RietiLife pubblica e riceve la lettera di un ristoratore reatino, Anselmo Fabri de “La Taverna dei Fabri”. La pubblichiamo.
Egregio Direttore,
le scrivo in merito all’attuale situazione per ciò che riguarda i pubblici esercizi. Premetto che non è mio compito dire se sia il caso di mantenere le restrizioni in vigore, per questo ci sono gli esperti, ma quello che posso affermare è che riaprire alle condizioni ventilate non ha nessun senso. Ci sono dei settori che è giusto ed opportuno riaprire, sempre salvaguardando la salute di tutti, ma i pubblici esercizi proprio no. Per definizione “pubblici esercizi” sono da sempre sinonimo di aggregazione, di ritrovo, di convivialità, di festa, di riunioni, e non si riuscirà in nessun modo a mantenere il rispetto delle norme sanitarie e delle prevenzioni si dice saranno attuate. Il distanziamento sociale sarà una regola permanente fino alla scoperta del vaccino, per questo ritengo che solo allora i locali possano riaprire. Nel frattempo chiediamo che il comune azzeri le imposte dei locali almeno fino al 31 dicembre. Che il governo vari un indennizzo a fondo perduto per le nostre imprese e la cassa integrazione per i nostri dipendenti, per farci sopravvivere e non farci fallire. È impensabile che ci si debba indebitare per pagare le tasse. Ci sono arrivate le bollette e nonostante siamo chiusi, dobbiamo pagarle. Andrebbero rivisti per legge i rapporti tra locatario e locatore. Per le bollette pagare solo il consumo e non balzelli su balzelli. Riaprire adesso sarebbe una follia, sparirebbero posti di lavoro perché i locali avrebbero un quarto della capienza e con essi migliaia di piccole realtà che non avrebbero i ricavi per coprire le spese.
I nostri governanti dovrebbero almeno ascoltare le richieste di chi da decenni si alza la mattina per aprire la saracinesca e spera di portare a casa lo stipendio (quando possibile). Qualcuno pensa ancora che noi gestori abbiamo conti in banca a 6 cifre, o yacht parcheggiati chissà dove e che ci possiamo permettere il lusso di vacanze a 5 stelle. La realtà non è questa , la realtà è che noi lavoriamo 360 giorni l’anno, dalle 12 alle 16 ore al giorno, tutti i giorni, sabato, domenica e feste comandate. Molte notti le passiamo a pensare ai problemi, il resto della giornata lo dividiamo tra banca, commercialista, uffici vari, spesa e ad organizzare eventi per il locale. Non chiediamo, come non abbiamo mai chiesto, nessuna forma di assistenzialismo, ma solo di tornare a lavorare nei nostri locali in maniera dignitosa, di poter tornare a parlare e a sorridere con i nostri clienti, e se permette ad essere considerati in maniera migliore, poiché la maggior parte di noi fa questo mestiere per passione e per amore.
Anselmo Fabri
Foto: RietiLife ©
Condivido le considerazioni di Anselmo. Colgo l’occasione per ringraziare lui e tutti quegli esercenti, quelli onesti e appassionati del loro mestiere, che in questo periodo, al pari di tanti altri, soffrono la crisi economica e il distanziamento sociale. Io sono un impiegato che in queste settimane ha avuto la fortuna di dover/poter lavorare. La considero una fortuna, nonostante la paura e i rischi. Stiamo a casa finché sarà necessario e invochiamo tutti ad alta voce l’intervento e l’aiuto dall’Europa che questa volta ci deve restituire almeno in parte tutta la bellezza e tutto l’impegno che questa nazione mette ogni giorno.