Il 16 ottobre del 1943, sabato, erano le 7.00 del mattino, il Ghetto di Roma venne circondato e rastrellato da soldati tedeschi e da SS. Per i nazisti, era l’occasione programmata per sorprenderli nelle loro case. I soldati di Kappler si diressero agli indirizzi forniti dall’Ufficio fascista Demografia e Razza. Bussavano alle porte, se non avevano risposta le sfondavano, entravano e leggevano l’ordine perentorio: “Dovete essere pronti in 20 minuti, portare cibo per 8 giorni, soldi e preziosi, con voi anche i malati, nel campo dove vi porteranno c’è un’infermeria”.
Al contempo negli altri quartieri di Roma, altri soldati tedeschi mettevano in atto la stessa strategia. Uomini, donne, bambini, anziani, ammalati, perfino neonati: tutti vennero caricati a forza sui camion e portati al Collegio Militare di via della Lungara: a poca distanza da S. Pietro. Dopo due giorni li spostarono alla stazione Tiburtina per caricarli su 18 carri bestiame. Destinazione Auschwitz. Erano 1022 persone, tornarono in 16, di cui una sola donna, a casa dopo la guerra.
Nel 2018, settantacinquesimo anniversario della deportazione degli ebrei romani, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, pronunciò il seguente discorso: “Il sacrificio, la tribolazione, il martirio di tanti innocenti, è un monito permanente alla nostra civiltà, che si è ricostruita promettendo solennemente “mai più” e, tuttavia, ogni giorno è chiamata a operare per svuotare i depositi d’intolleranza, per frenare le tentazioni di sopraffazione, per affermare il principio dell’eguaglianza delle persone e del rispetto delle convinzioni di ciascuno. Il 16 ottobre 1943 fu un sabato di orrore, da cui originò una scia ancor più straziante di disperazione e morte: la deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma costituisce una ferita insanabile non solo per la comunità tragicamente violata, ma per l’intero popolo italiano. In questo giorno di memoria e raccoglimento, la Repubblica si stringe alla Comunità ebraica italiana, ai parenti, ai discendenti dei deportati, poi torturati e uccisi, e rinnova il proprio impegno per rafforzare i valori della Costituzione, che si fonda sull’inviolabilità dei diritti di ogni persona e che mai potrà tollerare discriminazioni, limitazioni della libertà, odi razziali. Fu l’inizio anche in Italia, favorita dalle leggi razziali varate dal regime fascista, di una caccia spietata che non risparmiò donne e bambini, anziani, malati, adulti di ogni età e condizione, messi all’indice solo per infame odio. Oltre duemila italiani di origine ebraica scomparvero da Roma in pochi mesi, costretti nei treni della morte verso i campi nazisti. Davanti all’Olocausto – abisso della storia – torniamo a inchinarci. Il ricordo non può non fermarsi sui duecento ragazzi, strappati quella mattina di ottobre dalle loro case, attorno al Portico d’Ottavia: nessuno di loro riuscì a sopravvivere e a fare ritorno nella terra dei loro padri e dei loro giochi. Le lezioni più tragiche della storia vanno richiamate alla conoscenza e alla riflessione delle giovani generazioni, affinché, nel dialogo, cresca la consapevolezza del bene comune”, concluse il Presidente Mattarella. (di Giuseppe Manzo)
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