Si stima che il crack causato all’olio d’oliva Made in Italy ?dall’emergenza sanitaria Covid-19, sia di 2 miliardi di euro. A pesare sul comparto è stato soprattutto il blocco del canale della ristorazione con la chiusura forzata di bar, ristoranti e agriturismi, ancora alle prese con una difficile ripartenza. A tutto questo si aggiungono gli ostacoli alle esportazioni e dell’azzeramento delle presenze turistiche, dove l’extravergine è tra i prodotti della filiera corta più acquistati dai vacanzieri.
E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti diffusa in occasione dell’assemblea di Unaprol, la principale organizzazione di aziende olivicole, che oggi ha riconfermato all’unanimità presidente per ulteriori tre anni, David Granieri, che ricopre tale carica dal 2014 ed è attualmente vice presidente nazionale e presidente di Coldiretti Lazio.
“Un impatto devastante a livello economico, occupazionale e ambientale per una filiera che conta oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia – spiega il presidente David Granieri – ma anche il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (43 DOP e 4 IGP), con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo. Tra le varie azioni per superare il crack causato dall’emergenza sanitaria, c’è sicuramente il riconoscimento IGP Roma, che consentirebbe la valorizzazione di un prodotto territoriale e favorirebbe l’esportazione. I disciplinari, invece, sono fermi sui Tavoli ministeriali da troppo tempo”.
Ad incidere sulle imprese olivicole italiane è anche il crollo del 44% dei prezzi pagati ai produttori, scesi a valori minimi che non si registravano dal 2014. Un trend causato dalla presenza sul mercato mondiale di abbondanti scorte di olio “vecchio” spagnolo, spesso pronto a essere spacciato come italiano. Questo accade a causa della mancanza di trasparenza sul prodotto in commercio, nonostante sia obbligatorio indicare l’origine per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. E sempre a causa dell’emergenza sanitaria si registra una disdetta di oltre l’80% delle commesse, sia nazionali che estere, per le eccellenze di olio Dop, Igp, Doc e Docg.
“Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati – aggiunge Granieri – è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”, obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile tanto che i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente”.
Il risultato è un danno economico e d’immagine grave per l’Uliveto Italia – denuncia Coldiretti – che, unito agli effetti del coronavirus, rischia di rovinare i buoni risultati ottenuti a livello produttivo, grazie a una quantità di 365 milioni di litri, più che raddoppiata rispetto alla disastrosa annata precedente, seppur ancora sotto la media del decennio. Numerose aziende olivicole Laziali, inoltre, stanno procedendo con il reimpianto degli oliveti, resi improduttivi dalle gelate del 2018, che hanno danneggiato il sistema olivicolo regionale, con ulteriori costi aggiuntivi che devono sostenere in un momento già delicato, come è quello attuale. In merito Coldiretti Lazio ha già chiesto alla Regione una sburocratizzazione per rilanciare il settore.
A trainare la produzione Made in Italy, sono state soprattutto le regioni del Sud, dove il raccolto è in qualche caso addirittura triplicato. Un incremento peraltro in controtendenza rispetto al dato mondiale in calo del 5%.
Coldiretti ha elaborato un piano salva ulivi per far ripartire il settore con un pacchetto di misure straordinarie a sostegno delle imprese agricole e frantoi, che operano in filiera corta, quelle oggi maggiormente a rischio, con lo sblocco immediato delle risorse già stanziate per l’ammodernamento della filiera olivicola, anche attraverso la semplificazione delle procedure.
“Servono poi – conclude Granieri – meccanismi di flessibilità per la certificazione delle produzioni di qualità a partire da Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione di origine protetta), biologiche e Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata), anche attraverso finanzianti specifici. Una misura importante per l’Uliveto Italia, ma anche per la salute dei cittadini l’acquisto di extravergine italiano al 100% da destinare alle famiglie più bisognose. Nell’immediato vanno poi assicurati sostegno a fondo perduto per le imprese produttrici di olio 100% tricolore per compensare la riduzione delle vendite e un aiuto integrativo per gli olii certificati Dop e Igp in giacenza, sfusi o confezionati non venduti alla data del Dpcm dell’11 marzo. Ma serve anche sostenere con massicci investimenti pubblici e privati la ripresa delle esportazioni con un piano straordinario di comunicazione sull’olio”.
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