Rattrista tutti la scomparsa di un attore simbolo, poliedrico e unico come Paolo Villaggio, per tutti Fantozzi e volto di tantissimi altri film, comici e amari. RietiLife lo ricorda con un pezzo di Sabrina Vecchi, che lo aveva seguito a Roma nel 2015 in occasione del 40ennale dell’uscita della saga Fantozzi. In quell’occasione ci fu un esilarante battibecco tra Fantozzi e la signorina Silvani.
RietiLife del 25 ottobre 2015 – (di Sabrina Vecchi) “Il segreto è dire sempre che hai dieci anni di più, così tutti ti faranno i complimenti perché non li dimostri” – esordisce così Paolo Villaggio, caftano cartazzucchero ed aria sorniona, all’incontro con il pubblico previsto in chiusura del Festival Internazionale del Cinema di Roma, edizione numero dieci. L’occasione è di quelle importanti, 40 anni dall’uscita nella sale della mitica saga di Fantozzi i cui due primi episodi tornano in sala in versione restaurata, e la strapiena Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica accoglie balzando in piedi il celebre attore genovese a cui offre il braccio – e la spalla comica – nientepopodimeno che Anna Mazzamauro, l’inarrivabile signorina Silvani dal labbro inferiore prensile.
Dopo un fortunato esordio cartaceo nato dall’intuizione di Villaggio, correva l’anno 1975 quando il primo film sulle tragicomiche avventure del ragionier Ugo Fantozzi uscì con la regia di Luciano Salce nelle sale cinematografiche e fu subito un successo come miglior incasso dell’anno, ed andò più o meno alla stessa maniera con il secondo, superato al botteghino solo dal colosso hollywoodiano “Guerre stellari”. Esimi critici cinefili hanno versato fiumi di inchiostro sull’immortalità e l’estrema attualità – vedi i casi degli assenteisti del Comune di Sanremo – della maschera creata ed impersonata da Paolo Villaggio, posizionata ed impressa nella storia del cinema italiano in bilico perenne tra l’essere vittima sacrificale di un sistema più grande di lui, e pedina assuefatta e rassegnata senza l’ambizione di raggiungere i vertici del medesimo sistema.
“Io stesso ho lavorato come impiegato in una grande azienda di Genova” – racconta Villaggio – “e mi ricordo la grande frustrazione che nasceva dallo svolgere un lavoro noioso che non si ama, usando ignobili espedienti per aggirarlo. Ricordo un certo Bianchi che si vantava di aver raggiunto con onore i 5 anni dal giorno in cui aveva evaso una pratica. Da lì mi venne l’idea.”
Dall’intuizione iniziale trasposta su pellicola è derivata una comicità immediata ma con un retrogusto amaro, condita da geniali tormentoni ed uno stile inconfondibile entrato indissolubilmente nel costume e nel ricordo degli italiani. Ne è prova il fatto che all’incontro con Paolo Villaggio, ottantaduenne, ha partecipato un pubblico quantomai vario, composto da fasce ultra trasversali di età, da un folto gruppo di adolescenti adoranti fino ai coetanei dell’attore.
A rafforzare il concetto, ci pensa la Mazzamauro: “Siamo qui a celebrare Fantozzi, ma in realtà non se n’è mai andato, ognuno di noi lo porta sempre con sé” , e parte l’esilarante botta e risposta con Villaggio: “Stai zitta tu, che ti ho scelta solo perché mi serviva un cesso di attrice, una brutta forte” – “Ma mi pare che sopra questo cesso il ragionier Fantozzi ci avrebbe volentieri posato le terga” – “Lui che è un mediocre sì, io no, diciamocelo Anna, sarai pure brava ma come donna non sei propriamente bella”. E giù a proseguire nel battibecco, entrando e uscendo con disinvoltura dai panni della signorina Silvani e del ragionier Ugo, con estrema sagacia umoristica e senza esitazione alcuna fino alla lacrime di riso del pubblico, come solo due grandi ed affiatatissimi attori sanno fare. Sì, ha 40 anni ma non li dimostra. A allora, “Ri-rivadi nelle sale, Fantocci!”. Foto: Corriere della Sera ©