L’amministrazione comunale di Rieti si appresta a rendere ufficiali le modifiche annunciate alla Ztl (leggi): in particolare la ripaertura di via Garibaldi e la nuova inversione di marcia in via della Verdura. Sul tema forte attacco dell’ex assessore alla viabilità, Carlo Ubertini, che pubblichiamo di seguito.
Con la riapertura dell’ultimo tratto di Via Garibaldi ed il ripristino del precedente assetto di Via della Verdura, si continua sulla scia di scriteriate misure restauratrici riguardanti la viabilità cittadina. Provvedimenti all’insegna di un’involuzione culturale manifestata attraverso una retromarcia di civiltà. Misure per di più scaturite attraverso un’artigianale consultazione tra alcuni amministratori ex commercianti ed alcuni commercianti “para” amministratori. Ciononostante, in questa cornice di dominante indirizzo commerciale, con le scelte adottate si consumano evidenti discriminazioni, introducendo di fatto due categorie di commercianti del centro storico, alcuni di “serie A”, altri di “serie B”.
L’inserimento delle suesposte Vie nell’ambito della nuova ZTL, prodotta dalla scorsa amministrazione, fu il risultato di un progetto organico, “autocompensato”, di fatto due volte approvato dal Ministero, direttamente ed attraverso la bocciatura di uno specifico ricorso, e successivamente convalidato, con addirittura indicazione scritta di allargamento della ZTL stessa, dalla predisposizione del nuovo piano di viabilità generale redatto dalla TAU dell’Ingegner Morini. Intervenire, oggi, scorporando arbitrariamente alcuni elementi da una struttura in equilibrio, senza alcuna ratio amministrativa, esclusivamente per “fiuto demagogico” alimentato da un istinto di sopravvivenza, significa amministrare senza scienza e coscienza, con insensibilità e sciatteria, al solo scopo di “sbarcare il lunario” politico.
Detto ciò naturalmente, è doveroso argomentare razionalmente. Innanzitutto è fondamentale puntualizzare il dato per cui, pur volendo insistere nella distorta lettura della viabilità esclusivamente in funzione della presunta utilità commerciale, più concretamente corrispondendo ad elettorali “accordi di bottega”, entrambe le misure previste non producono sostanzialmente il benché minimo vantaggio in relazione a posti macchina aggiuntivi rispetto all’attuale disponibilità, ad eccezione di quello “scempio regressivo” che consisterebbe nel ripristino di spiccioli irrilevanti di stalli di sosta nel tratto compreso tra il Teatro e “le Poste”. Chiarito ciò, circa la riapertura di Via Garibaldi si impongono considerazioni di merito e di metodo. Nel merito, sulla base della innegabile sgradevolezza nel ripristinare un intenso flusso veicolare davanti appunto al nostro Teatro ed in prossimità della Piazza principale, il tema centrale sul piano tecnico ruota attorno al parcheggio di Largo Alfani. Questo, divenendo accessibile solo attraverso la riaperta Via Garibaldi, è destinato a produrre, nella stessa Via Garibaldi, in esso e nelle Vie sottostanti interessate da un doppio flusso di traffico, un inesorabile ingorgo permanente nel cuore stesso della città.
Con tale assetto, paradossalmente rispetto agli espliciti intenti, si verifica il “capolavoro” di raddoppiare il flusso veicolare, dimezzando al contempo le potenzialità di sosta. Infatti, con il transito “dall’alto” si raggiunge esclusivamente largo Alfani, non potendo più ispezionare, al tempo stesso, le possibilità di parcheggio da Piazza Oberdan fino a via Potenziani. Simmetricamente, con il transito “dal basso” si raggiunge Piazza Oberdan fino a Via Pennina, non potendo più ispezionare, al tempo stesso, le possibilità di parcheggio in Largo Alfani. In sostanza un centro storico con più macchine circolanti ma con meno pedoni. Quanto al metodo, d’altra parte, posta la “inevitabile” stagionalita’ del provvedimento, dato l’estremo beneficio della chiusura al traffico registrato, in quella zona e nei mesi scorsi, dalle attività commerciali aventi strutture esterne, la prospettiva di avere alcuni mesi dell’anno di apertura ed altri di chiusura pone il tema della sciagurata incertezza. Ho sempre sostenuto la sostanziale indipendenza delle fortune commerciali dall’assetto viario, purché quest’ultimo fosse stabile. Nello specifico, l’unico fattore viario sperimentato che concretamente può incidere sull’allontanamento dal centro storico, consiste nella condizione di indeterminatezza, nel cervellotico regime di mutabilita’.
In ultima analisi ed in estrema sintesi, se fin da subito si incrementa il transito veicolare ma non pedonale del centro storico, nel lungo periodo si depotenzia complessivamente l’appetibilità di quest’ultimo. In ordine al capitolo di Via della Verdura, questa venne invertita nel proprio senso di marcia ed inserita nel regime a traffico limitato, così come avvenne simmetricamente per Via Tancredi, in direzione di Via Nuova, per corrispondere ad un principio universale scolpito all’interno di ogni cornice di zona a traffico limitato. Principio tra l’altro ereditato da precedenti elaborazioni di piani del traffico proposti per Rieti ed assolutamente confermato dalla nuova pianificazione viaria dell’Ingegner Morini. Tale assunto esprime la necessità di impedire rigorosamente l’attraversamento “strumentale” veicolare del centro storico, ambito da visitare ma non da utilizzare come scorciatoia per raggiungere opposti quartieri periferici della città. Allo stato dei fatti, disattendendo i principi suesposti, il ripristino dell’antica condizione di Via della Verdura ristabilisce un circuito “intra moenia”, senza per di più alcun tipo di bilanciamento foss’anche in termini di discutibili benefici marginali. Infine, se a tutto ciò si aggiunge l’eliminazione dei “Varchi esterni” operativi nelle ore notturne e nei giorni festivi, va preso atto definitivamente che l’attuale amministrazione ha cancellato dall’elenco dei propri amministrati la categoria dei residenti.
Alla luce di quanto esposto, le scelte che l’attuale amministrazione si appresta a declinare sono il portato di un pericoloso impasto tra infondatezza tecnica ed arretratezza culturale. Scelte incolte, involute, sorrette esclusivamente da una “libido” demagogica che amministra per conservare il potere, invece di esercitare il potere per amministrare consapevolmente e responsabilmente, nell’effettivo interesse di tutti, con il coraggio etico di saper sfidare anche l’impopolarità.
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