l Consiglio regionale del Lazio, presieduto da Mauro Buschini, ha approvato oggi all’unanimità (37 votanti) la proposta di legge regionale n. 18 del 20 aprile 2018 concernente “Disposizioni in materia di tutela della salute sessuale e della fertilità maschile”. Il provvedimento, presentato dai consiglieri Eugenio Patanè (Pd), Massimiliano Maselli (FdI), Giuseppe Simeone (FI), Rodolfo Lena (Pd), Michela Di Biase, Marta Leonori (Pd) e sottoscritto successivamente da numerosi consiglieri di tutti i gruppi, mira ad agevolare la prevenzione, la diagnosi precoce e il miglioramento delle cure delle patologie uro-andrologiche. Prima del voto finale, l’Aula ha anche approvato un ordine del giorno collegato alla legge (Patanè-Maselli), con il quale si chiede alla Giunta regionale di individuare nell’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini il centro di riferimento regionale dedicato alle patologie uro-andrologiche, della sessualità e della riproduzione maschile.
Dopo la relazione illustrativa dei proponenti e la discussione generale, avvenute nella seduta del 30 ottobre scorso, oggi il Consiglio regionale ha approvato rapidamente cinque emendamenti (uno ciascuno per Patanè e Maselli e tre presentati dall’assessore regionale Alessio D’Amato) e i sei articoli della proposta di legge, comprese le disposizioni finanziarie che ammontano a 50mila euro per ciascuna annualità 2020-2021, destinati a finanziare gli “interventi di promozione della conoscenza delle principali malattie uro-andrologiche attraverso campagne di informazione e prevenzione nelle scuole”.
Le disposizioni approvate oggi mirano a tutelare la salute dei ragazzi, attraverso un programma di screening e prevenzione delle patologie andrologiche per tutti gli uomini di età compresa tra i 15 e i 24 anni, proponendo di creare una serie di strutture di andrologia urologica presso le aziende sanitarie locali per intercettare, diagnosticare e trattare le patologie. Come ripetuto più volte dai proponenti sia in commissione che in Aula, questo fenomeno è divenuto sommerso e senza più controlli dopo l’abolizione della leva obbligatoria, in cui nei cosiddetti tre giorni di visita avveniva uno screening di massa. Da qui l’esigenza della Regione di intervenire per limitare il diffondersi delle patologie e per tutelare maggiormente la popolazione maschile del Lazio.
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