(r.l.) Non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Così hanno detto, ieri sera, al termine dell’intervento del Premier, Giuseppe Conte, i vescovi italiani. Il nuovo Dpcm, la tanto attesa “Fase 2“, ha prolungato, oltre il 4 maggio, la chiusura alle messe con la partecipazione dei fedeli. Il vaso è colmo: “Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”, ha affermato Cei in una nota dal titolo “Il disaccordo dei vescovi”. (leggi)
Il coro, però, questa volta, parrebbe non cantare all’unisono. Nel pomeriggio, è apparso – sulla sua pagina Facebook – l’intervento critico e addolorato Don Lorenzo Blasetti, il parroco che, dal 2016, è la guida spirituale della Parrocchia San Giovanni Battista, punto di riferimento per l’intero quartiere di Campoloniano.
“No, non mi piace questa sortita improvvisa dei Vescovi per rivendicare una libertà di culto che nessuno si era sognato di violare – scrive Don Lorenzo – Sono molte le perplessità che il loro comunicato ha suscitato in me (…) Ma quello che mi dispiace di più – prosegue – è che si rischia di dare spazio a malumori non sempre genuini e a possibili strumentalizzazioni da parte di chi anche in questa drammatica circostanza ha dimostrato di dimenticare quello che è in gioco per meschini calcoli di parte”.
Don Lorenzo Blasetti si rivolge poi direttamente ai vescovi: “Vorrei semplicemente ricordare che c’è un uomo mezzo morto lungo la strada, vittima di un brigante micidiale e perverso che ha ancora molte armi in mano. Quell’uomo mezzo morto oggi ha il volto e il nome di tutti coloro che sono rimasti vittime del virus e sono coloro che potrebbero rimanerne vittime se ci dimenticassimo di quanto sia ancora pericoloso. Non vorrei che noi facessimo come il sacerdote e il levita che passano accanto e non si fermano perché hanno le loro funzioni da espletare. Non vorrei che perdessimo l’occasione di dimostrare che l’Eucarestia in questa drammatica circostanza si celebra facendoci noi corpo e sangue di Cristo per soccorrere chi ha bisogno. Io spero e prego che la chiesa torni presto a ritrovarsi nella concretezza della presenza di tutti coloro che ne fanno. Spero che questo digiuno – conclude – abbia fatto capire a tutti, a cominciare da noi preti, che l’Eucarestia è davvero culmine e fonte della vita cristiana. Ma non vorrei che la troppa fretta fosse causa di un ritardo della soluzione del dramma o peggio del suo aggravamento”.
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