(di Giuseppe Manzo) Quest’anno forse sarà la festa più significativa dal dopoguerra. Tutti a casa ma le piazze italiane saranno comunque piene, anche se in modo virtuale. Di fronte a questo male è necessario rispondere con un momento di unità nazionale. Come partecipare? Esponiamo la nostra bandiera e prepariamoci a cantare tutti insieme Bella Ciao e l’Inno d’Italia. E’ un momento difficile perché l’umanità è sotto attacco a causa di un virus che la medicina e la scienza non sono, per il momento, in grado di fermare. Una pandemia che si è portata via quasi 26mila persone in Italia e oltre 152.000 nel mondo. Quattro miliardi di persone sono chiuse in casa e così stiamo facendo anche noi reatini, nonostante la bellissima primavera che sta colorando le nostre campagne. Né gli italiani, né i reatini possono dimenticare, anche per un solo anno, il valore dell’Anniversario della Liberazione, il 75mo quest’anno, e il ricordo dei tragici avvenimenti dell’occupazione dell’esercito nazifascista, il quale dopo l’8 settembre 1943, data dell’armistizio con le forze alleate, si macchiò in Italia e nel nostro territorio di numerosi eccidi di civili inermi e di uccisioni di partigiani. Invitiamo soprattutto i più giovani al dovere della memoria delle stragi nazifasciste che furono compiute da Leonessa a Poggio Bustone e a Borbona, da Rieti a Poggio Mirteto, dal monte Tancia a Canneto, da Montebuono a Montenero, lungo un percorso segnato dal sangue di chi ha vinto e da lapidi che tra l’erba che cresce si oppongono all’oblio, il nemico della storia.
Ricordiamo i fatti per i più giovani. I nazifascisti nei primi giorni di aprile del 1944 diedero inizio ad un’operazione militare che costò la vita nella provincia di Rieti a centinaia di cittadini inermi e di partigiani. Molti gli episodi di sangue che caratterizzarono l’occupazione tedesca di Rieti e della provincia dall’8 settembre 1943 al 13 giugno 1944, data della liberazione della città. Sangue che bagnò le nostre montagne e i nostri paesi per nove mesi, perfino durante le celebrazioni pasquali del 1944: la battaglia del Tancia, l’incendio per rappresaglia di Poggio Bustone, i rastrellamenti e gli eccidi di Leonessa, Borbona e Posta, le vittime erano giovani renitenti alla leva, anziani, bambini, donne e partigiani. In quei giorni ricordiamo l’arresto del tenente degli alpini e parroco di Leonessa, don Concezio Chiaretti, mentre celebrava la Messa del venerdì santo e la sua fucilazione. Gli eccidi si verificarono anche nella domenica di Pasqua del 9 aprile con la strage delle Fosse Reatine. Il 7 aprile del 1944 i tedeschi e i fascisti presero la cima del monte Tancia dopo un’intera giornata di durissimi scontri: le armi dei partigiani, ben attestate e ben usate, avevano falciato per un’intera giornata lungo le pendici della montagna centinaia di nemici. Il conto non gli tornava e così per pareggiarlo, all’alba del giorno successivo, i soldati tedeschi bruciarono le case sulla montagna e massacrarono tutti i civili che trovarono. In quei giorni di aprile del 1944 il rastrellamento delle truppe tedesche si concluse con la morte negli scontri intorno a Leonessa di molti partigiani e con la fucilazione sullo sperone del Monte Tilia di ventidue civili, segnalati dai fascisti come fiancheggiatori. Dopo la fucilazione, i tedeschi e i fascisti ripartirono verso Rieti portando via civili e partigiani, alcuni dei quali furono trucidati alle Fosse Reatine.
Dagli eccidi, arresti, torture e deportazioni compiuti dai nazifascisti nel territorio reatino e in tutta Italia, in quei terribili anni fino al 25 aprile del 1945, è nata la nostra Costituzione con i suoi principi universali, scritti con il sangue dei partigiani e dei civili inermi che hanno dato la vita per la libertà e per la dignità di tutti gli italiani. “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dov’è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”, disse Piero Calamandrei, membro dell’Assemblea Costituente, in un discorso agli studenti milanesi il 26 gennaio del 1955.
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