(di Chiara Pallocci – da RietiLife Free Press) Misurare la qualità della vita tra lockdown e quarantene. Dopo la classifica stilata da Italia Oggi, è la volta del consueto ranking realizzato da Il Sole24 Ore. Gli indicatori (90) riguardano la provincia e sono stati per la maggior parte aggiornati al 2020. Obiettivo: raccontare gli esiti della pandemia sui diversi territori anche grazie all’inserimento di un nuovo parametro, l’indice dei casi Covid rilevati ogni mille abitanti; un dato che ha pesato non poco sulla classifica finale, quasi il doppio degli altri parametri. A guidare la classifica c’è Bologna, Rieti occupa invece l’80° posto (37° nello studio di Italia Oggi, con un balzo di quaranta posizioni rispetto al 73° del 2019) guadagnando 8 posti rispetto al 2019, perdendone uno rispetto al 2018 e 52 negli ultimi 30 anni.
Nei macroindicatori, Rieti è 65° per ricchezza e consumi, 13° per giustizia e sicurezza, 19° per affari e lavoro, 80° per demografia e società, 102° per cultura e tempo libero, 97° per ambiente e servizi; non si investe abbastanza in riqualificazioni energetiche degli immobili, trasformazione digitale e si ha ancora poca attenzione per internet veloce, fondi europei per l’attrazione culturale, naturale e turistica, cinema, spettacoli. L’epidemia da coronavirus ha modificato molti dei comportamenti umani: il dilagare dei contagi nei centri lombardi, fiaccati nonostante i tanti servizi strutturati, ha rimesso in discussione – ma chissà per quanto – l’idea che la modernità non stia nelle aree interne o nei piccoli borghi, anche reatini, coinvolti dall’emorragia demografica degli ultimi decenni. La pandemia, per quanto devastante, potrà davvero suggerire un modello, sufficientemente credibile, alternativo a quello urbano? Dai dati si evince come siano proprio le aree interne a mancare, ancora, di quei servizi in grado di assicurare il giusto livello nella qualità della vita. La fuga dalle città è una nuova Arcadia alla quale si fatica a credere.
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