Agriturismi fortemente penalizzati dalla chiusura serale e delle restrizioni imposte dal Dpcm, che rendono ancora più difficile la faticosa ripartenza delle aziende dopo il primo lockdown di primavera che ha azzerato le presenze dei turisti in campagna. Molte aziende del Lazio non sono in grado di sostenere le limitazioni previste per far fronte alla pandemia, a causa del calo del fatturato registrato dal settore e delle spese che gli agriturismi hanno dovuto sostenere per rispettare le normative antiCovid in merito alle sanificazioni degli ambienti e all’adeguamento degli spazi. Le attività di ristorazione sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 e questo ha già determinato un calo del 50 per cento delle presenze, anche se permane la possibilità della consegna a domicilio e la ristorazione con asporto fino alle 22.
“Quello che non si prende in considerazione – dice Cristina Scappaticci, già responsabile di Terranostra Lazio, ora nella Giunta esecutiva, e a capo di un’azienda agricola ad Arpino- è che la maggior parte degli agriturismi si trova lontano dai centri urbani e la pausa pranzo non è sufficiente a coprire i costi. Stiamo lavorando molto per incrementare le consegne a domicilio, in cui registriamo una crescita della domanda. Questo ci consente di continuare a diffondere la cultura dei nostri territori e di tramandare le ricette tipiche locali portandole direttamente nelle case dei nostri clienti”.
Nel Lazio sono circa 1300 gli agriturismi e 15 mila i posti letto. Strutture che durante il lockdown sono rimaste chiuse a causa delle restrizioni imposte per contenere i contagi, ma che hanno determinato un calo del fatturato di oltre l’80 per cento. Una lievissima ripresa è stata registrata durante il periodo estivo, quando con la riresa delle cerimoni, che erano state bloccate. Le strutture hanno avuto un leggero aumento presenze solo ad agosto, che comunque non è andato oltre il 10 per cento, grazie alle prenotazioni di soggiorni prolungati di tre o quattro giorni e ad una maggiore affluenza di turisti italiani. Netto calo dei turisti stranieri, con presenze quasi azzerate, che per alcune strutture rappresentano la maggioranza degli ospiti degli agriturismi.
“Le prenotazione sono nuovamente diminuite – conclude Scappaticci – in maniera drastica, soprattutto nelle ultime due settimane. Pesa l’assenza di cerimoni e la possibilità di andare a cena fuori. A pranzo le prenotazioni sono in calo anche nel fine settimana, oltre che nei giorni lavoratici, anche a causa del potenziamento dello smart working che taglia i clienti. Una situazione che rischia di mettere in ginocchio migliaia di aziende, che a fatica stanno cercando di risollevarsi dal crollo del fatturato determinato dal primo lockdown. Numerose sono state le spese che anche gli agriturismi hanno dovuto affrontare per mettersi in regola con le nuove normative anticovid, creare nuovi spazi e procedere alle sanificazioni”.
Servono dunque interventi urgenti. “Siamo davanti ad una situazione di emergenza – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – e non possiamo permetterci di aggravare ulteriormente questa crisi a causa delle lentezze della burocrazia. Le aziende hanno necessità di aiuti e ristori immediati per continuare a mantenere aperte le proprie attività, che rappresentano un modello di turismo sostenibile grazie ai primati nazionali sul piano ambientale ed enogastronomico.La posizione degli agriturismi, poi, spesso situati in zone isolate della campagna e in strutture familiari, con un numero contenuto di posti letto e a tavola, ma anche ampi spazi all’aperto, rappresentano luoghi sicuri in cui è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio”.
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