È ripartita da Matera, capitale europea della cultura, la sesta edizione di “Una Vita da Social”, la campagna educativa itinerante realizzata dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, nell’ambito delle iniziative di sensibilizzazione e prevenzione dei rischi e pericoli della Rete per i minori. Ancora una volta, al fianco della Polizia Postale, Aziende come Baci Perugina, Facebook, Euronics, FireEye, Google, Instagram, Nexi, Kapersky lab, Skuola.net, Vodafone, WindTre, Youtube, per rendere la rete sempre più sicura.
I social network sono ormai uno strumento di comunicazione del tutto integrato nella quotidianità dei teenager e in virtù del numero sempre maggiore degli adolescenti presenti sul web hanno determinato una crescita esponenziale dei minori vittime di reati contro la persona che negli anni è raddoppiato: dai 104 casi registrati nel 2016 si è passati a 177 nel 2017 e 208 casi trattati nel 2018, le vittime hanno tutte un’età compresa tra i 14 e i 17 anni.
Ancora oggi i ragazzi sembrano pensare che il web sia una sorta di “terra di nessuno”, dove si scambiano messaggi e post senza pensarci troppo e le azioni online vengono valutate spesso come un gioco privo di conseguenze.
Tra i giovani è ormai acclarata la “selfie-mania”. È questa una delle evidenze di una ricerca condotta da Skuola.net, Università di Roma ‘Sapienza’ e Università Cattolica di Milano per conto della Polizia di Stato – intervistando 6.671 giovani tra gli 11 e i 25 anni. Il selfie è sempre più caposaldo della propria identità per le nuove generazioni. La metà del campione intervistato ne scatta almeno 4 prima di pubblicarlo sui social, cosa che avviene con frequenza almeno settimanale in 9 casi su 10. Il web è letteralmente inondato di immagini che li ritraggono, raccontando molto di sé, della propria identità e magari dei luoghi frequentati, con tutti i rischi del caso.
L’attrazione per il selfie alle volte è tale da spingere i giovani a mettersi deliberatamente in una situazione di pericolo. Il 35% dichiara di aver provato a farsi un autoscatto in condizioni potenzialmente pericolose, prevalentemente alla guida del motorino o della macchina. Come anche testimoniano i casi di cronaca con esiti letali, a cimentarsi con queste pratiche sono prevalentemente i maschi, verso i vent’anni, con un rendimento culturale o accademico o molto basso o molto elevato. Un selfie viene pubblicato su un qualunque social network prevalentemente una volta a settimana (63%), mentre ciò accade una volta al giorno nel 14% dei casi e più volte al giorno nel 13% dei casi.
Ovviamente il risultato deve essere il migliore possibile. Quindi la metà dei soggetti intervistati ne scatta almeno 4 prima di procedere alla pubblicazione di uno di essi. Anche perché se si posta un’immagine che non riceve abbastanza “mi piace”, il 31% si dichiara abbastanza/molto propenso a cancellarlo, contro il 38% che non è per nulla propenso. Sono abbastanza/molto propensi a cancellarlo i più giovani e quelli con un basso rendimento scolastico.
Non è un gioco da ragazzi, ma quasi un lavoro da agenzia pubblicitaria. Il 52% in media passa 10 minuti a modificare e a descrivere (con commenti o didascalie) un selfie prima di pubblicarlo. Sono prevalentemente le femmine e i più giovani (meno di 17 anni). Il 36% usa spesso i filtri per i propri autoritratti. Che soddisfano globalmente il 53% del campione.
Ci sono delle correlazioni anche con il contesto familiare, a conferma del fatto che le famiglie rivestono un ruolo chiave nell’educazione dei figli, sia negli ambiti tradizionali che nei nuovi ambiti digitali. Ad esempio c’è una certa prevalenza di soggetti provenienti da famiglie con titolo di studio più modesto tra quelli più propensi al selfie pericoloso (il cosiddetto “Daredevilselfie”). Al contrario i ragazzi che si “limitano” a postare non più di un selfie a settimana sui social devono fare i conti con genitori con elevato titolo di studio.
Attraverso il progetto “Una vita da social”, gli operatori della Polizia Postale e delle Comunicazioni hanno incontrato oltre 1 milione e 700 mila studenti sia nelle piazze che nelle scuole, 180.000 genitori, 100.00 insegnanti per u totale di 15.000 Istituti scolastici, 250 città raggiunte sul territorio e due pagine twitter e facebook con 126.000 like e 12 milioni di utenti mensili sui temi della sicurezza online.
Il truck allestito con un’aula didattica multimediale è ripartita da Matera e concluderà il suo tour a Roma, toccando le principali città italiane, dove gli operatori della Polizia Postale incontreranno studenti, genitori e insegnanti sui temi della sicurezza online con un linguaggio semplice ma chiaro adatto a tutte le fasce di età. Inoltre, quest’anno gli studenti attraverso il diario di bordo potranno lanciare il loro messaggio positivo contro il cyberbullismo.
“Uno dei maggiori rischi cui i giovani sono esposti sul web, ed in particolar modo sui social network, riguarda la progressiva perdita della propria privacy e la conseguente immersione in una vera e propria “piazza virtuale”, luoghi in cui, attraverso internet, ognuno condivide un po’ di se stesso portando propri pensieri, fotografie, filmati” – afferma il Dirigente del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni per il Lazio Nicola Zupo – “Tuttavia,” – continua il Dirigente – “se è innegabile l’enorme potenzialità di questi nuovi mezzi di comunicazione-condivisione, non si possono altresì negare gli inevitabili effetti negativi, talvolta, connessi al loro uso distorto ed inconsapevole (solo a titolo esemplificativo diffamazione su Facebook, violazione della privacy, cyber bullismo, sostituzione di persona, cyberstalking), per tale motivo, l’uso dei social network è vietato ai minori di anni 13; la loro inesperienza, la tendenza a sottostimare i rischi della diffusione di immagini e informazioni riservate, la loro curiosità verso gli altri, potrebbero infatti esporre a rischi reali (es. adescamento on line, violazioni della privacy propria, commissione inconsapevole dei reati): tutti rischi con cui fanno quotidianamente i conti anche coloro che, raggiunti i 14 anni, possono utilizzare i Social.
Basti pensare infatti che un’immagine condivisa in un social network entra definitivamente nel web e non è più possibile controllarne la diffusione e che molte delle informazioni postate sulla bacheca di un profilo social consentono di ricostruire l’identità del soggetto che le pubblica, le sue abitudini, i suoi gusti. Soprattutto con riguardo alla privacy succede che molte applicazioni, legate al gioco e/o all’intrattenimento, prelevano dati, spesso all’insaputa degli utenti, per poi utilizzarli sia a fini pubblicitari sia per un controllo sull’identità degli utenti. Ciò che accomuna e caratterizza l’uso dei social network è che gli utenti hanno quasi la sensazione di agire in una sorta di spazio personale in cui si crea un tale senso di intimità che spinge – più che nella vita reale – ad esporre la propria vita privata, a rivelare informazioni personali a scapito della propria privacy e di quella altrui (si pensi ai tag effettuati su Facebook!).”
“Emerge dunque” – conclude il Dirigente – “l’esigenza di trovare un giusto equilibrio tra beni ugualmente rilevanti ovvero, da un lato, la libertà di manifestazione e circolazione del pensiero e, dall’altro, altri interessi giuridicamente rilevanti e che potrebbero essere lesi da un esercizio incosciente della libertà in questione, quali ad esempio il diritto all’onore, alla reputazione, alla dignità personale, alla riservatezza. Diventa quindi assolutamente necessaria la diffusione di consigli, suggerimenti ed indicazioni a giovani e genitori, finalizzata all’utilizzo consapevole del web ed alla conoscenza degli strumenti a disposizione per proteggersi dai rischi della rete. In tale contesto si inserisce l’iniziativa di “Una vita da social” per un uso corretto e consapevole del web”.
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