Foto: Massimo RENZI ©
(di Chiara Pallocci) Un osservatorio permanente, un laboratorio che raccolga dati precisi e puntuali, volti a restituire l’immagine tridimensionale della città. “RiData“, questo il progetto che la Chiesa di Rieti intende portare avanti insieme a diverse realtà associative e istituzionali presentato, questo pomeriggio, all’Auditorium Varrone, complice l’intervento del noto sondaggista Ipsos, Nando Pagnoncelli.
IL RIMPIANTO DEL PASSATO, L’OBBLIGO DEL FUTURO – “Partire dai dati per capire dove e come intervenire – apre il vescovo di Rieti, Domenico Pompili – Dati da trattare con cura e che descrivano la situazione attuale, per non rassegnarci e non abbandonarsi alla pigrizia, all’ignavia, sollecitando la laboriosità e la competenza”. Economia, cultura, salute ed educazione gli assi sui quali si muoveranno i successivi incontri che, tra maggio e novembre, si susseguiranno. A dare il loro supporto, alimentando il “database”, realtà cittadine importanti come le associazione Nome – Officina Politica, Next Rieti e le sigle sindacali.
CAPIRE IL TERRITORIO PARTENDO DAL PAESE – La chiave di lettura dell’incontro è la IX edizione di Ipsos Flair, “Comunitari e Cosmopoliti, le nuove fratture”, la pubblicazione annuale che esprime il punto di vista – attraverso i propri sondaggi – di Ipsos sulla nazione, le sue trasformazioni e le sue prospettive: “Voglio provare a dare una lettura del clima che il Paese sta vivendo cercando le analogie con il territorio – esordisce Pagnoncelli – C’è disorientamento”.
RETROTOPIA – Siamo usciti dalla fase più profonda e acuta della crisi ma si fatica comunque a recuperare tutto il terreno perso a partire dal 2008 – il Pil ed i consumi sono ancora inferiori a quelli del 2007 – ma la fiducia nei consumi è in crescita e stabile. Mai – amati dati alla mano – è esistita una situazione migliore in termini di reddito pro-capite e aspettative di vita. E allora perché gli italiani hanno ancora una percezione così sfiduciata – e pessimista – del loro futuro? È la “Retrotopia” di Baumaniana memoria: voltarsi indietro verso il passato per cercare rassicurazioni su un futuro incerto. Nostalgici ritorni del “si stava meglio quando si stava peggio”. L’ascensore sociale si è rotto, per la prima volta si ha l’impressione che i nostri figli vivranno peggio dei loro nonni: “Il tema occupazionale è al vertice delle preoccupazioni degli italiani, l’immigrazione cala drasticamente al terzo posto. La qualità della vita viene percepita come peggiorata – precisa Pagnoncelli – Eppure, disaggregando i dati, vediamo che, a livello territoriale, c’è più fiducia”. Uomini e donne, giovani ed anziani, cosmopoliti e comunitari, per l’appunto.
LA PENISOLA CHE NON C’È – I “fatti” non esistono più, in balìa dell’eterna lotta tra “doxa” ed “epistème”: “Dilatiamo i fenomeni che ci spaventano di più” chiosa Pagnoncelli. Il legame, incontrovertibile, di questa sensazione è quello con la “dieta mediatica” individuale: “La maggior parte degli italiani – prosegue – continua ad informarsi tramite la tv, seguita da Internet e radio. In netto calo i quotidiani”. Tutti più informati, dunque, ma solo ad un livello superficiale perché, si sa, la complessità della parola si arrende alla video-semplicità dei nuovi media.