Si è spento Aldo Alvisini, figura storica della pallacanestro locale, fondatore della Minervini nel 1974 e tra i maggiori cultori del basket giovanile reatino, di cui è stato a lungo dirigente. Lo ha omaggiato Roberto Brunamonti dalla sua pagina Facebook: “Grazie di tutto Aldo! Ti abbraccio forte!”
Il ritratto di Aldo Alvisini, dal sito basketrieti.com
Se è vero che grandi campioni hanno fatto grande la Sebastiani non, è meno vero che il suo indiscusso impegno nel settore giovanile, nel frattempo, produsse risultati tali da creare una base duratura.
Già quando era presidente Tullio Floridi, negli anni ‘60, come una grande chioccia, la Sebastiani covava diecine di validi giocatori. Tra i tanti Sandro Cordoni, Giuliano Colarieti, Enzo Desideri, Umberto Principi, Renzo Franceschini, Paolo Borelli e, soprattutto, Luigi Simeoni.
Furono loro i predecessori dei primissimi giocatori reatini che si misero in luce in serie A come avrebbero fatto Gianfranco Sanesi, Antonio Olivieri, Luca Blasetti, Piero Torda e Bruno Carapacchi che furono le punte di diamante di un gruppo di altri bravi coetanei tra i quali, Luciano Patacchiola, Antonio Massari, Bruno Alvisini, Massimo Martellucci, Edoardo Carrer, Roberto Guidobaldi, Luigi Tarani e via dicendo fino alla fine degli anni ’80 con Andrea Nobili e Cristiano Grappasonni.
Nel momento di maggiore prestigio il settore giovanile contò fino a oltre 300 tesserati. Addirittura in alcune stagioni la Brina arrivò ad iscrivere nella medesima categoria una squadra A, una B e talvolta anche un formazione C, tale e tanta era la passione e la partecipazione al basket da parte dei giovani.
Merito anche di allenatori come Sandro Cordoni, Italo D’Antonio, Luigi Simeoni, Renzo Franceschini, Augusto Principi, Paolo Borelli, imitati presto dai giovanissimi Bruno Alvisini, Giampaolo Puglielli e Franco Cerafogli: tutti ex giocatori prodotti dal medesimo settore giovanile.
Né è da sottovalutare l’apporto di alcuni volenterosi dirigenti come Aldo Alvisini. E non furono da meno Claudio Dell’Uomo D’Arme, Massimo Roversi e tanti altri che oltre la passione misero spesso le mani in tasca.
Aldo Alvisini è stato senza dubbio il maggior cultore del basket giovanile a Rieti facendo non solo la fortuna della la Sebastiani. Infatti, quando ne fuoriuscì temporanemanete nel 1974 fondò, insieme a Gianni Cavoli la Minervini, in memoria dell’ex provveditore agli studi Luigi Minervini, dando vita ad un’altra realtà da sottolineare della pallacanestro a Rieti, pure questa impegnatissima nel settore giovanile. Due anni dopo la nascita della Minervini però, Alvisini ritornò alla casa madre.
Nel frattempo, tale era lo strapotere raggiunto da Rieti che il Comitato Regionale Umbria, ai cui campionati la Sebastiani partecipava, ad un certo punto decise che Rieti era… nel Lazio e che quindi se ne dovesse andare lì a mietere i suoi successi. Che furono tanti, in tutte le categorie: la cima dell’iceberg è rappresentata dal titolo italiano nel campionato allievi del 1979 sotto la direzione del coach Sandro Cordoni che guidò Marcello Ercolani, Giuseppe Cattani, Paolo Di Fazi, Paolo Campanelli, Fabrizio Dionisi, Fabrizio Luna, Marco Pitoni, Ludovico Melchiorri, Luca Colantoni, Maurizio Faraglia, Maurizio Balducci. Da registrare anche il secondo posto nel campionato Cadetti del 1980 e numerose altre partecipazioni alle finali interzonali e nazionali.
Rieti, debitamente sollecitata, produceva dunque giocatori su giocatori e svolgeva anche una notevole attività di reclutamento importando potenziali giovani talenti tra i quali sarebbero emersi i due spoletini – ripetutamente battuti dal quintetto reatino quando giocavano nella loro città natale – Domenico Zampolini e Roberto Brunamonti.
Come già spiegato, Rieti all’epoca giocava con le squadre umbre e, come già accennato. In alcune categorie poteva permettersi di schierare anche più di una formazione. Così capitava di dover affrontare le medesime avversarie in numerose occasioni. Grazie a questa favorevole circostanza Alvisini poté vedere all’opera più e più volte i due campioncini di Spoleto che sistematicamente segnavano caterve di punti contro la Brina. Da qui a portarli a Rieti il passo fu brevissimo.
«Acquistammo prima Zampolini, che è nato nel ’56, per 900mila lire – racconta Aldo Alvisini – poi l’anno successivo prelevai Brunamonti, che invece è del ’59, per poco più di un milione. Ricordo ancora che partecipai al consiglio direttivo della società cui apparteneva quest’ultimo. Alcuni dirigenti erano contrari, ma prevalse il mio suggerimento di non chiudere ai due promettenti giovani la strada della serie A. Debbo essere stato molto convincente perché i dirigenti spoletini si sono ricordati di me in occasione dell’organizzazione nel 2000 del Brunamonti Day. Quando Roberto mi vide mi abbracciò scoppiando in un pianto irrefrenabile. Fu un momento di grande commozione».
Sia Brunamonti che Zampolini sono rimasti molto legati alla città di Rieti che per loro è stata non solo un trampolino di lancio verso le più alte vette sportive, ma anche la terra dove hanno trasferito le radici, dove sono cresciuti, hanno conosciuto i primi amori e dove contano ancora amici veri. Le strane vicende della vita li hanno poi riportati dalle nostre parti: Zampolini nel 2003 divenne direttore sportivo della rinata Nuova Sebastiani Basket. Brunamonti, dopo una luminosa carriera prima da giocatore, poi da general manager e vice presidente della Virtus Bologna e quindi, dal 2002, a Roma, tornò a Rieti, alla NSB, nel 2008-09, dove però, di fatto, la già grave situazione della società non gli concesse il minimo margine operativo.
Alvisini ha comunque qualche rammarico: «Purtroppo sfumò un accordo con il collegio La Salle di Roma, poi concluso dal Banco di Roma, le cui squadre giovanili venivano sistematicamente battute dalle nostre formazioni. Svolgevamo inoltre un grande lavoro di reclutamento – racconta ancora Alvisini – e ci sfuggì anche Walter Magnifico, nel 1976, per il quale ci erano stati richiesti 80 milioni. Troppi per noi».
La squadra campione d’Italia allievi del 1979 (nati nel 1964 e 1965) fu il top del settore giovanile reatino che, negli anni ’70 e ’80, produsse centinaia di giocatori i quali, oltre a militare nei più svariati campionati senior un po’ in tutta l’Italia, hanno costituito per un buon ventennio l’ossatura delle numerose squadre reatine, dalla prima all’ultima categoria.
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