“La signora M.T., ormai all’età di 70 anni, (omettiamo il nome completo per riservatezza) non si dà pace. L’Ater, Ente che gestisce le case popolari della Provincia di Rieti, domani mattina prova ancora una volta a sfrattarla dall’alloggio popolare, dove ha vissuto per vent’anni, di cui circa 15 con la mamma grande invalida e malata di Parkinson”: lo scrive Antonio Ferraro, numero uno di Cittadinanzattiva.
“Quella casa era stata, appunto, assegnata all’anziana madre per le sue condizioni di salute e le condizioni sociali che non le consentivano di vivere più da sola e bisognevole di assistenza continua. Per questa ragione, venne regolarmente censita in quell’alloggio anche la figlia, che dovette abbandonare il lavoro e trasferirsi da Roma a Rieti per poterla assistere. Ma, nonostante una costante certificazione di coabitazione, nel 2011 l’Ater pretende che la signora M. abbandoni quella casa perché “abusiva” e trasferisca la propria residenza altrove, pena la denunzia per occupazione abusiva e la perdita del diritto di stare in quell’alloggio anche per la madre malata! La povera signora M., presa dal panico e preoccupata per il destino della madre malata, trasferì fittiziamente la sua residenza presso la casa della sua ex suocera, ma non potendo fare altrimenti, rimase nella casa per poter continuare ad assisterla” aggiunge Ferraro.
“Un fatto grave che, per ragioni di mero ritardo nel ricorso legale contro lo sfratto, agito fuori tempo massimo, nel 2013 fu confermato, purtroppo, anche dal giudice. Ora la grande paura dell’anziana signora M., perché non sa dove andare, con la misera pensione che prende di appena 300 euro mensili, separata dall’ex marito, malata (frattura del femore, poliartrosi di grado severo, commozione cerebrale con episodi di lipotimia, stati di ansia e depressione), non saprebbe dove andare e non potrebbe sopravvivere neppure pochi giorni, con i Servizi Sociali del Comune di Rieti disposti solo ad “aiutarla con un contributo annuale – udite, udite! – di appena 1.500 euro l’anno (non al mese), ammesso che con quel contributo e la sua misera pensione riesca a trovare qualcuno disposto ad affittarle una casa. Ciò che contestiamo è l’ingiustizia di istituzioni che non rispettano i diritti umani ed antepongono ragioni burocratiche ai diritti delle persone, né provvedono a porre rimedio con forme di assistenza alternative efficaci”.
“Rinnoviamo – dice Cittadinanzattiva – l’appello al Sindaco, al Giudice per le esecuzioni ed al Prefetto perché blocchino questo sfratto ingiusto e di estremo pericolo per la sicurezza dell’anziana signora- continua Ferraro – al nuovo Presidente Ater, che a suo tempo agì “in autotutela”, rinnoviamo l’appello per una revisione del caso in questione in quanto, nella sostanza, la Signora M., secondo il regolamento regionale Ater, quale figlia, alla morte dell’anziana madre aveva tutto il diritto legale di subentrare nell’alloggio. Il fenomeno degli “sfratti dalle case popolari” non è nuovo ed è assurdo che ad essere colpiti siano quasi sempre persone povere ed inermi. L’incredibile è che, ‘giace’ da alcuni anni un’indagine della Guardia di Finanza reatina sui “ricchi nelle case popolari”, diversi trovati con redditi oltre i centomila euro l’anno. Ma, guarda caso, si approvò una norma specifica ‘a sanatoria’”.
“Come Cittadinanzattiva Rieti, con note dirette, sia al Comune di Rieti, che all’Ater ed alla Regione Lazio, abbiamo chiesto di stipulare un protocollo di intesa sugli sfratti, in modo da condurre opportune indagini sociali preventive sui casi di sfratto, per stabilire l’effettivo stato di indigenza dei potenziali sfrattati per qualsiasi ragione, evitando quelli per i quali, si sarebbero dovuti occupare, comunque, le Istituzioni sociali. Ma la richiesta è, evidentemente, caduta, ancora una volta, nel vuoto. In una società paradossalmente obbligata – per legge (L. 189/1994) – a prendersi cura e custodire un semplice cane abbandonato a 6 euro al giorno! – ancora non ci si fa scrupolo di abbandonare al loro destino persone che questo Stato hanno contribuito a costruire e finanziare con il proprio lavoro” conclude Ferraro.
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