(di Chiara Pallocci) Singolare, senza dubbio. Stramba? Anche. Ieri sera, al Polo culturale di Santa Lucia, è andata in scena la più surreale e bislacca intervista dell’edizione 2019 di Liberi sulla Carta, quella a Marco Giallini. Guascone e scanzonato come il “Buttafuori” della coppia Ciarrapico-Torre, burbero come il Rocco Schiavone portato in tv, sfacciato come “il Terribile” di Romanzo Criminale, l’attore romano fa il tutto esaurito nell’appuntamento finale della Fiera dell’editoria indipendente.
RIETI NEL CUORE – “M’ero ripromesso: a Rieti fai ‘a persona seria (sic)”. Schitarrata al volo, cappellino colorato, giacca in pelle nera e calzini a righe dei quali va molto orgoglioso: “Tie’ guarda se che calzini”. Inizia, così, la sceneggiatura della mise en scene del “personaggio” Giallini: “Io sono pratico di qua, c’avevo casa a Poggio Bustone. Però venivo sempre a Rieti – dice – perché là la gente giocava solo a carte e io non ce so gioca. Ar ponticello, quando non me conosceva nessuno, me fermavo sempre a guarda le trote. Aho ma ce stavo pure du’ ore! (sic)”.
GIALLINI-MANIA – Il successo arrivato tardi, i 30 film da comparsa o poco più, l’amicizia con Mastandrea e una carriera atipica: “Facevo l’imbianchino. Non ho sfondato a 20 anni, ma per colpa mia. Mi impegnavo ma fino ad un certo punto – ricorda – Mantenevo sempre la dignità dell’operaio e non andavo a fare i provini. Non avevo il giusto approccio, ma se c’hai talento, ce provi sempre”. La differenza tra il cinema italiano e quello americano? “Quello americano è spettacolare. Esagerato. Pieno di risorse – commenta – La stessa scena viene ripresa da 5 telecamere e ottiche diverse. Quello italiano è un bar di periferia”. Il Whisky Sour “rubacchiato” e le domande dalla platea chiudono la surreale chiacchierata con Giallini e l’ultima serata di Liberi sulla Carta, coronata dal concerto di Margherita Vicario, attrice anch’essa e cantautrice, graziata da una voce limpida e precisa.
Sull’11esima edizione della Fiera dell’editoria indipendente (la seconda a Rieti e la prima “gemellata” con il Premio Letterario Città di Rieti) cala così il sipario. Il cancello si chiude lasciandosi alle spalle 5 giorni di presentazioni ed interventi, gli incontri con l’infinito Giancarlo Giannini e la poliedrica Michela Murgia che legge “Canne al Vento”, del Nobel per la Letteratura Grazia Deledda, ricordando quando, nel 2011, “Rieti, con lungimiranza, mi ha riconosciuta prima di altri premi, forse più blasonati, ma non così rapidi ad accogliere (leggi)”.
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