Un intenso e commovente omaggio a Ennio Moricone ha aperto la serata di venerdì a Largo San Giorgio, l’ultima della rassegna estiva della Fondazione Varrone: sulle note di C’era una volta in America – quelle del concerto reatino dell’Orchestra Roma Sinfonietta, del dicembre 2006 – sono passati i momenti più belli di questo luglio, dallo spettacolo allestito all’Alcim per gli ospiti di una delle case di riposo più colpite dalla pandemia ai giochi di luce e di voci del TeatroPotlach sui lunghi palazzi Ater di via Salaria per l’Aquila, dal Mistero Buffo riproposto da Elisa Pistis al reading di Paolo Giommarelli, dal concerto di Raffaello Simeoni nel grande cortile di Molino della Salce a quello del Circo Diatonico sotto le finestre verdi del caseggiato di via Pollastrini, dai canti popolari riscoperti da Susanna Buffa e Ludovica Valori fino all’ultimo monologo di Paolo Fosso per la tanta gente affacciata ai balconi di via Amelotti.
In coda le parole – crude ma vere – pronunciate da Morricone quella sera a Rieti: “Ai musicisti direi di studiare e studiare, anche se non basta perché l’Italia non è un Paese dove si può vivere con la musica”.
Ma dopo lo shock della pandemia vissuto in primavera, musica e teatro dal vivo sono tornate ad essere quasi una necessità vitale, come nei mesi scorsi lo erano stati gli aiuti alla sanità, alle scuole, al volontariato – ha detto il presidente della Fondazione Antonio D’Onofrio – e non solo a Largo San Giorgio ma anche nei cortili di quei caseggiati di periferia dove c’è maggiore sofferenza. “Adesso però si apre un’altra fase: sappiamo già che l’autunno sarà durissimo per tanti ma al di là di come la si pensi politicamente per la prima volta l’Europa si prepara a socializzare il debito e ad aiutare davvero l’Italia. I soldi arriveranno, e tanti: starà a noi fare in modo di spenderli e spenderli bene, per rinnovare il Paese in modo tale che nessuno resti indietro. E per farlo, nel Paese come qui, l’unico modo è farlo insieme, pensando a ciò che serve al territorio e costruirlo insieme”.
Poi la scena è stata tutta per Nathalie Mentha, in un’interpretazione intensa e appassionata di Edith Piaf, una vita segnata da mille rovesci e da amori inseguiti e mai agguantati ma non per questo meno degna di essere vissuta. Applausi e fiori per lei, e un rinnovato grazie dal vice presidente Roberto Lorenzetti ai tre direttori della rassegna, Pino Di Buduo, Paolo Fosso e Raffaello Simeoni. “Più di semplici collaboratori, dei veri amici con cui pensare e programmare eventi è un piacere”.
Ora pausa d’agosto e a settembre si riparte e si riparte da Amatrice, con la presentazione del libro della Fondazione sull’arte sacra scampata al sisma e con uno spettacolo del Potlach in vista dell’apertura, a dicembre, della mostra delle opere d’arte dei due paesi distrutti dal terremoto del 2016. “Il nostro è uno strano Paese, dove emergenza scaccia emergenza – ha detto Lorenzetti – ma per noi ora è fondamentale tornare ad occuparci di Amatrice. Le opere d’arte sono un trait d’union formidabile tra quello che è stato e che non c’è più e un futuro tutto da costruire: riportarle all’attenzione del grande pubblico come l’intero tema della ricostruzione sarà l’impegno della Fondazione dei prossimi mesi”.