Via libera dell’Unione Europea alle etichette Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello. Una novità importante che mette fine alle speculazioni. Più di 8 italiani su 10 (82%), con l’emergenza coronavirus sugli scaffali, preferisce prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixe’, divulgata in occasione della diffusione dei dati Istat sul commercio al dettaglio a maggio, che evidenziano in valore un calo del 10,5%, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente ed un aumento del 24,3% rispetto ad aprile.
“Il decreto sull’obbligo dell’etichetta Made in Italy – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – consentirà di smascherare l’inganno della carne straniera, spacciata per italiana. Un provvedimento in grado di garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani, che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat e allo stesso tempo di sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali, messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi”. Nelle scorse settimane era stata sempre la Coldiretti a lanciare l’allarme per l’invasione di cosce straniere dall’estero, per una quantità media di 4,7 milioni, che ogni mese arrivano in Italia. Prodotti importati, che poi vengono utilizzati per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.
“Una situazione che non è più sostenibile – aggiunge Granieri – e che sta mettendo a rischio la prestigiosa norcineria italiana, a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti nel nostro Paese. Oltre agli allevamenti di suini sul territorio nazionale, già vessati dalla crisi economica determinata dall’emergenza sanitaria e costretti a fare i conti anche con il calo delle quotazioni dei maiali, che si sono quasi dimezzate dall’inizio della pandemia, fino ad arrivare a poco più di 1 euro al chilo”. Crescono, invece, le spese per l’alimentazione degli animali, dal mais alla soia, che hanno registrato rincari fino al 26%.
“L’appello è quello di comprare Made in Lazio – conclude Granieri -. I consumatori devono pretendere da supermercati e grande distribuzione, la presenza sugli scaffali di prodotti locali e hanno tutto il diritto di conoscerne la provenienza”.
E’ attualmente in vigore, grazie al pressing della Coldiretti, l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 26 febbraio 2018 del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria su conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 era entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso. Ma prima erano stati raggiunti già diversi traguardi: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.
Foto: RietiLife ©