“Nei giorni scorsi ho letto un po’ di dichiarazioni di esponenti del Comune di Rieti a proposito dell’ex Istituto Strampelli a Campomoro. Mi pare utile ripercorrere tutte le varie tappe, come piccolo atto di trasparenza e informazione nei confronti della cittadinanza, anche alla luce delle baldanzose intenzioni manifestate di recente dal Comune di Rieti e fare al Sindaco qualche domanda. Leggo infatti che l’amministrazione attuale vorrebbe farci un museo, e non ho potuto non pensare: ma davvero? Con quali soldi? E soprattutto, facendolo vivere come, questo museo? Non è che ci facciamo un museo per scoprire solo dopo che nessuno ci va?” ha detto l’Onorevole Fusacchia.
LA STORIA – Già nel 2015, quando il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca stanziò risorse ingenti (1,5 milioni di euro) da destinare all’ex Istituto Strampelli, immaginammo — al tempo ero capo di gabinetto — che ci si potesse eventualmente fare anche un museo, ma ragionammo che dovesse anzitutto servire da luogo di studio e ricerca collegati allo sviluppo del territorio (filiera dell’olio). Fu del resto a queste condizioni che il CREA e l’università della Tuscia decisero di metterci altre risorse fino ad arrivare complessivamente ad un progetto di recupero e valorizzazione della Regia Stazione di Granicoltura che valeva 3 milioni di euro.
“Sappiamo a grandi linee cosa è successo in questo quinquennio: il terremoto, la dichiarazione di inagibilità dell’immobile, e da allora — sostanzialmente — un rimpallo lento di responsabilità con nessuno che se n’è più occupato veramente. Per fortuna, i fondi del Ministero sono rimasti al Ministero e siamo riusciti ad evitare che venissero dirottati altrove, lontano da Rieti: di recente la Tuscia è subentrata al CREA, che ha dimostrato negli anni di non avere un interesse reale per lo Strampelli (e ha conosciuto anche qualche vicissitudine interna che ne ha ulteriormente distratto l’attenzione), per portare avanti quel progetto di ricerca ma chiaramente rimodulandolo (considerato lo stallo sui locali dichiarati inagibili), tant’è che ha di recente stipulato un accordo per partire presso i locali del Consorzio industriale, in attesa di soluzioni definitive e di capire che fine avrebbe fatto la Regia Stazione di Campomoro” ha detto Fusacchia.
Per continuare: “Ma vediamo nel dettaglio che cosa (non) è successo a questa Stazione. Il Demanio, tra il dicembre 2016 e la primavera 2017, dopo che l’ex Istituto Strampelli era stato dichiarato inagibile dal Comune di Rieti a seguito del sisma, invita il CREA ad attivarsi per eliminare il pericolo e per mettere in sicurezza l’immobile. Il CREA all’inizio dichiara (fine marzo 2017) di aver iniziato le attività ma dopo un anno e mezzo — a fine 2018 — manifesta la sua vera intenzione: quella di restituire gli immobili in suo possesso al Demanio. In questa occasione rende anche noto che una somma di quasi 320 mila euro sono a disposizione come copertura assicurativa per i danni subiti col terremoto, e dichiara di aver avviato la pratica per far liquidare questa somma al Comune di Rieti, che si è nel frattempo reso disponibile ad operare come stazione appaltante delle opere di messa in sicurezza e rifunzionalizzazione”.
E ancora: “Ricorderete che un po’ di tempo fa il Comune aveva fatto sapere di avere lui i soldi dell’assicurazione. Ecco perché: non c’entra la proprietà dell’immobile, c’entra questa disponibilità a fungere da stazione appaltante. Per il Demanio la ripresa in consegna chiesta dal CREA può anche andare bene, a condizione che avvenga per il tramite del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, cui l’intero compendio è assegnato da decenni in uso governativo, così poi da trasferire tutto al Comune di Rieti. Tra maggio e giugno del 2019 c’è anche uno scambio tra CREA e Comune di Rieti. Il CREA chiede riscontro sulle attività di ristrutturazione dell’ex Istituto Strampelli e fa sapere di aver eseguito lavori di pulizia e di aver attivato misure di custodia e controllo dell’immobile, dopo che soggetti non autorizzati si sono introdotti all’interno dei locali”.
A fine ottobre 2019 il Comune di Rieti sollecita il CREA a versargli la somma percepita dall’assicurazione ma tutto si blocca e resta in stallo, perché il CREA deve prima riconsegnare l’immobile al Ministero affinché si possa procedere successivamente con una riassegnazione. Questa richiesta parte infine a marzo di quest’anno, quando ormai siamo alle prese con la pandemia, e tutto si blocca di nuovo. Risultato: l’immobile versa oggi in condizioni di degrado. Il CREA può cedere direttamente i fabbricati di sua proprietà al Comune, mentre le aree dello Stato devono passare attraverso una consegna dal Ministero al Demanio e successiva eventuale cessione al Comune. Ad oggi però il Demanio non può riprendere quanto di sua proprietà dato il degrado delle aree.
“E ADESSO?” – “Alla luce di tutto questo, abbiamo alcune certezze e un grosso dubbio. Le certezze: il CREA non ha più interesse per lo Strampelli: bene che lo ceda; L’Università della Tuscia, che era parte del progetto di recupero iniziale e aveva mostrato affidabilità e interesse dall’inizio, non è stata neppure invitata agli incontri successivi, nonostante con fondi propri, del CREA e del Ministero dell’Università e della Ricerca avesse a suo tempo proposto un progetto di recupero dell’antica Regia Stazione di Granicoltura. Il progetto di ricerca Strampelli co-finanziato dal Miur partirà e presto, ma altrove. Bene, ma non benissimo. Perché c’è il rischio che non contribuisca più anche al recupero dei locali e del sito originario della Regia Stazione di Granicoltura, che ha un valore storico immenso” ha detto Fusacchia.
“Il grosso dubbio: Quanto sopra, in particolare l’ultimo punto, non costituirebbe un problema, se davvero il Comune fosse in grado di recuperare e far rivivere l’ex Istituto Strampelli, che non vuol dire solo trovare i soldi per rimetterlo a posto — e dubito in ogni caso che i 320 mila euro dell’assicurazione bastino per rimetterlo in sicurezza e ristrutturarlo, dato che già prima del terremoto i costi per recuperare gli immobili erano più alti (o pensiamo di recuperare l’immobile principale e tenere in stato di totale abbandono la serra che fu di Nazareno Strampelli?). Ma diciamo: ammesso pure che bastino, su quali risorse il Comune pensa a quel punto di poter contare per farci un museo? Soprattutto, con quale visione, ambizione, strategia e capacità di innovazione pensa di attrarre visitatori e organizzarci attività di vario tipo che lo rendano un museo moderno, e non un museo che nasce vecchio?” ha continuato Fusacchia.
Per concludere: “I dati più aggiornati a disposizione ci dicono che il museo civico di Rieti è stato visitato nel 2018 da 1.431 persone, meno di 4 al giorno! Un dato storico, non certo imputabile ad una singola amministrazione. Ma su cui sospetto non avremo chissà quali dati migliori quando usciranno quelli relativi al 2019 e al 2020. Si tratta di un tremendo record negativo che mette Rieti alle ultimissime posizioni in Italia tra i capoluoghi di provincia. Se il Comune non è stato in passato, né mi pare in grado adesso, di potenziare, rivitalizzare e trasformare ciò che già ha ed esiste, che rassicurazioni ci offre, al di là delle buone intenzioni, sul fatto che il recupero dell’immobile dove Nazareno Strampelli cambiò per sempre la storia dell’agricoltura mondiale avrà un esito felice?”.
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