(di Paolo Giomi) Sulla questione, con relativa polemica scoppiata lo scorso week-end, dell’impianto di compostaggio di Salisano, interviene direttamente Stefano Petrocchi, presidente della Comunità Montana Sabina, che è l’ente promotore dell’iniziativa che tanto sta facendo discutere in tutto il territorio.
“Il presidente della comunità montana Sabina, Stefano Petrocchi, d’accordo con l’amministrazione comunale, nei giorni scorsi ha incontrato la popolazione di Salisano per spiegare i contenuti del progetto, finanziato dalla Regione Lazio con il bando a favore delle attività di compostaggio e autocompostaggio, che prevede la realizzazione di un centro per il trattamento della frazione organica di rifiuto solido urbano all’interno della struttura, mai avviata, adibita a mattatoio – si legge in una nota della Comunità montana – il presidente Petrocchi ha spiegato le ragioni del progetto, che sono quelle di una «gestione locale del ciclo dei rifiuti, in una dimensione che possa essere la minore possibile per le esigenze del nostro territorio, sotto il controllo degli enti pubblici. Nella nuova struttura andrà ‘l’umido’ dei venti comuni che, oltre alla comunità montana, rientrano nelle unioni di comuni Bassa Sabina, Nova Sabina e Val d’Aia. Il gas prodotto sarà quello necessario e sufficiente per il funzionamento dell’impianto. Niente a che vedere con alcune iniziative imprenditoriali che periodicamente sfiorano la Sabina, ispirate a logiche di profitto economico e in quanto tali destinate a raccogliere i rifiuti prodotti da milioni di persone, pertanto slegate da una logica territoriale (vedi alla voce Ponzano Romano, ndr). Non si può parlare di sviluppo sostenibile della Sabina senza l’assunzione di responsabilità nel campo dei rifiuti; per questo motivo abbiamo colto l’opportunità lanciata agli enti locali dalla Regione Lazio, affinché una parte dei rifiuti che produciamo nelle nostre case sia trasformata in concime e non sia più un problema costoso per tutti. Diversamente si continuerebbe a nascondere la polvere sotto il tappeto, fino a quando saremo sommersi dai nostri stessi rifiuti. Per concludere, ci sono due modelli alternativi tra loro: l’autogestione locale a misura di territorio, o l’accumulo e smaltimento in grandi centri; noi abbiamo scelto il primo e siamo convinti di ciò per il bene delle nostre comunità, che devono rifiutare gli allarmismi basati su confronti con realtà diverse se non addirittura false notizie a cui si attribuisce un valore scientifico”.
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