“Ad un giorno dalla commemorazione delle vittime del terremoto di Amatrice, per i familiari delle quali ieri ritenevo doveroso astenermi da qualsiasi polemica e rispettare un religioso silenzio, vorrei fare oggi delle riflessioni a freddo sulle considerazioni che si possono leggere ciclicamente nello stream dei social media (la “Vox Populi” di Facebook), alcune delle quali elevate al rango di ‘Vox Dei’ che assumono per questo il carattere di verità scolpita su pietra. Vorrei contribuire al dibattito serenamente articolando un ragionamento su questo”: lo dice Gabriele Lorenzoni, deputato M5S.
“La ricostruzione procede molto lentamente, e questo è un dato di fatto. I cittadini non vedono risultati tangibili e sono giustamente arrabbiati. Lo stesso Presidente del Consiglio che viene accusato di fare ripetute “passerelle” nei luoghi martoriati dal sisma sarebbe probabilmente stato accusato di essere indifferente e irrispettoso nei confronti dei familiari delle vittime nel giorno dell’anniversario della tragedia, se avesse evitato luoghi dove la tensione ed il malcontento generale avrebbero potuto compromettere la sua immagine. Il Ponte di Genova è lì, ricostruito, simbolo di un’Italia operosa che prende di petto i problemi e li risolve a dispetto della burocrazia: molti dei borghi dell’Appennino Centrale ancora in macerie sono invece la fotografia di cosa sia la burocrazia e l’indifferenza di uno Stato che non funziona, di territori lasciati ai margini dei rispettivi governi regionali e strumentalizzati solo per opportunità politiche ed elettorali da ambo le parti. Penso anche all’ex commissario il cui operato, sebbene inizialmente modesto, era comunque bersaglio continuo di fazioni politiche eterogenee, a più livelli istituzionali, che speravano in un suo fallimento. Il modello adottato per la ricostruzione del Centro Italia era sbagliato sin dall’inizio ed è noto che quando un progetto è pensato male a monte, occorre molto più tempo e molto più sforzo economico ed intellettuale per cambiarne l’esecuzione a regime. Il modello Genova adottato dal Governo per il ponte autostradale è stato invece da subito quello giusto e i risultati si vedono. Ma è corretto paragonare la ricostruzione di una singola opera infrastrutturale, in una sola città, in una sola Regione, con la complessità di decine di borghi, in quattro regioni diverse, spesso alle pendici di montagne, costruiti in secoli di storia? Sicuramente è facile ed è anche l’argomento più battuto che una parte politica rancorosa utilizza in continuazione per generare quei sentimenti negativi che alimentano la rabbia (ed il consenso) in territori che sicuramente aspettano risposte. La stessa politica che, per far parlare di sé, si chiede se si nota di più partecipare alla santa messa di commemorazione o lasciare una sedia vuota” dice Lorenzoni.
“Il centro storico di L’Aquila in 11 anni di ricostruzione, per quanto sia un capoluogo di Regione e una città universitaria piena di fermento, per certi versi è ancora un set cinematografico, dove ci sono vie interdette all’accesso dei cittadini, lasciate al buio la notte, che un tempo erano piene di vita. Con il tempo queste vie, queste piazze riaprono, interi complessi di palazzi storici sono ancora in fase di progettazione o con i cantieri in corso, perché per ricostruire come era prima servono competenze ed un’idea di “città del futuro” pensata con criterio, perché rimarrà per le future generazioni degli abitanti del posto. Per buttare giù e costruire ex novo, anche in quartieri completamente scollegati dal contesto urbano (come anche a L’Aquila è stato fatto per le esigenze abitative della città) basta veramente poco, anzi spesso è la cosa più redditizia in termini di speculazione edilizia e di consenso. D’altra parte non era pensabile di costruire in queste zone dall’alto valore naturalistico e paesaggistico delle palazzine in stile New Town (che a distanza di anni nel capoluogo abruzzese fanno notare tutti i propri limiti in termini di realizzazione) che avrebbero sfregiato il territorio. Nessuno vuole però nascondere il pasticcio sulle forniture delle casette SAE che è stato evidente e macroscopico da parte della Protezione Civile, mentre i soldi degli SMS sono andati a finire clamorosamente (e in spregio ai donatori e ai cittadini dei territori veramente colpiti dal sisma) per la ricostruzione di edifici pubblici in comuni della Sabina confinanti con la provincia di Viterbo che non c’entrano nulla, ma di questo di certo il governo attuale non ha nessuna colpa. I risultati tangibili non sono ancora visibili ancora dai cittadini nelle norme di semplificazione che sono state scritte negli ultimi mesi per la ricostruzione, ma ci sono, come riconosciuto anche dal Sindaco che rappresenta la Comunità Amatriciana. Così come siamo al lavoro, e auspico che in questo la Regione Lazio possa avere una marcia in più e riscattarsi per quanto finora potenzialmente avrebbe potuto fare e non ha fatto, per i progetti che sono in via di redazione per questi territori, in considerazione dei Piani per la Ripresa post-pandemia e che ci fanno guardare al futuro con una speranza in più e concrete prospettive di sviluppo” conclude Lorenzoni.
Foto: RietiLife ©
A L’Aquila furono costruite centinaia di CASE in 3 mesi, in una città di decine di migliaia di abitanti.
Qua ad Amatrice, dopo 4 anni, ancora il nulla totale. Ci sono frazioni ancora con le macerie in piazza. VERGOGNA.
Ci vorrebbe Trancassini a fare il Commissario, lui sì che sa quali sono i problemi dei piccoli comuni