Martedì 22 ottobre 2019, alle ore 16.30, presso la sede dell’Archivio di Stato di Rieti, in Via Moisè di Gaio n.7, sarà presentato alle autorità e ai cittadini il libro a cura di Giuseppe Manzo “I giovani e la Memoria” di Funambolo Edizioni. Il Direttore di ASR e vicepresidente della Fondazione Varrone, Roberto Lorenzetti, ospiterà per l’occasione, con l’autore e l’editore, lo storico Renato Covino dell’Università di Perugia, rappresentanti nazionali di ANPI e CGIL e il dirigente reatino dell’Ufficio Scolastico Regionale, Giovanni Lorenzini. Hanno assicurato la loro presenza anche l’Assessore alla Cultura del Comune di Rieti, Gianfranco Formichetti, e il Sindaco di Castelnuovo di Farfa, Luca Zonetti, che hanno dato il patrocinio istituzionale al Concorso che nell’anno scolastico passato e in quello in corso ha chiesto agli studenti delle scuole reatine di rievocare gli episodi della Resistenza nella città e nella provincia di Rieti.
La memoria è il patrimonio sul quale costruire il futuro dei nostri figli è la tesi del libro che condensa l’esperienza della prima edizione del concorso che assegnò il 3 maggio 2019 sette borse di studio ad altrettante scuole di Rieti e della provincia. La memoria ci aiuta a evitare che il passato possa ripetersi, hanno sostenuto molti superstiti della Shoah e ripetuto gli studenti nelle loro opere originali che sono state premiate. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nominando senatrice a vita Liliana Segre, una delle poche sopravvissute italiane dei campi di sterminio nazisti, volle sottolineare il dovere della memoria e ricordare che le leggi razziali sono una macchia indelebile. Il dovere della memoria spinse il generale statunitense Eisenhower, che giunto presso i campi di concentramento aveva visto con sgomento quell’orrore, a ordinare che fosse scattato il maggior numero di fotografie possibile alle fosse comuni, dove giacevano ossa, abiti, corpi scomposti, scheletrici, ammassati come piramidi casuali. Fotografie che furono scattate a ogni gelida baracca, al filo spinato, ai forni crematori, alle divise, alle torri di controllo, alle armi, agli strumenti di tortura. Poi il generale statunitense pretese che fossero condotti presso i campi tutti gli abitanti tedeschi delle città vicine, affinchè vedessero con i propri occhi quella tragica realtà. E poi spiegò: “Che si abbia il massimo della documentazione possibile con registrazioni filmate, fotografie e testimonianze, perché arriverà un giorno in cui qualche idiota si alzerà e dirà che tutto questo non è mai successo”. Le testimonianze dirette, i filmati e le foto, aiutano a rievocare la memoria dei fatti storici. A tale proposito grande è il ruolo del cinema che ha rappresentato la Shoah ricostruendo in modo puntuale luoghi e situazioni, aiutando così le persone a conservare la memoria di avvenimenti che non possono essere dimenticati, anche se non sono stati vissuti direttamente.
Di recente un film ha raccontato la storia del fotoreporter spagnolo e partigiano antifranchista, Francisco Boix, che, dopo essere stato catturato dai tedeschi nel 1941 in Francia, fu deportato al campo di Mauthausen, dove rimase per quattro anni fino all‘arrivo degli americani. La sua competenza fu utilizzata dalle SS che lo impiegarono nel campo come fotografo e tecnico di laboratorio. Gli fu ordinato di fotografare le scene di vita quotidiana e le uccisioni dei prigionieri, nel suo campo e in quello vicino di Gusen. Fu così che gli riuscì d’immortalare anche le visite dei gerarchi più in vista del regime nazista, tra i quali lo stesso Himmler. Inoltre come tecnico del laboratorio fotografico ebbe accesso a foto e filmati che testimoniavano ogni sorta di violenza e di assassinii compiuti nei campi. Boix comprese il grande valore documentale di quelle immagini e, rischiando la vita assieme ai compagni spagnoli presenti nel campo, copiò e nascose un grande numero di foto e di filmati, circa duemila. Quando gli americani varcarono i cancelli di Mauthausen e Gusen, furono immortalati da Francisco Boix, il quale mostrò agli increduli liberatori foto di deportati che si lanciavano contro la recinzione di filo spinato elettrificata per porre fine alle sofferenze, alla fame e al freddo.
Dopo la guerra il fotografo catalano fu invitato dagli americani a produrre le foto e i filmati sottratti al campo, che divennero prove inconfutabili nei processi di Norimberga e di Dachau contro alcuni criminali nazisti. Oggi per promuovere la memoria di quei tragici avvenimenti le fotografie di Francisco Boix su Mauthausen e Gusen sono esposte presso istituzioni e musei in tutto il mondo. Grazie a lui conosciamo qualcosa in più dell’orrore dei lager nazisti. Sono solo alcuni dei racconti contenuti nel libro “I Giovani e la memoria”in libreria dal 25 settembre 2019.
Foto: RietiLife ©