(Ansa – Matteo Guidelli) I cinque soci sono diventati quattro: uno ha perso i genitori sotto le macerie e non ce l’ha fatta a continuare. E i quattro dipendenti sono in cassa integrazione. “Ma forse dovremmo licenziarli, sarà difficile che ci sia lavoro per tutti”. Emidio Chiappini è uno dei proprietari del supermercato ‘Tigre’ di Amatrice, a due passi dall’ospedale, proprio accanto alla casa dove fu trovato il corpo dell’ultimo disperso, un rifugiato afghano. Il suo è uno dei negozi che aprirà nella nuova area commerciale che è quasi pronta davanti ad una delle aree dove sono state costruite le casette. Doveva già essere aperta, ma i lavori slitteranno di qualche settimana e la consegna è prevista non prima di settembre.
La notte del terremoto Emidio si è salvato perché casa sua era costruita meglio delle altre e i pilastri di cemento armato hanno retto. Ma ora, come gli altri compaesani, vive nelle casette a Villa San Lorenzo a Flaviano, una delle 69 frazioni di Amatrice dove non è rimasto più nulla. “Avevamo comprato anche le mura, di quel supermercato – racconta – Pagavamo un affitto ma quando la società è fallita i locali sono stati messi all’asta. Abbiamo partecipato e vinto. Era stata un’ottima occasione. Quel supermercato doveva essere la mia pensione, ma non è andata così”. Però qualcosa si comincia a muovere di nuovo. Si può ricominciare.
“Sì, è vero – risponde – ma ci vuole troppo tempo, troppo. E a volte sembra di avere a che fare con degli incompetenti. Ti faccio solo un esempio: prima hanno progettato l’area commerciale e poi si sono chiesti quanta gente doveva starci e quanti avevano diritto ad uno spazio”. Due restano i problemi principali, secondo Emilio; le macerie e la viabilità. “Bisogna portarle via prima possibile, capisco che non è un’operazione semplice, ma non si può parlare di vita se quella roba resta ancora lì. La ricostruzione deve partite proprio dal togliere le macerie, altrimenti la gente si disaffeziona e si allontana sempre di più da questo posto. E poi le strade, arrivare fin qui resta un’impresa che scoraggia la maggior parte della gente e dei turisti, che non torneranno se non ci si dà una mossa e non si accelera tutto il processo”. Il timore di Emidio è che sia una lenta agonia. “Noi riapriremo, non vediamo l’ora di farlo. Ma poi – chiede – chi ci arriva fin quassù? Prima del terremoto lavoravamo bene l’estate, nei fine settimana e durante tutti i periodi di festa. Anche in questi giorni di agosto è venuta molta gente. Ma in futuro? Sei sicuro che sarà ancora così? Ed anche i residenti, tra chi è morto e chi se ne è andato, sono molti meno”.
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