Partito alla fine di marzo, “Il coraggio della speranza” è il progetto nato dall’idea della delegata Obiettivo 4 (Diritto Internazionale Umanitario) della Croce Rossa di Rieti, Maria Rita Bianchetti, consigliere qualificato DIU e Cultore della storia della Croce Rossa. Un appuntamento settimanale – pubblicato ogni sabato sulla nostra pagina Facebook e sulla rivista nazionale online “Caffè Dunant”, diretto dalla dottoressa Mariagrazia Baccolo – dedicato a tutti i volontari, ma non solo, che attraverso la lettura di frammenti accuratamente selezionati possono riscoprire i valori e quindi il vero spirito di chi sceglie di appartenere alla Croce Rossa.
“L’idea – spiega Bianchetti – è arrivata in un momento di sconforto quando ho percepito la paura, umana e legittima, anche da parte dei volontari di Croce Rossa da sempre abituati all’emergenza. Ripeto una paura legittima anche perché ci si trova difronte ad una realtà estremamente diversa, ancora troppo lontana da una chiara e lucida definizione. Accendendo il computer mi sono ritrovata davanti la foto del professor Paolo Vanni, storico della medicina e delle origini del Movimento Internazionale. E’ morto un anno fa ed io sono stata una sua allieva. Guardandolo negli occhi, quelli che mi hanno sempre dato conforto e supporto, la mia voce interiore mi ha suggerito ciò che Paolo avrebbe fatto in questo momento: attingere alla memoria storica”.
“Normalmente, ogni settimana, lavoro all’archivio storico del Comitato di Rieti – continua la delegata dell’Obiettivo 4 – . E mi è tornato alla mente che i documenti sono una tangibile dimostrazione della mole di lavoro fatto dai colleghi che ci hanno preceduto, soprattutto dal Corpo militare e dalle infermiere volontarie. Durante il Fascismo, per esempio, con l’emergenza della tubercolosi, della malaria o anche di una piccola epidemia di tifo registrata nella Bassa Sabina nel corso della seconda guerra mondiale. Quindi non sono mancate le emergenze nelle quali è stata messa a dura prova la paura e il coraggio di affrontarla da parte dei nostri volontari. Noi di Croce Rossa veniamo dai campi di battaglia. Non è semplice per un soccorritore andarsi a prendere una raffica di mitra mentre sta facendo il suo dovere! Oggi non siamo di fronte a scenari che hanno un volto ma a qualcosa che non vedi e, forse, è una condizione ancor più difficile da digerire. E allora ho pensato di “riprendere” il nostro passato soprattutto attraverso le “Memorie” di Henry Dunant, quelle che oggi più che mai hanno bisogno di uscire dalle pagine per essere ascoltate e interiorizzate”.
E così Maria Rita Bianchetti ha iniziato a selezionare alcuni passi facendo un estratto di ogni capitolo del libro. Frammenti attinenti alla situazione attuale. “La cosa particolare – continua la delegata DIU – l’ho rintracciata nel quattordicesimo capitolo quando Dunant spiega che prima o poi le guerre sarebbero cessate (ricordiamo che il Diritto Internazionale Umanitario trae origine dagli orrori vissuti dagli eserciti, fatti di uomini, sul campo di battaglia di Solferino, nel 1859, attraverso la testimonianza di Dunant che, come semplice uomo di affari, si ritrovò a dare soccorso senza risorse e strumenti adeguati) e che la vittima di un emergenza di diverso tipo (“del mare, della terra ferma, dell’aria”) avrebbe dovuto avere lo stesso diritto di cura e assistenza di un soldato ferito.
Quindi lui aveva già previsto tutto questo e nei suoi scritti c’è sempre un invito a trovare la forza del coraggio. Ma, oltre agli orrori della guerra o delle devastazioni naturali, il suo sguardo si rivolge anche alla miseria dei popoli, miseria che ha vissuto sulla pelle negli ultimi anni della sua vita trascorsa tra sconforto, malattia e fame. Tuttavia nelle sue parole non c’è mai resa e rimane viva la volontà di andare avanti, oltrepassando ogni ostacolo. Un aspetto, quest’ultimo, che ci riguarda pensando alla precarietà di un lavoro che fatica a ripartire o che per molti non c’è più. Le Memorie sono un contenitore dove prendere il coraggio per affrontare la paura. E quindi ho pensato di comporre queste pillole che saranno per chi vorrà leggerle. Liberamente. Ma ho anche preso altri testi come quello di Seneca sulla gratitudine, l’alto ‘bene’ che appaga sia chi lo prova che chi lo riceve. L’idea, dunque, è quella di andare a rivedere la storia, l’antico, quello che probabilmente non avevamo tempo di leggere perché sempre troppo di corsa”.
Perché “Il coraggio della speranza”? “Perché per avere speranza ci vuole coraggio. Soprattutto in questo momento in cui ci sembra tutto nero. Ci vuole coraggio per dire “sì” e affrontare le situazioni che incontri ma anche per dire “no” perché l’esporsi potrebbe diventare un pericolo per i nostri cari. Non bisogna giudicarsi o giudicare ma solo ascoltarsi e sentire quella forza che ci guida nelle azioni. Quella stessa forza che spinse Dunant al ‘darsi da fare’ anche se con un senso di impotenza nel non poter aiutare tutti. E malgrado tutto, continuare a sperare e a dare un senso alla sofferenza, quella che trasforma e che rende gli uomini incapaci di restare indifferenti di fronte al dolore altrui”. “Ognuno come può porti avanti la sua opera” scrive Henry Dunant.
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