(c.d.f.) I sindacati lanciano un grido di allarme: “attivare protocolli sanitari negli Istituti Penitenziari del Paese!”. Una storia senza fine, quella che sta vivendo attualmente nelle carceri italiane. “Troppi sono i silenzi assordanti del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, nella gestione emergenza epidemiologica che, ormai da tempo, sta flagellando l’intero panorama nazionale – dicono Sappe, Osapp, Uilpa, Pp, Sinappe, Fns Cisl, Uspp, Fp Cgil –
A lanciare l’ennesimo ed indefesso grido di allarme sono le Organizzazioni Sindacali rappresentative del Corpo di Polizia Penitenziaria, evidenziando – ancora una volta – i precari approvvigionamenti di dispositivi di protezione e l’attuazione di concreti ed efficienti protocolli sanitari, a tutela dell’incolumità fisica di tutta la collettività penitenziaria. Siamo esausti ed amareggiati – sostengono a gran voce i sindacalisti – di restare spettatori di una consolidata inerzia e del tracotante oscurantismo istituzionale nei confronti di donne ed uomini in divisa che, quotidianamente, espletano la loro attività lavorativa, con spirito solerte ed impavido, nonostante le forti preoccupazioni che attanagliano la loro giusta serenità. Occorrerebbe l’urgente necessità di sottoporre tutto il personale a test sierologici o tamponi faringei, al fine di individuare anche soggetti asintomatici, adeguare dispositivi di protezione, avviare percorsi formativi, attivare protocolli sanitari (di concerto con le rispettive Asl competenti), con seri percorsi e piattaforme, nonché incrementare le sanificazioni negli ambienti di lavoro. Il tutto, nella sana ottica di prevenzione e salvaguardia dei lavoratori e delle proprie famiglie. Andremo avanti nella nostra lotta, senza arretrare di un solo millimetro – concludono chiosando i sindacalisti – fino a quando non vedremo apodittici cambi di rotta e seri autorevoli indirizzi. Saremmo anche disposti a scendere immediatamente in piazza, per manifestare il nostro dissenso, ma siamo responsabilmente consapevoli degli imperativi normativi attuati in questo triste momento storico, ma non escludiamo gli eventuali interessamenti dei nostri uffici legali”.
E Resta alta l’attenzione per l’istituto carcerario reatino. Anche sul fronte sanitario. Il personale sanitario impiegato mostra preoccupazione e malumore nei confronti della dirigenza dell’Asl reatina. Dall’emergenza causata dalla rivolta, le cui conseguenze potevano essere peggiori senza l’azione di medici e infermieri, non ci sarebbero stati “né interventi per garantire maggiore sicurezza per chi lavora in ambito sanitario né attenzione alle istanze”. Nel mirino del personale medico-infermieristico ci sarebbero proprio i vertici dell’Azienda sanitaria reatina, accusati, secondo quanto riferito da fonti interne, “di numerose mancanze e di non essersi nemmeno sincerati personalmente di quali siano le reali condizioni in cui si lavora all’interno del carcere”.
Per settimane, medici e infermieri sarebbero stati costretti ad agire “in luoghi malsani, con ambienti devastati dagli incendi appiccati durante la rivolta e con gran parte della strumentazione distrutta”.
Forte preoccupazione c’è per l’eventualità in cui si verificasse un cluster infettivo all’interno della struttura di via Maestri del Lavoro. Potrebbero esserci, infatti, serie conseguenze relativamente alla gestione dell’isolamento e della divisione tra pazienti positivi e negativi con i rischi conseguenti. Malumori si sono registrati anche per gli strumenti di protezione individuale, arrivati “solamente da pochi giorni”, mentre non risulterebbe sostituito ciò che è stato distrutto durante la rivolta, con la conseguenza, ad esempio, che gli infermieri sarebbero costretti a distribuire “la terapia dentro delle buste di plastica per assenza di carrelli”. Un’altra esigenza legata alla sicurezza è anche la richiesta di un’unità infermieristica durante la notte.
Oggi la realtà del carcere di Rieti vede quasi 400 detenuti, circa 200 gli agenti che vi lavorano, numeroso il personale amministrativo mentre sono 25 gli operatori sanitari.
Foto: RietiLife ©