Ennesimo appuntamento con la confermatissima rubrica settimanale di RietiLife “Paese che vai” che, curata dalla nostra Martina Grillotti, punta a far conoscere, ai reatini e non, i nostri comuni. 73 bellezze tutte da scoprire, tra architettura, storia, gusto, appuntamenti. “Paese che vai” punta a creare un almanacco, un’agenda, che permetta a tutti di saperne di più dei nostri paesi, di scoprirli prima leggendo e poi visitandoli, in un weekend, in un giorno, per una vacanza lunga o corta, per un pranzo o una cena. Vi consiglieremo cosa visitare e gli eventi irrinunciabili cui è impossibile non partecipare. RietiLife è disponibile a integrazioni e segnalazioni, pronta ad ascoltare tutte le realtà del territorio. Scriveteci! [email protected]
(di Martina Grillotti) Ricostruzione è avere progetti da portare avanti e avere voglia di non perdere neanche un attimo di tempo per farlo. Oggi Amatrice di progetti ne ha tanti, scopriamoli, anche insieme al sindaco, in questo viaggio tra le bellezze del comune reatino più conosciuto in Italia.
DOVE SI TROVA? – Amatrice sorge al confine tra Lazio e Abruzzo a circa 955 metri sul livello del mare, il territorio del comune si articola in un altipiano centrale, collocato tra i 900 e i 1000 metri e le numerose frazioni che lo circondano. A partire dal 1991 Amatrice è stata inclusa nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
QUANDO NASCE? – La Conca di Amatrice, a quanto si apprende dai ritrovamenti archeologici su tutto il territorio, deve essere stata frequentata già dall’età protostorica. Il fatto di trovarsi lungo il tracciato della Via Salaria spiega come la conca fosse abitata continuativamente dall’epoca preromana. All’epoca romana risalgono resti di edifici e tombe rinvenute in diverse zone del territorio. Molte località e villaggi che fanno parte dell’attuale comune di Amatrice sono ricordati nel Regesto di Farfa per il periodo che va dalla metà dell’VIII secolo agli inizi del XII, e, tra essi, nel 1012, anche quello di Matrice, ricordato ancora nel 1037 nel diploma con cui l’imperatore Corrado II conferma al Vescovo di Ascoli i suoi possedimenti. Solo intorno al 1265, al tempo del re Manfredi di Svevia, Amatrice entra a far parte definitivamente del Regno di Napoli. Più volte la città di Amatrice si ribellò al dominio angioino a cui non voleva sottostare e nel 1271 e nel 1274 Carlo d’Angiò inviò degli eserciti per debellare la resistenza degli amatriciani e ridurre la città all’obbedienza. Nello stesso periodo si assistette alla formazione proprio con a capo Amatrice. In questo periodo l’influenza della città si estende su un territorio che va da Campotosto sino ai confini di Cittareale, ma anche su molti castelli e villaggi sul versante teramano. Nel corso del XIV e XV secolo Amatrice è in continua lotta con le città e i castelli circostanti, per questioni di confine e di prestigio. Sono rimasti famosi i conflitti con Norcia, Arquata, L’Aquila. Tradizionale alleata di Amatrice fu invece la città di Ascoli. Gli amatriciani presero parte, a fianco delle milizie comandate da Braccio Fortebraccio da Montone, al lungo assedio dell’Aquila e alla battaglia finale del giugno 1424, che segnò la sconfitta di Braccio morto sul campo. Durante i numerosi conflitti che si svilupparono tra gli angioini e gli aragonesi, per il possesso del Regno di Napoli, Amatrice sostenne sempre con forza gli aragonesi, tanto che il sovrano Ferdinando D’Aragona ricompensò la città, una volta sedata la rivolta dei Baroni del 1485, concedendole il privilegio di battere moneta con il motto “Fidelis Amatrix”. Tuttavia, nemmeno quarant’anni dopo, precisamente nel febbraio 1529, dopo un’eroica resistenza, Amatrice venne riconquistata e messa a ferro e fuoco da Filiberto di Chalon, generale di Carlo V. Per punire la ribellione, Carlo V diede lo Stato di Amatrice in feudo ad un suo capitano, Alessandro Vitelli. Successivamente, pur facendo parte sempre del Regno di Napoli, Amatrice, tra il 1582 e il 1692, passò sotto il dominio di un ramo degli Orsini e in seguito ai Medici di Firenze, che la conservarono fino al 1737. Il 7 ottobre 1639 i principi Orsini dovettero abbandonare la città che fu distrutta da un violento terremoto, la cui scossa ebbe la durata di un quarto d’ora e provocò circa 500 morti. Il successivo 14 ottobre vi fu una forte replica e per questo molti abitanti fuggirono nelle campagne, dove furono allestite delle tende, mentre altri cercarono rifugio nella chiesa di San Domenico. Gli abitanti di Leonessa, nella notte del 18 ottobre, approfittarono della confusione per trafugare e riportare nella città natale le spoglie di San Giuseppe da Leonessa, all’epoca conservate ad Amatrice (dove il santo era morto ventisette anni prima). Tra gli edifici distrutti o gravemente danneggiati vi furono il palazzo dei principi Orsini, i quali al momento del sisma si trovavano fuori città, il palazzo del Reggimento e la chiesa del Crocifisso. Vennero organizzati rosari e processioni per invocare la fine delle scosse sismiche. Vi furono gravi perdite anche del bestiame, che costrinsero la popolazione ad emigrare verso Roma ed Ascoli Piceno. Gli effetti del terremoto vennero minuziosamente descritti in una relazione pubblicata da Carlo Tiberi del 1639, successivamente riveduta ed aggiornata in una seconda edizione dello stesso anno.Nel 1759 il feudo amatriciano entrò a far parte dei domini personali del re di Napoli. Sul finire del XVIII secolo e per quasi tutto il secolo successivo, il territorio amatriciano, come buona parte della penisola, fu interessato dal fenomeno del “brigantaggio” a sfondo politico e sociale. Un ruolo importante nella storia del Risorgimento italiano lo ebbero anche i patrioti amatriciani, primi fra tutti Piersilvestro Leopardi, Don Giuseppe Minozzi e Don Nicola Rosei. Con l’Unità d’Italia Amatrice fu inserita nell’Abruzzo aquilano, e solo nel 1927, con la creazione della provincia di Rieti, la città entrò a far parte del Lazio.
NON È TUTTO PERDUTO: ECCO COSA VEDERE – Dopo il terremoto del 24 agosto 2016 gran parte del visitabile di Amatrice non esiste più, il centro storico con i suoi ristoranti e i suoi negozi e con il calore che accoglieva il turista ad ogni visita sono andati perduti ma Amatrice ha ancora tanto da offrire. Tutta la natura di cui il comune è circondato è la più grande forza degli amatriciani, dalla cascata delle barche in località Capricchia al lago di Scandarello sino all’eremo della croce a cui si arriva facilmente con una passeggiata a piedi. Amatrice è anche profumi e sapori, quelli che da sempre l’hanno resa famosa in tutto il mondo: in particolare quell’inconfondibile odore di spaghetti all’amatriciana ma anche della minestra di farro o degli gnocchi ricci al formaggio, che si respira ancora oggi fuori ai nuovi ristoranti del comune. E come perdersi lo splendido territorio del bellissimo Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. I boschi e le montagne di queste località si specchiano, proprio a pochi chilometri dalla cittadina, nel cosiddetto “Fiordo di Campotosto”, un lago artificiale, creato grazie all’azione di ben tre dighe, ma la cui forma sinuosa che si insinua tra le colline lo fa sembrare quasi un fiordo norvegese. Tanti fantastici motivi per tornare a vivere Amatrice da turisti.
TANTA VOGLIA DI RICOSTRUZIONE…DA DOVE PARTIRE? – Con il sindaco di Amatrice, Antonio Fontanella, abbiamo voluto parlare di cosa significa ricostruzione in questo territorio montano che ha tanto da offrire: “Noi sopravvivevamo con il flusso del turismo ‘solidale’ dopo il terremoto, di tutte quelle persone che arrivavano proprio con l’intento di dare sostegno all’economia locale, il Covid ci ha portato via anche questo e speriamo di tornare presto alla normalità perché per noi è veramente fondamentale”. E così si sofferma a riflettere anche sull’economia: “In questo momento le seconde case non ci sono più e se prima del terremoto le seconde case riempivano il paese, portavano tante persone, ora questo non può più accadere: nel mese di agosto e in generale durante l’estate le attività che avevamo facevano un terzo del fatturato di tutto l’anno e questo basta ad immaginare quanto fosse importante tutto il patrimonio delle seconde case”. E dunque il pensiero va immediatamente a cosa rilanciare perché il comune possa ripartire dopo la pandemia: “Sicuramente il turismo era uno dei settori su cui abbiamo sempre puntato e su cui ci potevamo permettere di puntare, l’altro settore è quello dello sviluppo delle attività produttive legate alla produzione del territorio che è quella dell’agroalimentare e quindi in questa direzione è stata acquistata un’area che era l’ex stabilimento Fiorucci e che servirà a riportare posti di lavoro e a rendere la nostra terra appetibile affinché le famiglie possano tornare ad abitarla, il settore dell’alimentare e dei nostri sapori del territorio è un settore su cui da dopo il terremoto sta crescendo sempre di più l’interesse. Sono convinto che per ricostruire la comunità e l’aspetto sociale del comune sia necessario creare lavoro, altrimenti il tempo di recupero sarebbe davvero troppo lungo”. Il sindaco ha poi voluto pensare alla cultura, agli eventi e a tutto ciò che non deve andare perduto: “Prima della pandemia avevamo intrapreso una serie di iniziative, sia come eventi, quelli storici, dalla Sagra dell’Amatriciana alla Festa della Primavera e sino alla Festa dell’Autunno, sia sul lato culturale di ristrutturazione e ricostruzione. Ora stiamo lavorando sul recupero delle opere più importanti, che erano anche un elemento di attrazione, che si trovavano nel Museo Civico. Il caso ha voluto che il terremoto abbia si distrutto tutto ma questa ex chiesa ristrutturata in cui era stato collocato il museo abbia in parte resistito e quasi tutte le opere sono state quindi recuperate e portate a Cittaducale. Ora sono in via di restauro e man mano che vengono restaurate vorremmo riportarle qui e per farlo l’attore Enrico Brignano ci aveva donato una struttura che sarà adibita a museo temporaneo e a questo progetto si è aggiunta l’istallazione del Consorzio Finestra Italiana che proprio ieri ci ha donato tutti gli infissi per rendere sicura la struttura in modo che le opere possano essere lì collocate. Le prime opere che torneranno nel territorio saranno La Sacra Famiglia di Cola Filotesio di Amatrice e il Reliquario del Vannini che era il Reliquario in cui veniva custodita l’immagine della Madonna di Filetta che è la patrona di Amatrice. Altro progetto che è andato a buon fine è stata l’idea di adattare un’altra struttura che si trova vicino Torrita per fare un Museo archeologico”. Insomma, gli amatriciani non si sono persi d’animo e vogliono rivedere la propria terra rifiorire, per questo tanti progetti e tanta voglia di portarli avanti, fino in fondo, per recuperare tutto quello che Amatrice è sempre stata: terra di storia, di calore e accoglienza, di cultura e di sapori gustosissimi.