“Da quando sono a Rieti ho sempre incrociato il volto delle persone in difficoltà. Sono le donne e gli uomini che hanno perso tutto con il terremoto, quanti non hanno lavoro, rischiano di perderlo o vivono nel precariato, i migranti, i poveri nei diversi comuni compresi nel perimetro della diocesi”. Così il vescovo Domenico Pompili nel suo messaggio per il Primo Maggio, festa dei lavoratori.
“La dimensione – continua il vescovo – e la complessità di questi problemi non ci deve scoraggiare, né indurci a una chiusura verso gli altri, alla difesa degli interessi personali o di gruppo. È invece necessario rinnovare l’impegno nell’affrontare la situazione uniti per il bene comune. Le difficoltà, infatti, riguardano tutti: le famiglie con figli disoccupati, chi ha perso o non trova il lavoro, le imprese, gli artigiani, i commercianti che faticano ad andare avanti”.
Per Pompili è importante che i singoli e le organizzazioni di categoria sentano le difficoltà e le sofferenze degli altri come “propri”, facendo leva sulla comune appartenenza allo stesso territorio. L’uomo riuscito non è chi pensa agli affari suoi, ma chi riconosce il molto ricevuto dagli altri e il dono della collaborazione. È per questa via che il cammino comune diventa più umano, in particolare per i più deboli e indifesi. Ognuno è tenuto a contribuire all’edificazione del bene comune, alla crescita in umanità della società nel suo insieme e nei singoli settori”.
Secondo il vescovo per uscire dalla crisi, è necessaria anche la sinergia e la collaborazione di tutte le istituzioni: “Nonostante la crisi, le opportunità non mancano: perfino il terremoto, con il suo carico di morte e dolore, ha aperto nuove possibilità per lo sviluppo, a partire dalle infrastrutture, condizione indispensabile per la crescita del territorio”.
“Il bene comune – conclude – è l’insieme di quelle condizioni che permettono a ogni persona di raggiungere una autentica crescita umana non solo nel rispetto degli altri, ma nella solidarietà con tutti; non ricercando soltanto il “mio pane”, ma il “pane nostro”, il pane che sazia la fame di vita, di dignità, di felicità e di partecipazione propri di ogni cuore umano. Affidiamo problemi e gioie, delusioni e speranze, luci e ombre del mondo del lavoro a Gesù, figlio del carpentiere, e a San Giuseppe, perché aiutino tutti a ritrovare pace e speranza. A ciascuno l’augurio di un buon primo maggio”.
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