Pubblichiamo il messaggio per il 1° maggio del vescovo di Rieti Domenico Pompili.
Ci attende un Primo Maggio inedito, da vivere nella prova del Covid-19. Non sappiamo quando si fermerà il coronavirus che affligge e fa soffrire: da un lato i malati, i contagiati, i troppi morti; dall’altro i lavoratori e le imprese che si trovano a fare i conti con gli effetti collaterali delle contromisure a questa imprevista pandemia.
Quest’anno il lutto sembra prevalere sulla festa. Ma il Primo Maggio stesso è nato da un momento drammatico. E allora non celebriamo soltanto le lotte che i lavoratori hanno combattuto per vedere riconosciuti i propri diritti, ma anche lo scopo profondo del lavoro, che è quello di trasformare e migliorare il mondo. Attraverso il lavoro, l’uomo porta avanti l’opera creatrice di Dio. Lo stesso Dio che ci ascolta e conforta questo momento di sofferenza per il Paese.
In un territorio come il nostro, già provato dal terremoto, i problemi si fanno anche più gravi. Il virus sembra tagliare le gambe a quel poco che si era riusciti a mettere in piedi. Ma non sarà così se rimarremo solidali. Ormai lo abbiamo capito: siamo tutti connessi gli uni agli altri. Insieme dovremo essere capaci di cogliere le nuove opportunità che si fanno avanti e tra queste la prima è la ricostruzione, perché il comparto edilizio è determinante per riavviare economia e consumi.
Nel futuro ci attendono alcune sfide che già conosciamo: riguardano il potenziamento dei servizi e delle infrastrutture. Penso agli ospedali, all’allargamento della Salaria, al treno verso la Capitale. E poi alla banda larga, che come l’acqua, la luce e il gas non deve mancare in nessuna casa. Altre sfide, però, sono inedite e riguardano il modo di pensare al nostro territorio, facendo di stili di vita più sostenibili la chiave di un rinnovato sviluppo. Non si tratta di essere solo più green, ma di avere imprese che vivono in connessione con il contesto che le ospita, di saper bilanciare il profitto con il bene comune, di riconoscere dignità e giusto salario ai lavoratori.
Gli ostacoli sono nella mancanza di responsabilità personale, in una dialettica politica portata all’estremo, negli eccessi della burocrazia. Non sono cambiamenti che si ottengono da un momento all’altro, né possono solo cadere dall’alto. Come sempre, la Chiesa accompagnerà la transizione in tre modi: promuovendo il dialogo e la riflessione tra tutte le forze attorno alle grandi questioni; agendo in favore delle persone più fragili con strumenti come il Fondo Santa Barbara; facendo leva sulla preghiera, che aiuta a non lasciarsi deprimere e a non avere il fiato corto di fronte al grande compito che ci attende. Buona festa dei lavoratori.
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