Una piccola folla di oltre 100 persone si è stipata stretta nella Sala Piovan in un’uggiosa e fredda serata ad Accumoli, borgo distrutto dal sisma a pochi chilometri da Amatrice. Sabato 13 aprile erano in tanti, anche provenienti da Fermo, ad ascoltare i fuori classe del Gran Sasso e della Majella, tre arrampicatori e guide alpine che, ognuno a loro modo, hanno contribuito alla storia della Gran Sasso della fine del XX secolo: Pierluigi Bini, Giampiero Di Federico e Pasquale Iannetti. La serata è stata animata da Stefano Ardito, noto giornalista e scrittore di montagne, e da Ines Millesimi, socia pro attivista di eventi di cultura della sezione di Amatrice. L’incontro di Montagne in Movimento del CAI, patrocinato dai Comuni di Accumoli e di Amatrice, con il sostegno di Montura e il lavoro infaticabile della squadra di operativi di eventi del CAI locale, è riuscito molto molto bene per la freschezza dei contributi e per il ritmo incalzante delle domande alternate a brevi video, battute, storie e aneddoti.
Tanti gli argomenti, alcuni impegnativi come il tragico epilogo nel 1929 di Cambi e Cicchetti per scalare d’inverno il Gran Sasso e la riflessione, recente e parallela, sulla morte di altri giovani, Nardi e Ballard sul Nanga Parbat. Non sono mancate parole di commozione e di affetto per la ricostruzione fisica e psicologica dopo il sisma dell’Aquila e di Amatrice, grazie anche all’intervento della giovanissima socia del CAI di Amatrice Julia Antonelli, che con le sue sorelle si è rimboccata le maniche e ha iniziato a coltivare ad Accumoli lo zafferano. Altri temi sono stati molto più ironici e leggeri, frutto di una filosofia della montagna da vivere senza prendersi troppo sul serio. Come il racconto divertente sull’abbigliamento “rotto e stracciato” indossato negli anni Settanta e Ottanta: dalle favolose Superga bianche calzate con noncuranza da Bini e Iannetti per arrampicare, alle dadaiste apparizioni sulle vie del Gran Sasso del mitico Vecchiaccio, amico e mentore di Pierluigi Bini, che al posto dello zaino portava buste della spesa e scalava con un equipaggiamento assai improbabile scandalizzando tutti. Vito Plumari, detto il Vecchiaccio, era un anziano bidello di scuola, siciliano, reduce dalla campagna di Russia (con eredità di congelamenti e tubercolosi), un personaggio oggi da riscoprire e far conoscere meglio ai giovani perché era un arrampicatore sui generis, bizzarro e impensabile se paragonato agli scalatori odierni con le loro competenze tecniche e attenzioni per i materiali e per l’abbigliamento (sempre trend e colorato).
Giampiero Di Federico ha esposto riflessioni sagge e acute sul tema della difesa delle montagne di ieri e di oggi, dalle battaglie in prima persona per scongiurare nuovi impianti di sci nella Catena della Laga, alla missione di pulizia del Campo Base del K2 liberato da corde e materiali abbandonati dagli alpinisti d’alta quota, alle prospettive future con l’entrata dell’arrampicata nelle competizioni delle Olimpiadi.
Molto coinvolgente è stato anche il contributo di Pasquale Iannetti che, tra i tanti aneddoti legati anche al suo mestiere di rifugista, ha raccontato del sue bel libro che tratta l’ultima ascensione di due alpinisti ventenni avventurosi e capaci, Cambi e Cicchetti, che finirono tragicamente a causa di una terribile tormenta di neve sul Gran Sasso.
È emerso un quadro assai vivo della montagna tra passato, presente e futuro, reso ancor più coinvolgente dalla presenza di 30 soci del CAI della sezione di Fermo venuti apposta ad Accumoli per conoscere le montagne, i sentieri, il paesaggio di questo tratto dell’Appennino Centrale mutato e in movimento dopo il terremoto.
Ad Accumoli il 17 maggio partiranno tanti trekker umbri (e non solo) che percorreranno parte del Sentiero Italia e arriveranno a piedi a Castelluccio di Norcia. Un’esperienza unica promossa dal CAI Umbria che prevede la permanenza di tre giorni nelle Terre Mutate del Parco Nazionale dei Monti Sibillini rivalutando la frequentazione dei sentieri per portare un aiuto concreto ai suoi abitanti a tre anni dal terremoto. (di Ines Millesimi)
Foto: CAI ©