La Repubblica ha intervistato il deputato reatino Alessandro Fusacchia che nei giorni scorsi ha deciso di lasciare +Europa. Proponiamo il suo post sui social e l’intervista integrale.
(da La Repubblica) Onorevole Fusacchia, Lei, deputato di +Europa, annuncia che non parteciperà più alle riunioni del partito e non rinnova la tessera…
“Ho preso atto che non ci sono più le condizioni per andare avanti con +Europa. Il partito si è allontanato dal progetto iniziale, diciamo anzi che non è mai riuscito a mantenere le promesse che avevamo fatto agli elettori e ai nostri militanti. Mica perché non abbiamo raggiunto le soglie di sbarramento alle politiche e alle europee. Ma perché non ci siamo presi cura come avremmo dovuto della nostra comunità e di chi si avvicinava a noi. Invece di un piccolo partito nuovo, abbiamo finito per fare un nuovo partito piccolo”.
Lo sa che adesso tutti osservano le sue mosse per capire dove andrà…
“In Parlamento c’è grande fermento. Non sono chiaramente indifferente all’evoluzione del quadro politico. Osservo anzitutto quali altri colleghi con idee affini stiano vivendo un’insofferenza simile alla mia. Ma osservo pure quello che accade in tanti comuni da Milano a Brindisi, e la radicalità che esprimono i nuovi protagonisti della società civile come il Forum sulle disuguaglianze di Fabrizio Barca. Si sta alzando la posta: l’ambiente è diventato un’urgenza, le ricette per creare lavoro latitano, i diritti sono a rischio, troppi nostri giovani se ne scappano all’estero in mancanza di opportunità. Non stupisce che in tanti sentano il bisogno di metterci la faccia e di impegnarsi politicamente. Chi li intercetta? Poteva essere +Europa, ma su quel fronte abbiamo perso. So quanto sia difficile aggregare, e non mi faccio di certo illusioni. Anche per questo, però, bene concentrarsi su iniziative con obiettivi chiari e politiche concrete, e a partire da quelle capire chi ci sta. Io voglio anticipare l’obbligo scolastico a 3 anni, per esempio.
Quando Lei osserva possiamo dire che guarda a Matteo Renzi?
“Non mi faccia commentare Renzi o altri, se no parte un cinema. Parlo con tutti ma sono iscritto al Misto e direi che per adesso resto dove sto. Voglio dialogare e collaborare con chi ha gli stessi valori e metodi del gruppo con cui due anni fa abbiamo iniziato a fare politica. Mi creda, non lascio certo +Europa per andare a finire in un’altra realtà dove si ripetono le stesse dinamiche. La decisione di uscire è stata molto sofferta, sono stato l’unico eletto sul simbolo del partito e grazie a questa elezione abbiamo potuto partecipare alle europee senza raccogliere le firme. Non fatico ad ammetterlo: uscire è stata una sconfitta anche per me”.
Diciamola tutta: Benedetto Della Vedova non le piaceva…
“I gusti non c’entrano. Ma se in pochi mesi ti perdi l’80 per cento degli iscritti e 3 deputati su 3 sul voto di fiducia, forse dovresti dimetterti. Sul voto, tra l’altro, non solo il Pd ma tutti i nostri alleati delle politiche del 2018 e delle europee del 2019 hanno deciso di sostenere il governo. Sono io che mi sono spostato al punto da ritrovarmi fuori da +Europa, o è +Europa che si è allontana da dove eravamo partiti tutti? Certo è più facile far passare il messaggio che la colpa è di chi ha votato contro una decisione del partito. Ma un buon segretario unisce, non divide”.
Ha telefonato alla Bonino. Cosa vi siete detti?
“Conosco Emma Bonino da quasi quindici anni, ma solo da poco più di due ho interagito con lei su questioni politiche. Mi ha dato molta fiducia alle elezioni del 2018, e abbiamo messo in piedi una squadra e una campagna unica che nella circoscrizione europea ci ha permesso di fare l’8%. In quella occasione, grazie alla Bonino e perché ognuno si era fatto carico di un pezzetto, ho avuto quasi completamente mano libera per scegliere gli altri candidati e tirare su i comitati in giro per l’Europa. Grazie al suo nome sul simbolo e allo sforzo corale realizzammo un’impresa. Quando l’ho chiamata era evidentemente amareggiata. Io so di aver ricambiato quella fiducia ogni giorno, in questi due anni. Ma evidentemente lei ha una lettura diversa”.
Se ne va dopo che ha lasciato Bruno Tabacci. E proprio in queste ore Emma Bonino cerca a Napoli convergenze con Calenda e Richetti, non era più semplice restare per un liberale?
“Tabacci è diventato il capro espiatorio di tutto. Io l’ho contestato in più di un’occasione, per certi modi che portava dentro +Europa, inservibili per costruire un progetto politico innovativo. Ma non è che possiamo attribuire ogni responsabilità a Tabacci. A gennaio Della Vedova è finito segretario anche coi suoi voti. E non più di tre mesi fa coi voti di Della Vedova Tabacci è stato eletto presidente. Sul resto, non saprei. Spero solo non sia il tentativo di nascondere la polvere di +Europa sotto il tappeto di Calenda. In questo caso dubito funzionerebbe. I problemi vanno affrontati, non fatti scivolare addosso”.
Lei però votando la fiducia ha deciso di stare in un altro campo…
“Ho votato la fiducia perché se qualcuno al 40% dei consensi chiede i pieni poteri, io non vado ad elezioni per scoprire troppo tardi che non stava scherzando. Non scommetto sul bluff, la democrazia non è una partita a poker. Ma se le cose stanno così, non puoi dire al Presidente della Repubblica che non vuoi votare – e +Europa non si sarebbe manco potuta candidare in caso di elezioni anticipate – e poi però ti aspetti che il governo lo faccia qualcun altro. Così dal giorno dopo tu puoi cominciare a sparare, dato che per crescere politicamente hai scommesso sui passi falsi che il governo farà. Questo non è il governo dei sogni, ma siamo anche distanti da dove stavamo prima dell’estate. Avrei voluto che +Europa si aprisse al confronto. Soprattutto adesso che stiamo riagganciando l’Europa e la sua nuova agenda dovremmo essere meno dogmatici”.
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