“Noi testimoni” è il nome dato al viaggio della memoria che porterà circa 700 studenti delle terze classi della scuola secondaria di primo grado, provenienti da 21 comuni del Lazio, ad Auschwitz Birkenau, in due fasi, la prima dal 29 febbraio al 6 marzo, la seconda dal 13 al 19 marzo. I ragazzi saranno accompagnati dai loro docenti e dal presidente del Consiglio regionale Mauro Buschini, dalla presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, dall’assessore alla scuola della comunità, Daniela Delbach, dallo storico del museo della Shoah, Amedeo Osti Guerrazzi, e dai consiglieri regionali Loreto Marcelli e Daniele Leodori.
Nella sala Mechelli del Consiglio regionale del Lazio si è svolto oggi un incontro di presentazione dell’iniziativa, a cui hanno partecipato i ragazzi e i docenti. “Abbiamo messo tutta la nostra energia nella realizzazione di questo viaggio”, ha detto in apertura dell’incontro il vicepresidente del Consiglio regionale Devid Porrello. “La consapevolezza della centralità della memoria e della storia sta crescendo”, ha proseguito Porrello, prima di dedicare un momento di raccoglimento al recentemente scomparso reduce romano di Auschwitz Piero Terracina, ringraziando per la sua presenza il nipote Ettore. “La memoria è il dovere di far sì che il Male assoluto, quali sono stati la Shoah e lo sterminio, oltre che degli ebrei, di altre minoranze come rom, omosessuali e oppositori politici, non si ripeta più”, ha concluso Porrello.
A seguire, Claudio Procaccia, direttore del dipartimento di cultura della comunità ebraica di Roma, che ha portato i saluti di Ruth Dureghello, ha detto da parte sua che “la memoria serve a poco se non diventa educazione civica”; purtroppo il nazismo ha goduto di complicità numerose nella sua opera di sterminio, che affonda le sue radici nell’idea di razza nata nel secolo dei lumi, connessa quindi inestricabilmente con la storia culturale del nostro occidente, e anche al giorno d’oggi varie situazioni di discriminazione sussistono o rinascono, nei confronti di minoranze, ha aggiunto Procaccia.
Lo storico della fondazione Museo della Shoah, Osti Guerrazzi, ha ricordato poi come Auschwitz sia un luogo unico nel suo genere, in quanto campo “deputato precipuamente alla produzione di morti”, con l’ausilio degli strumenti della tecnologia più avanzati dell’epoca. Gli ebrei erano considerati non solo una razza, il che già non era basato su alcuna motivazione scientifica, ma soprattutto “una razza nemica”, pertanto da eliminare, dai tedeschi.
Il dovere della testimonianza come unica risposta possibile alla domanda ricorrente nei reduci sul perché dell’essersi salvati, a differenza di tanti altri, è stato il tema principale dell’intervento di Sami Modiano, anche lui deportato nel campo nell’estate del 1944, quindi a guerra che già si avviava alla conclusione. Eppure della comunità ebraica di Rodi prelevata nel numero di 2200 unità in quell’estate solo una minima parte sopravvisse, ha detto Modiano, che ha ricordato come la convivenza tra le varie comunità religiose dell’isola fosse armonica, prima delle leggi razziali emanate dal fascismo, che resero possibile la persecuzione degli ebrei anche in territorio italiano.
Infine, Ettore Terracina, il nipote di Piero, ha confermato con la sua testimonianza, avendo vissuto a lungo a contatto con lo zio, come un reduce dei campi non esca mai del tutto da quella esperienza. Proiettati durante l’incontro alcuni spezzoni di una intervista a Piero Terracina e di un incontro tra lui e Modiano, il quale ha poi risposto a lungo, in conclusione dell’incontro, alle domande di studenti e docenti presenti in sala, che gli hanno tributato lunghi e commossi applausi.
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