(di Chiara Pallocci) È con un velo di sfacciata e moderna esuberanza che oseremo definire #MaratonaCalcagnadoro quella andata in scena, ieri, tra la sede dell’Archivio di Stato di Rieti e il Teatro Flavio Vespasiano, al quale, pure, è spettato il ruolo di indiscusso, ma non unico, co-protagonista.
“GODETEVI LO SPETTACOLO” – Galeotto il “comodino” e chi lo dipinse. Un sipario istoriato, una tempera su tela di 13.40 x 7.60 metri raffigurante la “Resa di Gerusalemme” al generale Tito Flavio Vespasiano, realizzato dal Calcagnadoro nel 1910. Da qui, da quest’opera, si è dipanata la complessa narrazione dedicata al restauro del “Sipario mai visto”, finalmente tornato a far bella mostra di sé, dal palco del Flavio, dopo il restauro portato a termine dall’Accademia di Belle Arti de L’Aquila, grazie al finanziamento della Fondazione Varrone e alla collaborazione del Comune di Rieti. Si è srotolato così, come si svela un mistero, tra rulli di tamburi e gli applausi di una platea orgogliosa: “Un’opera straordinaria” commenta Roberto Lorenzetti, direttore dell’Archivio di Stato. “Godetevi lo spettacolo”, gli fa eco il sindaco Antonio Cicchetti. “È un pezzo di storia di Rieti, vogliategli bene” chiude Antonio D’Onofrio, presidente della Fondazione Varrone. Il concerto dell’Orchestra sinfonica “Nova Amadeus” mette il sigillo finale a questa Giornata Europea del Patrimonio.
LUCI E OMBRE: I DUBBI DI SACCHETTI SASSETTI – Una storia tormentata e una realizzazione a singhiozzi. Il terremoto che ne compromette la stabilità e la cupola. Le luci e le ombre accompagnano la nascita del Teatro Flavio. C’è, poi, proprio quel tendaggio ispirato al sacco di Gerusalemme, ai ribelli ebrei piegati dall’irruzione romana e un struttura intera dedicata all’artefice di cotanta violenza, il futuro Imperatore Tito. Tutto deve essere sembrato davvero troppo agli occhi di Angelo Sacchetti Sassetti (ecco a voi il terzo co-protagonista), primo sindaco eletto nel secondo dopoguerra, dopo gli orrori della persecuzione e della Shoah. Un ritorno (era già stato sindaco nel 1920) messo a dura prova dalla sua perentoria richiesta di intitolare il Flavio – pena le immediate dimissioni – al più meritevole compositore reatino Giuseppe Ottavio Pitoni, condannando così, alla damnatio memoriae, Tito, distruzione della città santa e sipario istoriato. La Giunta di allora ne respinse richieste e dimissioni. Sacchetti Sassetti ci ripensò. Ma delle sue meditabonde proteste vi è traccia nelle minute e negli appunti conservati all’interno delle teche della mostra “Il Flavio e i suoi sipari” (se ne realizzeranno altri due prima di quello del Calcagnadoro), allestita nella sede reatina dell’Archivio di Stato e visitabile, fino al mese di Dicembre, dal lunedì al venerdì.
Sipario.
Foto: Emiliano GRILLOTTI ©