Foto: Francesco PATACCHIOLA ©
Dopo Greccio e Poggio Bustone, Francesco Artese chiude sotto gli Archi del Palazzo Papale di Rieti la sequenza dei luoghi simbolo della Valle Santa reatina. Per la quarta edizione de la Valle del Primo Presepe il maestro materano ha infatti realizzato in forma di opera monumentale i santuari francescani di Fonte Colombo e La Foresta.
In primo piano nell’opera sono visibili le scene che narrano due degli episodi salienti avvenuti sul Sinai francescano: a sinistra il Poverello detta la Regola a frate Leone, suo fidato compagno, sotto lo sguardo attento del frate giurista Bonizio. Il cuore della Regola è vivere il Vangelo di Cristo, in obbedienza, senza nulla di proprio e in casta; Sulla destra invece uno dei momenti più drammatici della vita del Santo: malato agli. occhi e quasi cieco, Francesco deve subire l’intervento delicatissimo e dolorosissimo della cauterizzazione. I frati scappano sconvolti quando il medico arroventa il ferro per posarlo sulle tempie di Francesco, ma frate focu ascoltando la preghiera del poverello non gli farà alcun male.
Ai lati, vicino allo sfondo, la cappella della Maddalena e la roccia dello Speco, fanno ala alla scena del miracolo dell’uva presso il santuario di Santa Maria de La Foresta. Dalle uve mangiate dalla gente e quasi del tutto calpestate, Francesco chiede al povero prete proprietario della vigna presso il quale era ospite, di non disperare e di raccogliere ciò che resta, per poi pigiarlo nella vasca, promettendogli inoltre una produzione di vino più abbondante degli anni precedenti. Al di là dell’esatta collocazione del miracolo, oggetto di un’accesa diatriba tra gli storici, ciò che conta è che dove c’è fede in Dio, il Vangelo diviene vita possibile, il fuoco si mostra amico e nell’abbondanza del vino si celebra la fraterna accoglienza. In questo tempo di pandemia, dove sperimentiamo il timore dello stare vicini, costretti ad un isolamento innaturale, possiamo riscoprire la bellezza di un Dio che non ci lascia in balia della paura e che nei momenti più drammatici non ci abbandona, donandoci la gioia della fede.