Pubblichiamo l’editoriale di Format a firma di Stefania Santoprete.
“Consiste in uno sbalzo di temperatura intenso e rapido che può provocare conseguenze anche fatali per l’organismo.”
E’ la similitudine che mi è stata sollecitata dopo aver assistito all’incontro sulla Giornata contro la Violenza sulle Donne che si è tenuto in sala consiliare organizzata dall’assessore Elisa Masotti, con ospiti il giornalista Paolo Di Mizio, Irene Ciambezi dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi e Giuseppe Squillaci dell’associazione nazionale Mede@ che aprirà presto uno sportello anche su Rieti.
La platea era numerosa ed attenta, addirittura insufficiente ad accogliere le donne (molte), i rappresentanti degli istituti scolastici e gli studenti, impegnati anche in dei piccoli saggi sul lavoro svolto sull’argomento.
Interessanti i relatori, con spunti di riflessione basati su una quotidianità alla quale rischiamo di assuefarci: stalking, prostituzione, linguaggio, necessità di ascolto, eppure la mia attenzione era continuamente richiamata dai comportamenti dei più piccoli, distratti e probabilmente annoiati.
Cosa stavamo sbagliando? Perché ciò che probabilmente conoscevano, essendo stato oggetto di preparazione in classe, con riverberi tangibili nella realtà, non riusciva a catturare la loro attenzione in una sede pubblica? Se non c’era possibilità di ‘agganciarli’ diventava vano anche tutto l’impegno appena anticipato, in cui riversare energie e risorse economiche: iniziare ad affrontare questi temi sin dalla più tenera età.
Era così potente questo tarlo che non riuscivo a concentrarmi su altro, vedevo le ragazzine distanti, lontane, ed avrei voluto rincorrerle, ma come?
Dovremmo forse pensare di investire, prima che in momenti di sensibilizzazione, in studi mirati tesi a scoprire ‘la chiave giusta’ per entrare in ogni mondo, adolescenziale e non, comprendendo la diversità di linguaggi ed anche di interazione in un’epoca in cui le modalità di comunicazione sono stravolte?
Indispensabile soffermarsi su questa prima fase per non rischiare che progetti impegnativi vengano vanificati dall’indifferenza dei destinatari.
Seme di speranza l’uscita a sorpresa di uno dei giovani alunni presenti, con una domanda sull’esistenza del femminicidio o del suo improvviso apparire come fattore mediatico.
Al termine dell’incontro, è nato quindi un momento suppletivo di riflessione, dietro le quinte, con Letizia Rosati, consigliera con delega alle politiche scolastiche, la stessa assessora Masotti ma, soprattutto, con Enza Bufacchi, sociologa, profonda conoscitrice dell’universo femminile avendone percorso in prima persona le lotte per l’emancipazione.
Ed è in questa fase che il simbolismo può venire in aiuto: mancando alle nuove generazioni elementi fondamentali di giudizio assistono sbigottiti a questo tipo di dibattito.
Chi è nato in questa epoca, dando per scontato il mondo in cui viene a trovarsi, è completamente disarmato dinanzi ad un attacco che non penserebbe mai possa provenire da chi vive al proprio fianco in maniera apparentemente paritaria senza alcun tipo di disagio.
Uno shock termico essere catapultati in una realtà in cui la persona scelta, ritenuta capace di sostenerti e godere della tua felicità, in linea con un presente ed una emancipazione condivisa, si trasforma nel tuo peggiore aguzzino privandoti del bisogno primario di libertà ed autodeterminazione.
Quali sono quindi le conoscenze da mettere a disposizione anche alle nuove generazioni per comprendere un fenomeno che ha basi solide e che poggia su archetipi difficili da scardinare completamente?
Foto: Format ©