadenza del 2029 prevista nel cd. “Decreto Bersani”). L’affidamento può essere fatto ad operatori economici o a società a capitale misto pubblico-privato o mediante forme di partenariato pubblico-privato.
Dal punto di vista dell’impresa, essere “socialmente virtuosi” e “presenti sul territorio” vuol dire interagire per far comprendere il come e il perché? di alcune scelte, quale è il valore aggiunto che portano e, se possibile, anche coinvolgere direttamente la comunità nei progetti. Già la definizione del “tipo” di soggetto a cui affidare la concessione è una scelta politica cruciale.
Le Regioni erano tenute a disciplinare le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni entro il 31 ottobre 2020; pare che la Regione Lazio sia tra quelle che non hanno ancora provveduto ad emanare tali norme. Sicuramente non se ne ha traccia nella discussione politica pubblica.
Le Regioni che lo hanno fatto hanno prestato molta attenzione alla sostenibilità della gestione delle derivazioni, assicurando la compatibilità con la sicurezza dei territori e lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche e, cosa non trascurabile, una revisione sostanziosa degli importi e dei meccanismi di pagamento del canone, legati non solo alla potenza, ma anche ai ricavi economici generati dalla vendita dell’energia idro-elettrica prodotta.
Esistono esperienze virtuose in cui il coinvolgimento della popolazione locale è andato ben oltre la semplice informazione e in cui, ad esempio, i cittadini sono stati chiamati a far parte dell’impresa, tramite finanziamenti partecipativi basati su dei mini-bond, investendo una cifra remunerata a tassi molto vantaggiosi.
In altre occasioni, si è visto l’intervento in forma ancor più diretta in opere sul territorio: investimenti in strutture turistiche, corsi di formazione sul tema delle fonti rinnovabili, percorsi pedonali attraverso i parchi eolici, infrastrutture ludico-ricreative connesse agli impianti.
Nel Regno Unito ci sono esperienza in cui alcune comunità locali beneficiano di una forma di contribuzione (c.d. community benefit) in cui i fondi confluiscono in un fondo utilizzato per sostenere iniziative locali e lo sviluppo imprenditoriale della zona.
Ciò detto (e anche pensando al ruolo di altri player globali presenti sul territorio, come ACEA, ad esempio, che, ricordiamo, dalle acque del Peschiera genera anche una ragguardevole quantità di energia idroelettrica) la riflessione che NOME pone alla comunità ed alla politica di Rieti è se il ruolo di queste multiutility debba continuare a concretizzarsi, semplicemente, nel rispetto di un “disciplinare”, a cui corrisponde una relazione di mero sfruttamento del territorio.
Oppure, se sia necessario avviare e concretizzare rapporti ed interlocuzioni diversi, con tali player, che possano favorire lo sviluppo del territorio, ad esempio attraverso la crescita del settore industriale e manifatturiero di Rieti (pensiamo alla metalmeccanica, alle pompe dosatrici) e di quello turistico (pensiamo alla valorizzazione dei laghi e delle opere industriali storiche).
Sul tema turistico ed ambientale, una considerazione strettamente legata al tratto urbano del Velino. Il “test” di questi giorni dimostra che le aree adiacenti agli argini non hanno manifestato problematiche di particolare rilievo; l’utilizzo, anche stagionale, di tale risorsa per finalità pubbliche o per concessioni commerciali, non appare pericoloso. Il Comune dovrebbe farsi parte attiva per ribadire tali concetti e per programmare, insieme ad ARDIS e Regione Lazio, l’utilizzo di tali aree, nel rispetto dei caratteri ambientali e naturali, valorizzandone l’attrattività (come accade, del resto, in moltissime città in Italia e nel Mondo).
Per concludere, la Politica non ha solo il compito di mettersi in riva al fiume e riflettere; sarebbe opportuno che, oltre alle acque, scorressero anche le idee. Non è detto che le proposte illustrate da NOME siano le uniche, o le migliori, o le più praticabili. Ma è opportuno che siano prodotte, rese palesi, confrontate con altre che siano rese disponibili al dibattito pubblico e alla interlocuzione politica.
Foto: RietiLife ©