Con Leonessa e Borgo Velino il cammino di “Strada Facendo” continua. Il 2 e 3 ottobre appuntamento nei due Comuni della Provincia, con appuntamenti e testimonianze imperdibili. La giornata del 2 ottobre è iniziata a Leonessa, con l’evento di “Strada Facendo” che è arrivato nel Comune della Provincia di Rieti per incontrare, durante la mattina, i ragazzi della scuola media, i quali hanno potuto ascoltare il racconto di Fausto Bernardini, una vittima di usura.
Ad accogliere i volontari di Sos Impresa è stato il Consigliere Comunale Antonio Zelli, il quale dopo aver fatto una piccola introduzione ai ragazzi sull’evento e sull’incontro, a lasciato la parola al testimone.
Alla fine dell’incontro, ai ragazzi sono stati consegnati degli attestati di partecipazione e alla scuola una targa, che rappresenta il riconoscimento dell’impegno preso durante questo evento.
Nel pomeriggio al teatro comunale si è tenuto la performance teatrale “Una mano sulla spalla” , ispirato all’esperienza di vita di Antonio Anile, una vittima di usura. Uno spettacolo forte, che racconta in modo coinvolgente ed esplicito come si viva quando si è usurati. Una rappresentazione reale, anche se teatrale, che colpisce il pubblico con una realtà che sembra così lontana dalla vita di tutti i giorni, ma essendo sommersa è più vicina di quanto si possa credere. La performance fa vedere quanto sia devastante, fisicamente e psicologicamente, la vita di una vittima di usura, facendo capire quanto questa pratica mafiosa sia importante per la mafia e deleteria per il cittadino, costretto a vivere in uno stato di perenne paura e a provare una incredibile vergogna, cosa che spesso, insieme alla paura ovviamente, impedisce di sporgere denuncia.
Successivamente è stato presentato il libro “Ecco chi sei. Pio La Torre nostro padre.”, con l’autore Franco La Torre, in una conversazione che ha coinvolto Lino Busà, Presidente di Sos Impresa, il Consigliere Comunale Antonio Zelli, Ilaria Bonito, avvocato che collabora con Sos Impresa e infine il Sindaco Gianluca Gizzi.
Prima di iniziare il Consigliere ha fatto una piccola presentazione, introducendo l’evento, iniziato la mattina nella scuola media e ricordando come il fenomeno dell’usura ci riguardi da vicino e ricordando poi il personaggio di Pio La Torre, constatando come uomini politici e umani come l’onorevole La Torre oggi forse non si trovino più, in una politica troppo attenta ai numeri e poco alla realtà della popolazione.
Dopo l’intervento del consigliere Zelli il Presidente Busà ha voluto ringraziare Franco La Torre per la presenza e ha specificato che il libro non parla di politica, non parla di usura e mafia, ma su come fosse vista la figura del padre dai figli.
Una conversazione interessantissima, dove l’autore ha raccontato di come la sua famiglia gli abbia sempre insegnato a pensare con la sua testa, del primo incontro tra il padre e la madre, dell’esperienza del padre nel partito e dell’importanza di avere accanto una grande donna in quel cammino. Franco La Torre ha voluto ricordare le battaglie del padre, fatte sempre accanto ai più deboli per contrastare i potenti che se ne approfittavano, dell’esempio che ha cercato di portare ad una intera popolazione, di quanto credesse nelle persone e di quanto, anche nella vita privata, odiasse perdere, anche se si trattava di una partita a carte con i figli. Un momento toccante è stato sicuramente quello in cui ha raccontato di come è venuto a sapere della morte del papà: per telefono, da uno sconosciuto che aveva chiamato la radio dove stava lavorando, rispondendo lui stesso alla chiamata. Di quanto sia stato difficile superare la cosa e di quanta strada debba ancora fare per superarla del tutto. Concludendo, dopo la domanda del Sindaco “Pio La Torre, chi sei?”, con una descrizione in poche parole del padre: “ Era una persona che diceva che se il destino ti ha dato una missione e a te non piace, tu puoi cambiarla e lui lo ha dimostrato”
La serata si è conclusa con grande soddisfazione di tutti i presenti, uniti in un grande applauso per i protagonisti dell’evento.
Il giorno seguente a Borgo Velino ci si è trovati nella Sala Consiliare del Comune, dove si è tenuto l’incontro con i ragazzi della scuola media, i quali hanno potuto ascoltare la testimonianza di Maria Grazia Trotti, vittima di usura.
Prima della testimonianza, ha introdotto l’evento la Vicesindaca Maria Graziella Scarsella, raccontando i motivi che hanno spinto il Comune a far parte di questo progetto e quanto sia orgogliosa di questo.
Come al solito è stata fatta una piccola introduzione dell’associazione Sos Impresa dal Presidente di Sos Impresa Lazio Lino Busà, che ha spiegato lo scopo e l’obiettivo dell’associazione.
Dopo è iniziata la testimonianza di Maria Grazia Trotti, un racconto commovente e forte, che ha spiegato quanto fosse sottovalutato e ignorato il reato di usura nei primi anni 90.
“Buongiorno – ha esordito la Sign. Trotti – sono una ex commerciante e anche se non mi piace il termine, sono una ex vittima di mafia. Sapete cosa è la mafia? Come vi è stato appena spiegato esistono diversi tipi di mafia, ma le definizioni geografiche non vi devono trarre in inganno, la mafia è nata nelle regioni del sud ma poi ha conquistato tutta l’Italia.
Io avevo una oreficeria e a causa di una rapina per la quale non ero assicurata, mi sono trovata in difficoltà economiche. Imparerete che le banche non sono sempre vicino ai commercianti, anzi, quasi mai.
Un giorno si presenta in negozio un cliente che era stranamente a conoscenza delle mie difficoltà economiche e si offre di aiutarmi dandomi dei soldi.
Ricordate che non bisogna mai accettare aiuto dagli sconosciuti, io invece l’ho fatto e mi sono ritrovata a dover pagare 5 milioni di lire al mese di interesse al mese a fronte di un prestito di 20 milioni.
Se non pagavo, venivano in negozio e si prendevano tutto quello che volevano, in più mi minacciavano.
Sapete, con il tempo mi sono accorta che non ero più libera, vivevo in un costante stato di paura, quindi ho deciso di andare a denunciare il fatto. Sono andata dal questore, un caro amico tra l’altro e gli ho raccontato tutto.
Poco tempo dopo leggo sul giornale che il questore si era suicidato, un atto molto sospetto ancora oggi e i sono messa paura, infatti ho deciso continuare a pagare per altri 4-5 mesi.
Quando mi sono iniziata a rifiutare hanno iniziato a minacciare la mia famiglia, mio figlio e mio marito.
Un giorno venne il figlio del capomafia che mi minaccia dicendomi che devo continuare a pagare, io gli dico che non ce la faccio più, gli dico di prendersi il negozio e tutto il resto e lui mi risponde che avrebbe preso mio figlio e lo avrebbe ammazzato come un cane.
Quella minaccia mi ha fatto trovare la forza di denunciare di nuovo, quindi con la polizia organizziamo una trappola e loro vengono arrestati mentre incassavano i soldi.
E’ stato molto difficile, non so neanche dirvi quanto, perchè dovete capire che a quel tempo il fenomeno non era conosciuto, non c’erano associazioni e abbiamo affrontato tutto da soli.
Mio figlio è morto nel 1994 in un incidente stradale. Poco tempo prima la famiglia mafiosa aveva chiesto di non costituirci parte civile in cambio di una somma di denaro e l’ultima cosa che mi ha detto mio figlio è stata quella di non accettare e andare sempre avanti, non c’era somma che poteva ripagare quello che ci avevano fatto.
Vi ricordo che l’unica strada per uscire da questa situazione è quella di denunciare, di ricordare che non se ne può uscire da soli e soprattutto che oggi non si è da soli.
Questa famiglia si era trasferita dalla Calabria dopo una faida, essendo la famiglia perdente si erano spostati a nord e non lavorando, l’unica forma di incasso era il pizzo e l’usura.
L’usura è una delle fonti di reddito maggiori della mafia, questa famiglia aveva instaurato un clima di terrore e nessuno denunciava, io sono stata una delle prime a denunciare, sono per fortuna stati incriminati a delle pene detentive molto alte per l’epoca, circa 9 anni e appena usciti ovviamente hanno continuato a delinquere, io ricordando le parole di mio figlio li ho denunciati 3 volte e ora sono in carcere con 24 anni di condanna.
Io invece sono qui, mi sono ricostruita una vita, mi sono laureata in medicina, ho lavorato 20 anni in ospedale e ora mi sto laureando in legge. Ricordate che con la volontà si può fare tutto ragazzi.”
Dopo questo emozionante racconto, ha concluso la giornata Scandurra, Presidente nazionale di Sos Impresa: “Ringrazio tutti, il comune per l’occasione e lino per l’evento. Avete ascoltato una storia straordinaria e bellissima perchè ovviamente è finita in positivo. Oggi lei ci da la possibilità di ascoltare una storia che negli anni 90 non era ascoltata enanche dallo stato, mentre oggi con tanto lavoro è molto attenzionato dallo stato e dalle forze dell’ordine.
Noi facciamo volontariato, quello che ci da la forza di andare avanti è lo sguardo che vediamo negli occhi della gente che aiutiamo, il supporto della famiglia e degli amici e il sostegno dello stato.
Oggi c’è da dire che contrariamente a 20 anni abbiamo le istituzioni, i carabinieri, persone straordinarie, padri e madri di famiglia che si battono per avere una società e città migliori, ma di strada ne abbiamo da fare, ecco perchè “Strada Facendo”. Tutto noi dobbiamo avere la forza e la volontà di migliorare il nostro paese, possiamo farlo per il riscatto di Falcone e Borsellino, di Libero Grassi e di tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine, i giornalisti e i giudici morti per una giusta causa.”
Nel pomeriggio, sempre alla Sala Consiliare, si è tenuto l’incontro per presentare il libro “Noi, gli uomini di Falcone” con Angiolo Pellegrini, autore e generale dell’arma dei carabinieri ed ex comandante della sezione antimafia di Palermo, Fabrizio Montinaro, fratello del caposcorta di Giovanni Falcone, la giornalista Rai Enrica Maio, l’avvocato Fausto Maria Amato e la Vicesindaca Maria Graziella Scarsella.
Ad introdurre è stata la Vicesindaca, dando il benvenuto a tutti i presenti e ringraziando per l’evento della mattinata, molto ben riuscito.
Successivamente è iniziata la conversazione, coordinata dalla giornalista, in cui si è parlato della difficoltà di quei tempi non solo nel combattere la mafia, ma soprattutto per farla conoscere come fenomeno nazionale e non locale. Un confronto molto interessante, in alcuni momenti toccante, come quando Fabrizio Montinaro ha ricordato che tipo di persona fosse suo fratello, o quando l’avvocato Amato ha ribadito a tutti che quelle erano persone che sapevano a cosa andavano incontro, ma il loro senso del dovere e la loro idea di giustizia li ha fatti comunque andare avanti.
La giornata si è conclusa con la vendita del libro autografato dopo i molti applausi fatti dai presenti, che hanno avuto modo di soddisfare i propri dubbi con delle domande ai relatori.
L’appuntamento è per il 4 ottobre a Castel Sant’Angelo dalla mattina, senza dimenticare ovviamente la grande giornata conclusiva, il 5 ottobre, a Cittaducale.
Foto: SF ©